Operazione Balkan, anche Siracusa rimane crocevia dei traffici di droga
L’operazione antidroga, coordinata dalla Procura distrettuale di Catania, eseguita da squadra mobile di Ragusa e dalla guardia di finanza di Como, ha sgominato un traffico internazionale di marijuana dall’Albania con quantitativi enormi di sostanze stupefacenti destinate allo spaccio della droga in tutt’Italia. Nell’inchiesta “Balkan” coinvolti 61 persone di cui 37 albanesi e 24 italiani. La Procura di Catania è convinta di aver “inciso sull’intera filiera dell’organizzazione transnazionale azzerandone i vertici”. Nelle indagini, avviate nel 2012, sono stati eseguiti diversi blitz in diverse città italiane. Il più importante dalla polizia di Stato di Ragusa e guardia dalla guardia di finanza di Como eseguito a Catania, con il sequestro di 1.000 chili di marijuana e armi. Le indagini della squadra mobile e delle Fiamme gialle erano state avviate separatamente e sono state riunite in un unico fascicolo che ha portato all’individuazione dei fornitori albanesi.
Anche il territorio siracusano nel passato è entrato più volte nella logica investigativa degli inquirenti; secondo la Sezione Antidroga della Direzione nazionale antimafia, il traffico degli stupefacenti nella provincia di Siracusa è da tenere sotto controllo per la posizione strategica in cui si trova. La conferma il legame con la famiglia “Paviglianiti” di Reggio Calabria e il clan Guttadauro di Palermo che avrebbe legato accordi con clan di Siracusa. Infatti, proprio un un’area di servizio dell’autostrada Siracusa-Catania, all’altezza dello svincolo Nord per il capoluogo aretuseo, fu individuata dai carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria come luogo prescelto da corrieri reggini per la consegna di una consistente partita di cocaina a emissari di “Cosa nostra” palermitana.
Il particolare inquietante è emerso nell’inchiesta denominata “Ultima spiaggia”, coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Per i magistrati, il presunto re del narcotraffico internazionale, Domenico Paviglianiti avrebbe stretto rapporti d’affari con la mafia palermitana benché sia detenuto in carcere. Anzi, proprio da Ascoli Piceno, luogo di detenzione, avrebbe mantenuto e rafforzato il suo carisma tenendo ben stretti i legami tra le cosche operanti lungo la fascia ionica reggina, tenendole in pugno grazie ai corposi proventi dall’attività di traffico di sostanze stupefacenti.
Tra gli interlocutori di Domenico Paviglianiti anche la famiglia Guttadauro con la quale ha intavolato un “rapporto di mutua collaborazione”. Traffici illeciti che, scrivono i magistrati della Dda di Reggio Calabria “trovano riscontro nei rapporti allacciati con esponenti della realtà criminale siciliana, allo stato non ancora identificati”.
Gli investigatori dell’Arma dei carabinieri si sono messi più volte all’inseguimento di emissari reggini in trasferta a Piedimente Etneo in provincia di Catania “verosimilmente per trattare una fornitura di sostanza stupefacente: gli accorgimenti e il timore per eventuali controlli di polizia alimenta il sospetto che la trasferta siciliana sia riconducibile alla gestione dei traffici illeciti”.
In tale contesto si inserisce il terrtitorio siracusano, evidentemente scelto come zona neutra per trattare lo scambio di partite di droga e per il materiale scambio di quantitativi di stupefacente. I carabinieri reggini tengono sotto controllo alcuni esponenti malavitosi e seguono un filone che porta proprio in Sicilia, proprio nella terra siracusana, forse ritenuta terreno fertile dalle cosche reggine e palermitane, visti anche altre operazioni antidroga nelle quali sono state coinvolti corrieri siracusani in trasferta nella Locride e nel Palermitano per l’approvvigionamento di stupefacenti.
Nel passato gli investigatori intercettarono una conversazione telefonica nella quale gli interlocutori si danno appuntamento per il giorno successivo per la cessione di una partita di droga. Scattato il servizio di monitoraggio, due corrieri reggini sono acciuffati dai carabinieri presso l’area di servizio di Siracusa Nord con mezzo chilo di cocaina. In quella circostanza, i destinatari palermitani del carico di droga sono riusciti a sfuggire alla cattura. Malgrado scoperti, i sodalizi malavitosi avrebbero continuato a mantenere i rapporti.
Siracusa è stata da sempre considerata un porto franco, un territorio satellite al servizio della malavita organizzata; il rapporto con mafia palermitana, catanese e la ‘ndrangheta calabrese e stato registrato copioso e di continuo, specie per quel che riguarda il traffico della droga, dove le quantità trattate e transitate per il territorio siracusano sono stati davvero notevoli. Ultimamente gli eredi dei vecchi clan si sono riorganizzati e gli equilibri sono in fase di assestamento, malgrado i colpi inferti dalle forze dell’ordine. Siracusa rimane sotto stretta osservazione, considerata dagli inquirenti s più livelli un crocevia strategico per il traffico della droga.
Concetto Alota