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Società. La deregulation nell’informazione e la fine del lavoro di giornalista

La figura del vecchio e navigato giornalista assunto e pagato con uno stipendio secondo il contratto nazionale in una redazione da cronista o redattore, volge verso la fine. Quello che rimane è il fascino e la passione e nulla più. Il giornalismo è cambiato; la globalizzazione ha raggiunto anche l’informazione in maniera violenta. Una crisi profonda che si estende ogni giorno di più. Oltre a quella del settore, insiste un marcio che si occulta dietro il nostro sistema dell’informazione in cui a fare il bello e il cattivo tempo sono tanti editori senza scrupoli. Un segnale chiaro arriva dal fatto che non serve il ricambio generazionale e che si va verso la crisi del lavoro di giornalista. L’informazione spazzatura sul Web è già il futuro. Oggi le news ispirano più preoccupazioni globalizzate in questa nostra società che tende a rifuggire dai pericoli esterni che un’aspirazione di classe. Si sogna ormai su Instagram, su Facebook e sul Web in generale. Per l’emozione irrazionale, le fake news sono molto più a buon mercato. Il grande Indro Montanelli in epoca non sospetta, scriveva: “Non posso consigliare a nessun giovane di intraprendere il lavoro di giornalista oggi, perché credo che il giornalismo sia ormai al capolinea.

I tempi d’oro quando un articolo era ben pagato, sono finiti; oggi i pezzi sono retribuiti mediamente 2,50 euro ciascuno fino a 600/700 caratteri, 6 euro per pezzo fino a 5.000 battute, 9 euro per articoli più lunghi; il tutto regolarmente in una posizione precaria e con il rischio querela e intimidazione dietro l’angolo e a proprie spese.

I giornalisti precari sono oggi circa il 60% di quelli contrattualizzati e sono in veloce crescita, con redditi che vanno dai 5000 euro a circa 10.000 nella media lordi l’anno, con spese a proprio carico e con una netta disparità di diritti, tutele e possibilità di contrattazione, rispetto ai colleghi dipendenti più fortunati e che ora rischiano anche loro il posto lavoro a causa dell’accorpamento delle testate. Un ricatto occupazionale e sfruttamento del lavoro, che ledono la libertà di stampa e la qualità della stessa informazione. Una costante minaccia economica con la scoperta che sono la gran parte dei collaboratori esterni, i precari, a tirare la carretta nelle redazioni, con un contributo rilevante e senza tutele. Per arginare la crisi, gli editori stanno studiando un sistema per unificare varie testate in un unico giornale che abbracci più regioni: nord, centro e sud, con buona pace di tanti posti di lavoro e la fine del giornalismo per cedere il passo definitivamente alla deregolamentazione di tutto il sistema dell’informazione.

Concetto Alota

 

 

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