Crisi. Gli editori collocano in cassa integrazione i giornalisti assunti e tirano avanti con i collaboratori sottopagati
Il diritto al lavoro negato. Un trucco per risparmiare a spese di Pantalone. Gli editori dei giornali in crisi collocano i giornalisti già in forza in cassa integrazione e tirano avanti con i collaboratori esterni precari, a sua volta sottopagati e sfruttati. Una realtà tutta italiana, dove negli anni passati il trucchetto è stato sperimentato dai grossi gruppi industriale, che socializzavano i debiti e capitalizzavano i guadagni. Il dramma. I collaboratori esterni dei giornali a sua volta non sono pagati. Mesi di compensi arretrati, per finire nel nulla; ma la crisi è forte così come le speranze di poter passare un giorno nei libri matricola degli editori in maniera continuata, effettivi. E nonostante la mancata corresponsione di parecchi mesi arretrati, sono pochi quelli che interrompono la collaborazione. Qui da noi non c’è gioco di squadra; basta fermarsi di scrivere tutti insieme e i giornali non potrebbero essere in edicola la mattina seguente. Questa è un’azione democratica, del diritto al compenso, al lavoro; ma in realtà si tratta di pochi spiccioli, di compensi che si aggirano mediamente dai cinque agli ottomila euro mila euro l’anno.
Negli ultimi anni in Italia sono spariti dalle edicole un numero indefinito di quotidiani. Il numero dei giornalisti assunti si è affievolito di migliaia di unità. Una caduta libera di un meno 15/18%. Ogni testata ha la sua storia. Ma il rischio è forte per l’informazione italiana. Il denaro che arriva dalle vendite non basta; senza la pubblicità massiccia, i finanziamenti e le agevolazioni dello Stato, il sistema è saltato, con il pericolo dell’affossamento della libertà di stampa e la pluralità dell’informazione, per quel poco che è rimasto ancora in Italia; ma la democrazia ha bisogno della stampa libera e democratica.
L’informazione via Internet entrata a gamba tesa, ha fatto collassare la diffusione della carta stampata. I bassi costi di produzione sul Web, hanno disintegrato le barriere del buon giornalismo, dando via al mercato selvaggio e di un’informazione globalizzata e priva di contenuti di qualità e cultura. Il fenomeno si è aggravato con la pubblicità a buon mercato che attraverso il Web ha ridotto i costi, ma nello stesso tempo ha messo in crisi realtà imprenditoriali che prima vantavano fior di eccellenze nella diffusione di notizie. Il risultato è un’informazione povera, di massa. L’effetto del ridimensionamento continuerà ancora per molto tempo la sua corsa verso il basso.
Concetto Alota