Siracusa. Estorsioni, furti, rapine e droga i segnali chiari di una ripresa criminale dei clan mafiosi
L’ultimo attentato contro il pub “Hmora”, conferma le preoccupazioni delle associazioni antiracket, commercianti, imprenditori e delle forze dell’ordine. Per l’intimidazione con una bomba rudimentale di piccole dimensioni in via Tisia a Siracusa, s’i indaga per estorsione, così come sull’attività pubblica-politica del titolare dell’esercizio commerciale, impegnato da qualche tempo e in primo piano nelle tematiche dell’ambiente e dintorni.
La recrudescenza criminale ha ripreso la sua folle corsa verso una nuova stagione di terrore tra la gente. I vecchi e i nuovi clan mafiosi siracusani si stanno riorganizzando, costituendo un solo grande gruppo di lavoro, inserendo nel nascente sodalizio criminale anche nuove e giovani leve. A prendere in mano l’eredità, i figli dei vecchi boss deceduti o in carcere con condanne che vanno dai 20anni all’ergastolo e nuovi aspiranti in corso di formazione. La Direzione distrettuale antimafia di Catania, competente per territorio, ha da qualche tempo indirizzato diversi filoni d’inchiesta sui nuovi sodalizi criminali operanti nella provincia di Siracusa. Secondo gli inquirenti, ci sarebbe una sorta di consorteria, ritenuta responsabili a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata al racket delle estorsioni, ai furti e alle rapine, alle truffe, così come al traffico delle sostanze stupefacenti. La prima parte dell’attività investigativa, oltre che dell’apporto di collaboratori di giustizia, ha svelato l’operatività a Siracusa dello storico clan Bottaro-Attanasio. Infatti, secondo il rapporto della Dia, nel territorio siracusano i gruppi di riferimento, contrapposti ma non in lotta per ridurre la vulnerabilità, stanno cercando un accordo suddividendosi i settori d’interesse per le attività malavitose a largo raggio. Sono: il Clan Nardo, legato alla famiglia mafiosa catanese di Nitto Santapaola, nei territori di Augusta e Lentini. Il Clan Aparo, sempre legato a Nardo, nei territori di Solarino e Floridia. Lo storico Clan Linguanti, espressione del cartello mafioso malavitoso Aparo, Nardo e Trigila, nella zona di Noto, Avola, Pachino e Rosolini. A Siracusa città, le zone d’influenza malavitosa rimangono due: nella parte nord è attivo il clan di S. Panagia riconducibile al cartello Aparo, Nardo e Trigila, mentre nell’isola di Ortigia esercita la propria influenza, il clan Bottaro-Attanasio, con le sue articolazioni e cioè il vecchio gruppo della Borgata e di Via Italia.
La discesa in campo con l’allargamento dell’attività delittuosa con estorsioni e condizionamenti anche di uomini della politica sotto la campagna elettorale delle regionali, oltre che al mercato della droga, è orientato all’attività estorsiva a tappeto, dove pagano poco ma tutti, rispetto al ricco passato. Estorsioni che nella maggior parte dei casi non sono denunciate, come confermano alcuni ambienti dei commercianti. Le somme richieste sono pagate a vista.
L’allarme di una nuova recrudescenza dei clan siracusani è stato lanciato più volte dalla Direzione nazionale antimafia. I sodalizi colpiti dalla crisi si stanno riorganizzando anche a Siracusa così come nel resto della Sicilia. Il peggioramento dell’economica ha colpito anche i clan malavitosi. I guadagni si sono affievoliti e costringono i reggenti rimasti in campo a tagliare i costi. Gli stipendi destinati alle famiglie dei carcerati hanno subìto una riduzione del 50% e a volte il pagamento non arriva o ritarda di mesi. Il colpo di grazia è arrivato con i copiosi sequestri di droga e gli arresti dei tanti “lavoranti” che negli ultimi ventiquattro mesi hanno raggiunto cifre milionarie e interessanti per i bilanci dei gruppi malavitosi, decimando nel frattempo gli uomini in campo che operano nell’intera provincia di Siracusa. Di contro è ripresa copiosa l’attività degli attentati a sfondo estorsivo e secondo i carabinieri, la polizia e la guardia di finanza, l’attività di contrasto è necessariamente destinata a rafforzarsi con l’impiego di uomini e mezzi. E non sono mancati spinti dalla fame i casi di pentitismo. Diversi “gregari” di livello minore, detenuti per associazione mafiosa, hanno deciso di collaborare con la Giustizia perché abbandonati al loro destino dal gruppo d’appartenenza insieme alle rispettive famiglie.
Le difficoltà a mantenere i carcerati a lunghe detenzioni e i familiari sono la vera piaga che costringe a nuove strategie con la parvenza della legalità, come l’attività imprenditoriale in appalti pubblici, servizi in concessione e la richiesta di “contributi”, un tantum, ai candidati per il rinnovo del parlamentino siciliano e a seguire per tutte le consultazioni elettorali da venire.
Concetto Alota