Siracusa, arriva la commissione nazionale antimafia
Il prossimo 6 marzo sarà a Siracusa la Commissione Nazionale antimafia. Una visita per il monitoraggio di alcune città siciliane, tra cui anche Ragusa e Caltanissetta,in cerca di verità nascoste e di possibili infiltrazioni mafiose e la speranza che non sia l’ennesima passerella. La venuta della Commissione Antimafia, presieduta da Rosy Bindi, è stata sollecitata più volte dall’on. Pippo Zappula. Non c’è mafia a Siracusa. È vero; ma gli interessi mafiosi-politici sono diffusi, così come i comportamenti che attengono una seria di appalti pubblici gestiti dalla politica e che sembrano andare verso una soluzione abbastanza vicina all’odore di mala politica. E si presenta silenziosa come nell’anticamera di una vecchia logica mafiosa, non fosse altro peri”modus viventi” della classe politica a tutti i livelli e le cruente lotte intestine, di fatto, mai interrotte, più per interessi economici, che per ideologie politiche.
Era la logica di Pippo Fava, il giornalista ammazzato dalla mafia catanese, considerare i rapporti tra la politica e gli imprenditori e un“affare mafioso scontato” a priori, quando definì “i quattro cavalieri dell’Apocalisse”, i potenti imprenditori catanesi che, di fatto, avevano monopolizzato gli appalti pubblici, strade autostrade, porti e tutto il resto; i pentiti parlarono di stipendi fissi di otto milioni nella media mensile a uomini della politica sparsi in tutta la Sicilia, così come nel resto dell’Italia, al soldo dei cavalieri. Un cartello d’imprese che nell’arco di appena dieci anni monopolizzò l’intero portafoglio di appaltipubblici nell’intera Sicilia, ma anche e soprattutto nel resto del Paese e all’estero.
Mafia e antimafia sono dunque due facce della stessa medaglia. È inutile nasconderlo,sono tanti i furbi che nel tempo e al momento giusto hanno cavalcato l’antimafia, solo per fini strettamentepropagandistici; quando i fenomeni, come quello della mafia, diventano capaci di oscurare ogni altra condizione nella vita politica, economica e sociale,in una visione dilivello mondiale, incutendo la paura collettiva e affascinando addirittura una vasta fascia della popolazione, e quindi della pubblica opinione, chiunque può riuscire ad accendere facilmente l’interruttore delle luci della ribalta nel merito divenuto di pubblico dominio, diventando un eroe, un coraggioso. Non tutte le volte, ma spesso si è trattato di un progetto mediaticoben studiato; se poi arriva anche la fortuna di azzeccare il giusto filone, allora la ciambella si può dire: la ciambella è riuscita col buco.
Che oggi in Sicilia la cura è peggiore del male è una realtà da guardare a vista,in un territorio interessato alla trasformazione sociale e politica, dove mafia e antimafia si scrutano in cagnesco, ma non si scontrano mai, scegliendo la comunicazione mediatica.
Pur tuttavia, occorre distinguere tra dettare le norme e regolarne i contenuti. Siracusa non è una città mafiosa. Abbiamo appena appurato che si tratta, invece, di un territorio dove la mafia politica è tra la più agguerrita e organizzata della Sicilia. Già nei primi mesi dell’Anno 1971, un giovane sindacalista della Cisl siracusana, con la passione del giornalismo d’attacco, appena uscito dalla scuola per la formazione dei quadri dirigenti della Cisl di Fiesole a Firenze, in una lunga e articolata relazione sull’attività della mafia-politica nel territorio siracusano, riuscì ad attirare l’attenzione dell’allora presidente della Commissione nazionale Antimafia, Antonio Cattanei. In quella Commissione faceva parte anche il parlamentare siracusano della Democrazia Cristiana, On. Marcello Sgarlata, che fu relatore in sede di commissione di quell’articolata denuncia. L’esposto-relazione, mise in moto un meccanismo giuridico – politico, collegando tra loro quasi tutti i fatti che univano gli uomini della politica siracusana, sulla speculazione edilizia e il riflesso rapporto con il Piano Regolatore Generale della città, l’appalto della raccolta dei rifiuti, il rilascio delle licenze per la costruzione dei palazzi, la spartizione del sottogoverno, gli appalti pubblici di strade e opere necessarie, e tanto altro, ma anche tanti attentati con l’esplosione di ordigni e tanti messaggi cifrati. Era il tempo in cui a governareil potere a Siracusa c’era già Graziano Verzotto, venuto nella città di Archimede in qualità di commissario della Democrazia Cristiana.Il Questore dell’epoca per la Polizia di Stato e un capitano per l’Arma dei Carabinieri, su delega della Commissione Nazionale Antimafia, in un voluminoso dossier raccolsero prove che scoprivano una pentola di acqua sporca che bolliva di nascosto su tutta una serie di traffici illeciti in danno al pubblico denaro.Le risultanze provarono che a vario titolo, sindaci, presidenti di Provincia,assessori, consiglieri comunali e provinciali, dirigenti, funzionari, impiegati, segretari di partito, porta borse e via dicendo, erano legati tutti a doppio filo e avevano, ognuno per il proprio compito e ruolo, approfittato del potere temporale di pertinenza detenuto, per arricchirsi, favorire amici e parenti,intervenire su pratiche che riguardavano quasi sempre le stesse imprese e con tanti intrecci diretti con elementi pregiudicati della malavita del tempo. Tutto quel dossier, come per incanto, sparì nel nulla, ma la pratica di organizzarsi come un’associazione mafiosa da parte della politica partitica è ancora viva e vegeta, e anzi si è affinata fino a raggiungere qualità superlative con i colletti bianchi.
La storia raccontata, nella logica dei fatti accaduti,nonsegue un percorso lineare, definito, ma tenta di ritornare al punto di partenza, invertendo la corsa improvvisamente e tornando indietro per raccontarci ancora fatti ineditipoco prima sfuggiti.
La richiestadell’intervento, o invito che dir si voglia, per opera del deputato nazionale del PD, On. Pippo Zappulla, della venuta a Siracusa della Commissione Antimafia, che sarà nella città di Archimede il prossimo giorno 6 marzo, non sortisce l’effetto emozionante di un tempo, quando l’aspettativa diventava il fatto necessario, importante, sia dal punto di vista politico istituzionale, sia d’incombente pericolo per il vivere civile, nello spirito dello Stato dei diritti mancati per l’intera collettività. I risultati negli ultimi tempi sono stati disattesi e le visita delle Commissione Antimafia sono finiti quasi semprecon una lunga passerella istituzionale, addomesticata da parte dei soliti noti e discorsi copiati e tutti dallo steso sapore strumentale e demagogico, una disquisizione di trattati sociali e politici,di termini giuridici azzardati, sprecati, e con una lunga e articolata relazione al Parlamento per finire tutto nel cestino del dimenticatoio.
Anche questa volta, senza offesa ovviamente per l’on. Pippo Zappula, che merita un riconoscimento sincero da parte della collettività siracusana per l’impegno e l’ardore con cui segue i problemi del territorio, questa visita sembra più dettata dalla necessità di calmare gli animi agli addetti ai lavori, e di politicizzare le condizioni che sono invece di esigenza personale, che dall’esigenza reale della pubblica opinione di potersi finalmente liberare di questo fenomeno silenzioso chiamato “mafia-politica”.
L’elenco diffuso nel merito dei fatti aggravanti, per giustificare la presenza nel territorio siracusano della Commissione Antimafia, appare debole e assai pernicioso. Non ammette o accenna mai al fatto che ci sono, in effetti, delle gravi fratture tra le istituzioni, con il pericolo di un allarme sociale davvero inquietante; un forte conflitto acclamato dalla cronaca e dei fatti realmente accaduti tra una parte della politica e la magistratura inquirente (vedi i voluminosi e scottanti fascicoli “Veleni alla Procura” e “Attacco alla Procura” e ora ancora per il resto della storia).Una cosa è sostenere un’azione giusta e sacrosanta, dettata dalla logica dei fatti reali accaduti, o dalla ragion d’onore, dei doveri o dei diritti calpestati, altra cosa è tentare di puntellare o di equilibrare a tutti i costi una grave e pericolosa vertenza, insorta con tanta violenza e crudeltà, da parte di chi non vuole essere da meno riguardo ai poteri attribuitigli dalla Carta costituzionale. Questa nostra umile terra è una realtà dove il torto può diventare la ragione e l’alba il tramonto. Anche i miti hanno un tempo relativamente breve per essere dimenticati o sostituiti, ma qui a Siracusa, terra della mafia-politica da tanto, troppo tempo, tutto è fermo.
Ben venga la Commissione Antimafia presieduta dall’ On. Rosy Bindi a Siracusa; la speranza che questa volta gli “addetti ai lavori”faranno il proprio onesto e sacrosanto dovere nell’insistere sull’oggetto della materia del contendere denunciato, senza semplice e facile politica, spicciola e inutile, per non scivolare ancora una volta verso l’inarrestabile baratro dell’egoismo, della demagogia e della strumentalizzazione.
Concetto Alota