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 Appunti. “Inquinare è un crimine”: pene e sanzioni per reati contro l’ambiente.

Codice penale il nuovo, autonomo Capo, dedicato ai delitti contro l’ambiente. Modifiche al Codice dell’ambiente, in particolare introducendo una specifica disciplina per l’estinzione degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale. Inasprite le sanzioni irrogabili per alcuni illeciti previsti dalla Convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via d’estinzione.

Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente:
– introduce nel codice penale un nuovo, autonomo Capo, dedicato ai delitti contro l’ambiente, prevedendo disposizioni di coordinamento nello stesso codice e in leggi speciali;
– modifica il Codice dell’ambiente, in particolare introducendo una specifica disciplina per l’estinzione degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale;
– inasprisce le sanzioni irrogabili per alcuni illeciti previsti dalla Convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via d’estinzione.
L’articolo 1, comma 1, introduce nel libro secondo del codice penale il nuovo Titolo VI-bis (Dei delitti contro l’ambiente), composto da 13 articoli.
Il Titolo prevede sei nuovi delitti:


1) inquinamento ambientale (articolo 452-bis), che punisce con la reclusione da 2 a 6 anni e la multa da 10.000 a 100.000 euro chiunque, abusivamente, cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili dello stato preesistente: 1) delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo; 2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna (primo comma). Il secondo comma prevede un’ipotesi aggravata quando il delitto sia commesso in un’area naturale protetta o sottoposta a specifici vincoli, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette.

2) morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale (articolo 452-ter) che prevede per l’inquinamento ambientale aggravato dall’evento un catalogo di pene graduato in ragione della gravità delle conseguenze del delitto ovvero: la reclusione da 2 anni e 6 mesi a 7 anni se dall’inquinamento ambientale derivi ad una persona una lesione personale (escluse le malattie di durata inferiore a 20 gg.: è il caso in cui la lesione personale è punibile a querela); la reclusione da 3 a 8 anni se ne derivi una lesione grave; la reclusione da 4 a 9 anni se ne derivi una lesione gravissima; la reclusione da 5 a 12 anni in caso di morte della persona. Ove gli eventi lesivi derivati dal reato siano plurimi e a carico di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per il reato più grave aumentata fino al triplo, fermo restando tuttavia il limite di 20 anni di reclusione.


3) disastro ambientale (articolo 452-quater), che, raccogliendo l’auspicio formulato dalla Corte costituzionale (Sentenza 327 del 2008) in ordine alla tipizzazione di un’autonoma figura di reato, punisce con la reclusione da 5 a 15 anni chiunque, abusivamente, cagiona un disastro ambientale. Il delitto è definito, alternativamente, come: un’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema; un’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali; l’offesa all’incolumità pubblica determinata con riferimento sia alla rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione ambientale o dei suoi effetti lesivi, sia al numero delle persone offese o esposte al pericolo. La definizione del delitto si avvicina a quella elaborata dalla Cassazione, che per la configurazione del disastro ambientale ha affermato che “è necessario e sufficiente che il nocumento abbia un carattere di prorompente diffusione che esponga a pericolo, collettivamente un numero indeterminato di persone” (Cass., Sez. V, sent. n. 40330 del 2006). Successivamente, conformemente a tale orientamento, la Cassazione è pervenuta ad isolare alcuni requisiti che caratterizzano la nozione di disastro specificamente nella potenza espansiva del nocumento e nell’attitudine a mettere in pericolo la pubblica incolumità (Cass, Sez. III, sent. n. 9418 del 2008). La nuova disposizione codicistica reca infine una clausola di salvaguardia “fuori dai casi previsti dall’articolo 434”, in materia di crollo di costruzioni o altri disastri dolosi (cd. disastro innominato) che finora, in assenza del delitto di disastro ambientale, ha assolto ad una funzione di supplenza e chiusura del sistema. Il disastro ambientale è aggravato ove commesso in un’area protetta o sottoposta a vincolo o in danno di specie animali o vegetali protette.

4) traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività (articolo 452- sexies), che punisce con la reclusione da 2 a 6 anni e la multa da 10.000 a 50.000 euro chiunque abusivamente «cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura ad altri, detiene, trasferisce, abbandona o si disfa illegittimamente di materiale ad alta radioattività» (primo comma). Si tratta di un reato di pericolo per il quale il secondo ed il terzo comma prevedono aggravanti: la pena è aumentata quando si verifica l’evento della compromissione o del deterioramento delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo; ovvero di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna; se dal fatto deriva poi un pericolo per la vita o l’incolumità delle persone, la pena è aumentata fino alla metà. Si rammenta che, per la presenza di tale delitto nel provvedimento in esame, è stata espunto dal disegno di legge di Ratifica ed esecuzione degli Emendamenti alla Convenzione sulla protezione fisica dei materiali nucleari del 3 marzo 1980, adottati a Vienna l’8 luglio 2005 – approvato definitivamente dalla Camera il 22 aprile 2015 – l’art. 10, che prevedeva una corrispondente fattispecie e le relative aggravanti, all’interno del Titolo VI (Delitti contro la pubblica incolumità), capo I (Delitti di comune pericolo mediante violenza) del codice penale.

5) impedimento del controllo (articolo 452-septies), che punisce con la reclusione da 6 mesi a 3 anni, sempre che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque impedisce, intralcia o elude l’attività di vigilanza e controllo ambientale e di sicurezza e igiene del lavoro ovvero ne compromette gli esiti. L’impedimento deve realizzarsi negando o ostacolando l’accesso ai luoghi, ovvero mutando artificiosamente lo stato dei luoghi. Questa fattispecie non costituisce un semplice corollario di quanto disposto dagli articoli precedenti perché è destinata a trovare applicazione ogniqualvolta sia ostacolato un campionamento o una verifica ambientale. Peraltro, laddove l’ostacolo sia posto, ad esempio, con mezzi meccanici, in base al successivo articolo 452-undecies deve esserne disposta la confisca.

6) omessa bonifica (articolo 452-terdecies), che punisce, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da 1 a 4 anni e con la multa da 20.000 a 80.000 euro chiunque, essendovi obbligato, non provvede alla bonifica, al ripristino e al recupero dello stato dei luoghi. L’obbligo dell’intervento può derivare direttamente dalla legge, da un ordine del giudice o da una pubblica autorità. La nuova fattispecie non pare sovrapporsi a quella di cui articolo 257 del Codice dell’ambiente, che prevede una contravvenzione (arresto da sei mesi a un anno o ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro) per chiunque cagiona l’inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio, se non provvede alla bonifica. Inoltre, l’articolo 257 del Codice – come modificato dal disegno di legge – prevede la salvaguardia delle più gravi fattispecie di reato.

Nel corso dell’esame in seconda lettura da parte dell’altro ramo del Parlamento è stato soppresso l’articolo 452-quaterdecies del codice penale, volto a punire con la reclusione da 1 a 3 anni l’illecita ispezione di fondali marini.

Rispetto alle nuove fattispecie, solo due possono essere commesse per colpa: il delitto di inquinamento ambientale (articolo 452-bis) e il delitto di disastro ambientale (articolo 452-quater). In questi casi, in base al nuovo articolo 452-quinquies, le pene sono diminuite da un terzo a due terzi. Una ulteriore diminuzione di un terzo della pena è prevista per il delitto colposo di pericolo ovverosia quando dai comportamenti di cui agli articoli 452-bis e 452-quater derivi il pericolo di inquinamento ambientale e disastro ambientale.

Il nuovo articolo 452-octies del codice penale prevede poi circostanze aggravanti nel caso di commissione dei nuovi delitti contro l’ambiente in forma associativa. Il successivo 452-novies introduce una nuova circostanza definita “aggravante ambientale“, che prevede un aumento di pena (da un terzo alla metaà) quando un qualsiasi reato venga commesso allo scopo di eseguire uno dei delitti contro l’ambiente previsti dal nuovo titolo VI-bis del libro secondo del codice penale, dal Codice dell’ambiente o da altra disposizione di legge posta a tutela dell’ambiente.

L’articolo 452-decies introduce nel codice penale con riguardo ai delitti ambientali la disciplina del ravvedimento operoso. In particolare, è previsto che chi si adopera per evitare che l’attività illecita sia portata a conseguenze ulteriori o provvede alla messa in sicurezza, bonifica e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi beneficia di una diminuzione di pena dalla metà a due terzi.

L’articolo 452-undecies del codice penale interviene in materia di confisca, prevedendo che, in caso di condanna o patteggiamento per i reati di inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, impedimento del controllo nonché per i reati associativi finalizzati alla commissione dei nuovi reati ambientali previsti dal titolo VI-bis, il giudice debba sempre ordinare la confisca delle cose che costituiscono il prodotto o il profitto del reato o che servirono a commetterlo.

I commi 2 e 3 dell’articolo 1 del disegno di legge modificano, poi, rispettivamente gli articoli 257 e 260 del Codice dell’ambiente.

L’articolo 1, comma 6, modifica l’articolo 157 del codice penale, prevedendo il raddoppio dei termini di prescrizione per tutti i nuovi delitti contro l’ambiente.

Il comma 9, introduce poi nel Codice dell’ambiente una disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale, prevedendo – con una parte Sesta-Bis (articoli da 318-bis a 318-octies) – un procedimento per l’estinzione delle contravvenzioni ivi previste, collegato all’adempimento da parte del responsabile della violazione sia di una serie di prescrizioni sia al pagamento di una somma di denaro. In particolare, mentre l’art. 318-bis precisa l’ambito applicativo della disciplina alle contravvenzioni previste dal Codice dell’ambiente, l’art. 318-ter riguarda le prescrizioni da impartire al contravventore.

L’art. 318-quater concerne la verifica dell’adempimento e l’irrogazione della sanzione, entro termini specificamente determinati, attraverso una scansionata serie di fasi procedimentali.

L’art. 318-quinquies prevede obblighi di comunicazione da parte del PM, che abbia in qualsiasi modo notizia della contravvenzione, all’organo di vigilanza o alla polizia giudiziaria, per consentire di imporre le prescrizioni ed effettuare le relative verifiche sull’adempimento.

L’art. 318-sexies stabilisce che i termini di sospensione del procedimento penale relativo alla contravvenzione decorrono dalla iscrizione nella notizia di reato nel relativo registro fino al momento del ricevimento da parte dell’autorità requirente della comunicazione dell’avvenuto adempimento della prescrizione.

L’art. 318-septies prevede l’estinzione della contravvenzione a seguito sia del buon esito della prescrizione che del pagamento della sanzione amministrativa.

L’art. 318-octies reca infine una norma transitoria secondo cui la nuova disciplina per l’estinzione delle contravvenzioni non si applica ai procedimenti in corso alla data della sua entrata in vigore.

L’articolo 2 del provvedimento in esame modifica gli articoli 1, 2, 5, 6, 8-bis e 8-ter della legge 7 febbraio 1992, n. 150 riguardante la disciplina sanzionatoria della Convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione.


 

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