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Roma. Archiviato dal Csm il procedimento contro gli otto magistrati della Procura di Siracusa

Archiviato dal Csm il procedimento disciplinare a carico degli otto magistrati della Procura della Repubblica aretusea che fecero scoppiare il “Caso Siracusa”. Di seguito le motivazioni del Csm su questa vicenda che ha tenuto i riflettori della cronaca accesi per diversi anni e impegnato i protagonisti di questo romanzo giudiziario pieno di tanti colpi di scena, con i riflessi della nascita di una seria di processi di cui parecchi ancora aperti in istruttoria e altri nella fase processuale.

Con una nota “il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Siracusa, Francesco Paolo Giordano richiedeva accertamenti in ordine ad un esposto a firma di otto Sostituti procuratori inviato al Csm, al Ministero della Giustizia e alle Procure della Repubblica di Catania e Messina, senza informare il capo dell’ufficio. Tale omessa informazione, a dire del Procuratore di Siracusa, sarebbe stata lesiva delle sue prerogative di legge e della sua credibilità professionale”.

“La Prima Commissione del Csm propone l’adozione della seguente delibera: «Il presente procedimento muove da una segnalazione pervenuta in data 13 aprile 2017 ed a firma del dott. Francesco Paolo Giordano, all’epoca dei fatti procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Siracusa. Il dott. Giordano ha lamentato di aver appreso che “otto magistrati avrebbero a suo tempo inviato un esposto al Csm, al Ministero della Giustizia e alla Procura della Repubblica di Catania e/o di Messina, nel quale sarebbe stata indicata l’esistenza di un comitato di affari a Siracusa che metterebbe in difficoltà il Procuratore della Repubblica, cioè lo scrivente”. Afferma altresì il dott. Giordano che con l’invio di tale esposto gli otto sostituti procuratori della Repubblica avrebbero violato “gravemente varie disposizioni della legge sostanziale e processuale”: essi avrebbero dovuto “informare il capo dell’ufficio trattandosi presumibilmente di circostanze di fatto, apprese nell’esercizio delle funzioni (art. 330 c.p.p. e 1 d.lgs. n. 106 del 2006) ovvero fuori dell’esercizio delle funzioni (art. 70, quinto comma, ord. giud. approvato con r.d. n. 12 del 1941)”. Siffatta violazione “delle norme ordinamentali e processuali” sarebbe ancor più grave “perché l’esposto sembra essere stato intenzionalmente propalato sulla stampa”. Il dott. Giordano conclude quindi chiedendo “approfonditi accertamenti a mia tutela e a tutela dell’Ufficio che ho l’onore di dirigere, per 32 verificare la sussistenza dei cennati profili di responsabilità disciplinare a carico degli otto magistrati firmatari dell’esposto, anche per fugare qualsivoglia sospetto di inquinamento possa essere stato adombrato”.

“Ciò premesso, si deve rilevare che in data 29 settembre 2016 è effettivamente pervenuto al Consiglio un esposto a firma di otto sostituti procuratori all’epoca in servizio alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Siracusa (otto sostituti a fronte degli undici allora in servizio). Più precisamente, l’esposto è stato sottoscritto dai magistrati Margherita Brianese, Salvatore Grillo, Magda Guarnaccia, Davide Lucignani, Antonio Nicastro,Vincenzo Nitti, Tommaso Pagano ed Andrea Palmieri. Gli altri sostituti in servizio in quello stesso ufficio erano all’epoca i magistrati Mauro Di Marco, Giancarlo Longo e Maurizio Musco”.

“In tale esposto, trasmesso anche al Ministro della Giustizia, alla Procura generale della Cassazione, alla Procura generale presso la Corte d’appello di Catania ed all’Ispettorato presso il Ministero della Giustizia, gli otto sostituti hanno scritto che “nell’ambito delle attività di coordinamento investigativo, anche informale, interne all’Ufficio, si sono … palesati elementi che inducono a temere che parte dell’azione della Procura della Repubblica possa essere oggetto di inquinamento, funzionale alla tutela di interessi estranei alla corretta ed indipendente amministrazione della giustizia”.

“Nel prosieguo dell’esposto è stato richiamato quanto accertato dalla sentenza n. 1679/2015 della Corte d’appello di Messina (successivamente confermata dalla Corte di Cassazione) con la quale l’allora procuratore della Repubblica di Siracusa Ugo Rossi ed il sostituto Maurizio Musco erano stati condannati per abuso d’ufficio. In quell’occasione la Corte d’appello di Messina ebbe a rilevare, e censurare, che l’azione giudiziaria si era in alcune circostanze piegata a favore “di esponenti dell’economia locale, garantendo a costoro e ai loro collaterali trattamenti di favore”; ad avviso degli esponenti tale “virulenta capacità di condizionamento” era ancora attuale”.

“Per gli stessi fatti gli esponenti avevano trasmesso alla Procura di Messina, competente ex art. 11 c.p.p. per i reati commessi nel distretto di Catania, un documento “articolato in 10 capitoli, ognuno relativo ad una diversa vicenda processuale, per un totale di oltre 30 pagine”. Tale informativa, ed i documenti ad essa allegati, erano all’epoca “coperti dal segreto istruttorio e come tali non direttamente ostensibili”.

“Sia l’esposto nel suo testo integrale sia la più ridotta comunicazione inviata al Consiglio ed alle altre autorità si erano resi necessari, a dire degli otto magistrati sottoscrittori dell’esposto, “anche a seguito della constatata inefficacia delle plurime iniziative e segnalazioni, operate per via istituzionale e volte a consentire 1’adozione di cautele e misure anche organizzative utili a prevenire indebite interferenze nell’azione giurisdizionale”.

“All’esito di tale esposto la Prima Commissione ha svolto nutrita attività istruttoria, anche recandosi presso gli uffici giudiziari di Siracusa, ed ha quindi aperto un procedimento ex art. 2, per incompatibilità ambientale e/o funzionale, sia nei riguardi dei sostituti procuratori Giancarlo Longo e Maurizio Musco sia nei confronti del procuratore della Repubblica Francesco Paolo Giordano. Il dott. Longo è stato all’esito trasferito in prevenzione, su sua domanda, al Tribunale di Napoli (per poi essere sottoposto a misura cautelare penale di natura detentiva proprio per i fatti oggetto dell’esposto). Il dott. Musco risulta già trasferito, sulla base di provvedimento cautelare di natura disciplinare, alla Procura della Repubblica di Sassari. Il procedimento ex art. 2 nei confronti del dott. Giordano si è a sua volta evoluto con il deposito degli atti e con la proposta della Prima Commissione di trasferimento per incompatibilità ambientale, iscritta all’ordine del giorno dell’assemblea plenaria; dopo tale calendarizzazione il dott. Giordano ha proposto domanda di trasferimento in prevenzione, alla Procura nazionale antimafia ed in subordine alla Procura generale di Catania; quest’ultima proposta è stata accolta sicché il dott. Giordano è stato trasferito alla Procura generale di Catania”.

“Ebbene, proprio nella proposta di trasferimento per incompatibilità ambientale del dott. Giordano, sono state affrontate e valutate le circostanze oggetto dell’esposto che lo stesso dott. Giordano aveva ritenuto di presentare contro i predetti otto sostituti procuratori. Appare quindi opportuno riportare i relativi passaggi della suddetta proposta di delibera: “Va subito analizzata l’inopportuna iniziativa del procuratore di inoltrare una segnalazione al Consiglio ed all’Ispettorato ministeriale contro gli otto sostituti autori dell’esposto, accusati di aver violato l’art. 330 c.p.p., l’art. 1 del d.lgs. n. 106/2006 e l’art. 70 dell’ordinamento giudiziario”.

“In proposito preme dire che, sul piano penale, ciascun pubblico ufficiale, quando viene a conoscenza di fatti potenzialmente costituenti reato, è tenuto a segnalarli alla competente Procura della Repubblica, così come hanno fatto gli otto sostituti autori dell’esposto. Sul piano ordinamentale, non appare utilmente richiamabile l’art. 70, comma 5, dell’ordinamento giudiziario, visto che i fatti segnalati dagli otto sostituti sono stati appresi nell’esercizio delle loro funzioni, anche in sede di “coordinamento investigativo”. A parte questo, il punto decisivo è che, come gli otto esponenti hanno più volte sottolineato, il procuratore della Repubblica era già a conoscenza di quegli stessi fatti, che gli erano stati segnalati più volte dai sostituti, per iscritto o oralmente. Per esemplificare: il procuratore era stato informato dal dott. Lucignani delle anomalie della consulenza del dott. Pace e dell’atteggiamento del dott. Longo nel procedimento “Open land” e, oltre a difendere con veemenza l’operato del Longo, invitò il Lucignani a non depositare alcuna relazione scritta sull’accaduto; il procuratore era stato pienamente informato, sia dalla Procura di Milano sia dal dott. Scavone, delle anomalie del comportamento del dott. Longo nella vicenda Eni – Descalzi; il procuratore era stato pienamente informato delle anomalie della consulenza conferita dalla dott.ssa Bonfiglio al dott. Perricone e ritenne di non dover trasmettere gli atti alla Procura di Messina; il procuratore era a conoscenza della denuncia rivolta dal consulente ing. Geraci nei riguardi del dott. Longo; il procuratore era a conoscenza della cd. vicenda Civello, visto che aveva dipanato lui il contrasto tra il dott. Lucignani ed il dott. Musco sulla titolarità del procedimento”.

“Insomma, i sostituti autori dell’esposto si sono limitati a mettere insieme e collegare una serie di circostanze interne all’ufficio, apprese per ragioni d’ufficio e che il procuratore ben conosceva. Peraltro l’esposto è stato consegnato, nella stessa versione sintetica trasmessa al Consiglio superiore ed alla Procura generale presso la Corte di Cassazione (versione sintetica necessaria per tutelare il segreto investigativo e non compromettere le indagini), anche al procuratore generale di Catania, ossia alla massima autorità requirente del distretto. I più che comprensibili motivi, sul piano umano e sul piano giuridico, che hanno indotto gli otto sostituti a redigere e trasmettere l’esposto sono stati efficacemente compendiati dal dott. Palmieri, in termini che converrà qui nuovamente riportare: i fatti oggetto dell’esposto erano stati rappresentati al procuratore “in ogni dettaglio… anche con toni qualche volta decisi”, ma non ne era seguita alcuna “reazione effettiva” ed allora, poiché “i colleghi stavano sempre lì”, “gli avvocati pericolosi erano sempre in giro” e vi era il fondato timore della “fabbricazione di prove false”, loro si sono determinati “a chiedere in qualche modo aiuto al Consiglio, con una nota informativa, e all’autorità di Messina per un’esplorazione sui fatti ancora più approfondita”. A sua volta il dott. Grillo ha riferito che “questi fatti sono stati segnalati, ciascuno di questi fatti è stato segnalato… al procuratore, direi tutti… e non abbiamo… io di sicuro non ho mai visto risposte particolarmente dure in questo senso, nonostante la gravità dei fatti rappresentati. Devo dire che l’atteggiamento era come di chi volesse comporre un conflitto tra due fazioni, fra gruppi in contrasto” (pag. 39)”.

“Più diffusamente, nel corso delle audizioni, tutti i sostituti hanno dichiarato di aver dovuto scrivere l’esposto ed inoltrarlo direttamente alla Procura di Messina perché non ritenevano di avere dal procuratore la sponda e l’appoggio necessari per andare avanti nel loro lavoro e per smuovere, o quanto meno efficacemente arginare, il patologico e virulento inquinamento dell’azione investigativa nell’ufficio (cfr., ad esempio, pag. 96 delle dichiarazioni del dott. Pagano, pag. 110 delle dichiarazioni della dott.ssa Guarnaccia, pagg. 118 e 119 delle dichiarazioni della dott.ssa Brianese, pag. 132 delle dichiarazioni del dott. Nitti, pag. 17 delle dichiarazioni del dott. Lucignani)”.

“Tutto ciò considerato, e viste le gravi ed inquietanti anomalie che la complessiva lettura dell’esposto rivelava a qualsiasi lettore disinteressato, appare davvero sconfortante e sintomatico che il procuratore capo abbia assunto un improprio atteggiamento censorio, astioso, conflittuale e punitivo verso i magistrati sottoscrittori, arrivando ad affermare che “l’unica vera anomalia” è stata la presentazione dell’esposto, senza rendersi conto che proprio quella denuncia e quell’esposto hanno dapprima consentito di allontanare dall’ufficio il dott. Longo dalla Procura di Siracusa, per effetto dell’apertura del procedimento ex art. 2 e del conseguente trasferimento in prevenzione, ed hanno consentito altresì di aprire un procedimento penale tuttora in corso; procedimento che, pur nel rispetto dovuto alla presunzione di non colpevolezza, fino ad ora ha dato ampio conforto al contenuto della denuncia, stante la misura cautelare applicata al dott. Longo, all’avv. Amara, all’avv. Calafiore ed ai consulenti dottori Naso, Pace, Verace e Perricone”.

“Le valutazioni e le conclusioni ora riportate sono del tutto condivisibili e vanno qui riaffermate. Preme soltanto aggiungere che dall’ampia ed articolata istruttoria svolta dalla Prima Commissione è risultato smentito l’assunto del dott. Giordano secondo cui “l’esposto sembra essere stato intenzionalmente propalato sulla stampa”: risulta al contrario che gli otto sostituti esponenti hanno mantenuto la dovuta riservatezza ed hanno riferito del contenuto di quanto scritto unicamente nelle sedi istituzionali competenti”.

“Consegue da tutto ciò che l’esposto presentato dal dott. Giordano è infondato e deve essere archiviato”.

“Pertanto, il Consiglio delibera l’archiviazione del procedimento.”

 

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