Incidente nel petrolchimico: una lunga scia di sangue
L’ennesimo incidente sul lavoro ci porta alla memoria agli oltre trecentotrenta morti causati dagli incidenti sul lavoro e le decine di migliaia di feriti di cui in tanti rimasti invalidi, paralizzati, storpiati, senza contare i decessi causati dalle malattie professionali e dai tumori provocati dall’inquinamento in tutta la zona industriale siracusana dal 1949, da quando il petroliere Angelo Moratti decise di impiantare la raffineria Rasiom (ora Esso) ad Augusta, cui seguì la Sincat e tutto il resto fino ai nostri giorni.
Ogni vita sacrificata sull’altare del lavoro nel Polo petrolchimico, che fu il più grande d’Europa, il rito è sempre uguale: agitazione sindacale e sciopero generale di tutte le maestranze, sperando sempre che sia l’ultima disgrazia che ha inghiottito la vita di giovani operai, padri di famiglia che la mattina con sacrifici si recano al lavoro per mantenere le loro famiglie. Poi il silenzio. Tutto ritorna come prima.
Tante vite spezzate, senza un apparente valido motivo, con l’aggravante che i responsabili non pagheranno per quel destino sinistro che appare ormai la norma che colpisce i figli, le mogli, le mamme, i papà. E dove nei fascicoli d’inchiesta troviamo scritto: omicidio colposo. Ma dietro questo stillicidio di morti e feriti vi è un ricatto indiretto, denunciato regolarmente dai sindacati dei lavoratori, a cui nessuno potrà porre fine; si tratta del profitto, del risparmio sugli appalti delle manutenzioni, sulla scelta delle attrezzature, delle qualifiche fuori norma e nessuna regola certa. Si abbozza, quasi sempre, un colpevole silenzio anche in presenza di una palese inosservanza delle procedure previste e di tanta poca ortodossa condizione nell’organizzazione del lavoro, dove spesso si ricorre a sub-appalti non del tutto regolari. Il Palazzo sembra sordo, impegnato in altre faccende di “famiglia”. La pubblica opinione dopo il terzo giorno, come per i normali funerali, ritorna alla normalità, dimenticando tutta la gravità del fenomeno che stringe e tratta la questione come un semplice evento della nostra vita moderna. E la domanda sorge spontanea: ma la vita di tanti uomini che escono la mattina per andare a lavorare e non ritornano più a casa, può essere la regola per guadagnare un pezzo di pane amaro da portare ai propri figli con un lavoro che per difenderlo si deve abbozzare, subire e a volte morire?
Concetto Alota