Caso Eligia, si cerca la compatibilità con il Dna isolato in casa
I carabinieri del Ris di Messina e quelli del nucleo operativo di Siracusa stanno eseguendo in questi giorni il prelievo di elementi organici da cui estrapolare il Dna sui familiari, sugli amici e su tutte quelle persone che, per un verso o per un altro, sono state coinvolte nel caso di Eligia Ardita, l’infermiera siracusana, morta la sera del 19 gennaio scorso a seguito della colluttazione avuta con il marito, Christian Leonardi, che per questo motivo è indagato e tuttora detenuto nel carcere di San Vittore a Milano.
Gli investigatori stanno adesso effettuando la comparazione tra il Dna rilevato e isolato sui muri in alcune stanze dell’appartamento di via Calatabiano in cui Eligia ha vissuto fino alla sera della sua scomparsa, e quello che sarà rilevato dall’esame eseguito su tutte le persone sottoposte al prelievo degli elementi organici per determinare il Dna di ciascuno. Gli investigatori sospettano che attorno alla cerchia della parentela e delle amicizie di Christian Leonardi, possa celarsi la persona che con ogni probabilità, secondo le ipotesi avanzate dagli inquirenti, possa avere aiutato il marito di Eligia a riordinare la casa e ricomporre il corpo di Eligia sul letto matrimoniale per dare una diversa ricostruzione degli eventi avvenuti quella tragica sera del 19 gennaio scorso.
I carabinieri sospettano che quella sera possa essere stata presente una donna nell’abitazione che abbia dato una mano al presunto uxoricida. “Christian da solo non avrebbe potuto fare tutto quello che è stato fatto per depistare le indagini e mutare così la scena del crimine nello spazio di appena tre quarti d’ora – afferma Agatino Ardita, frastornato per la sequenza di novità emerse negli ultimi due mesi sul caso della figlia ma determinato ad andare avanti per la ricerca della verità e della giustizia, come recita lo striscione appeso al balcone della casa di via Calatabiano – Peraltro, Christian ha fatto dipingere il soggiorno con l’intento di nascondere per sempre le tracce organiche e di vomito, presenti alla parete. I rilievi scientifici, effettuati dai carabinieri del Ris, hanno potuto stabilire con certezza quali fossero le macchie preesistenti alla tinteggiatura e da quelle isolare le tracce che hanno permesso loro di risalire al Dna”.