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I dati sulla prostituzione nella “buttanissima” Siracusa

Dopo l’operazione “Case chiuse”, portata a termine della squadra mobile della Questura di Siracusa, spunta un quadro allarmante nella pratica della prostituzione siracusana, e così come in tutte le parti del mondo, non è un problema di ordine pubblico ma una faccenda sociale che coinvolge tutti i cittadini.
La società nel suo insieme è responsabile di questo fenomeno, ma sono i clienti che con la loro richiesta stimolano un mercato sempre più vario e diversificato anche nelle qualità dell’offerta. Oggi, guardando dentro il mercato del sesso a pagamento siracusano, scopriamo come queste sfaccettature sono ben visibili e si va dagli appartamenti in affitto, alle camere degli hotel, ai club privée mascherati, alle agenzie per accompagnatrici e matrimoniali, ai locali notturni, pub, bar all’interno degli alberghi, ai luoghi di relax per massaggi, ai network, al passa parola e giù fino alla strada; ma una pratica molto avanzata rientra nella sfera delle minorenne e delle casalinghe, costrette a prostituirsi per il bisogno economico. In questa scelta variegata nel contesto locale è possibile leggere la storia dei desideri sessuali consumistici in questo spaccato, dove i consumatori del sesso a Siracusa sono più di quello che si possa immaginare; dati che potrebbero suscitare incredulità, inquietudine ed altri vari sentimenti, ma è pur vero che sono lo specchio di una società e della sua sub-cultura sessuale, di una cultura maschilista che non pone su un piano paritario i rapporti uomo-donna, che da sempre ha preteso il dominio e il commercio del corpo femminile negandogli una specifica sessualità. Basta fare un giro per la città di notte per capire che oggi c’è un elevato allarme sociale nei confronti della prostituzione, e non perché ci sia una presa di coscienza del fenomeno, ma per il solo fatto che nuove figure come viados, gay, tossicodipendenti e soprattutto straniere e minorenni, il tutto diventa meno rassicuranti della classica prostituzione, creano a volte e disturbo alla quiete pubblica; ma soprattutto la loro presenza inquieta i benpensanti.Il mercato del sesso siracusano è per certi aspetti sopra la media nazionale durante la presenza in zona per le prestazioni e oscilla tra il 90% per i primi tre giorni, il 68% dal quarto al quinto e il e il 53% l’ultimo; dato riferito al giro tipico di una settimana in un luogo dove si alternano donne e uomini che vanno in giro a vendere sesso. Siracusa si attesta tra i primi posti in Sicilia per il numero di abitanti, con una media ponderale che va dai quaranta ai settanta per la professione permanente (escluse le casalinghe e gli altri casi in maniera alternata e i contatti attraverso Internet) e con circa dodicimila clienti habitué, con un fatturato che si aggira intorno al milione di euro l’anno, compresi i clienti provenienti dai paesi viciniori, e dove è da sempre Catania a governare la prostituzione siracusana, con i cambi settimanali organizzati con i pulmini che fanno la spola tra l’aeroporto e le varie località della Sicilia orientale. Un rapporto con i clienti in cui non manca il giro degli stupefacenti e della classica pillola Viagra onnipresenti.La legge in vigore sulla prostituzione, legge Merlin, ha dei punti che sono assolutamente irrinunciabili, ad esempio il divieto di schedare chi si prostituisce e la necessità di rispettare la dignità e i diritti umani e civili di chi esercita la prostituzione; quella punibile è lo sfruttamento della prostituzione. Si deve partire da questa legge per migliorare le condizioni di vita e di lavoro di chi esercita la prostituzione, e per migliorare la qualità dei rapporti fra cittadini, sex workers e la società.I dati della prostituzione. La Comunità Papa Giovanni XXIII ha rilasciato i dati di un’indagine svolta nel 2013 sulla prostituzione in Italia, che ci offrono una descrizione del fenomeno dal punto di vista delle donne sfruttate, vittime della violenza, e dei clienti.Nel 2013 sono 120.000 le donne vittime di sfruttamento della prostituzione e della tratta di esseri umani, di cui il 37% è arrivato in Italia da minorenne. Il fenomeno è imponente, coinvolge la criminalità organizzata a livello internazionale e rappresenta un mercato florido.Il 65% di queste donne si prostituisce in strada, il 35% in appartamenti, locali o case private. A dispetto di ciò che si può credere, e che è stato detto, la maggior parte di queste donne non è prostituta per libera scelta, dati OIM, 2009 e Caristas Migrantes, 2010, dove risulta che le donne trafficate (quindi ridotte in schiavitù) in Italia, erano tra le 19000 e le 26000 ogni anno. Al 2008, il 7% di queste persone era minorenne.

La situazione oggi non sembra affatto migliorata. Anzi, il numero assoluto di prostitute è in aumento vertiginoso. Le stime di Parsec (2005) parlavano di 45.000 prostitute, di cui 37.000 straniere.

Dai dati resi noti dalla Comunità Papa Giovanni XXIII emerge che le donne costrette a prostituirsi hanno per lo più nazionalità africana. A seguire le donne di nazionalità rumena e albanese. Di queste la maggior parte ha un’età compresa tra 18 e 30 anni, ma sono molte anche le ragazze con un’età compresa tra 13 e 18 anni, quindi minorenni. Il fenomeno delle baby-prostitute sembra essere molto diffuso, e dunque la questione “pedofila”, tema su cui non si ha il coraggio di fare indagini e analisi approfondite.

I dati diffusi parlano anche dei clienti. Ed ecco il profilo sconcertante di coloro (tanti) che vanno a prostitute, rendendosi così complici di un fastidioso reato: lo sfruttamento della prostituzione.

Il profilo delineato del cliente italiano è quello di un uomo sposato, nel 77% dei casi, benestante nel 56% dei casi, che frequenta con abitudinarietà le strade il 75% ogni due settimane e che è padre di famiglia. Sconvolge il fatto che le richieste, nel 70% dei casi, siano per sesso non protetto. Questo dato è sconcertante, perché dal punto di vista sanitario può comportare un veicolo d’infezione per le malattie a trasmissione sessuale, anche alle partner ignare a casa e non solo. Infine, il 43% dei clienti ha un’età compresa tra i 40 e i 55 anni, mentre il 21% ha tra 25 e 39 anni.

Concetto Alota

 

 

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