Siracusa. Gettonopoli: il Gip dispone l’archiviazione, ma gli atti finiscono alla Corte dei Conti di Palermo
L’inchiesta della Procura di Siracusa denominata Gettonopoli scaraventò una valanga di fango sulla città di Siracusa. Un’eco che fece il giro del mondo attraverso i Social. Ora tutto si rimodella e si unisce al coro che la Giustizia in Italia funziona lenta e male. E non è vero che non è successo niente; il danno erariale rimane tal quale, anche se la Corte dei Conti era stata a suo tempo informata; ma ora la patata ritorna ai giudici della Procura della Corte dei Conti per i rilievi che il caso impone dopo l’archiviazione e, si badi bene, non è nella sostanza un’assoluzione. Insomma è un capriccio dettato da migliaia di norme e dai possibili mille cavilli giudiziari. Intanto, la Procura di Siracusa ha già inviato gli atti alla Corte dei Conti di Palermo; e questo potrebbe riaprire l’enigma di chi pagherà i danni causati alla comunità alla fine della corsa: i consiglieri comunali o i dirigenti?
La svolta sperata degli imputati. Infatti, il Gip del tribunale di Siracusa Tiziana Carrubba, ha disposto l’archiviazione della posizione di 39 persone, in carica ed ex consiglieri comunali, coinvolti a vario titolo nell’inchiesta denominata “Gettonopoli”. Il giudice ha accolto la specifica richiesta avanzata dai pm Tommaso Pagano e Davide Lucignani. Ora la trasmissione degli atti alla Procura presso la Corte dei conti di Palermo dovrà chiarire e verificare se vi sia stato un danno alle casse del Comune di Siracusa oppure no. Procedimento che ha per oggetto una serie d’ipotesi di abuso d’ufficio in concorso a carico dei consiglieri comunali eletti nel 2013 per condotte che vanno dal settembre di quell’anno al febbraio 2015. L’attività d’indagine è scattata a seguito di una segnalazione avvenuta nel marzo 2015 da parte del Movimento 5 stelle che metteva in evidenza l’eccessiva spesa pubblica del Comune di Siracusa rispetto a quella di altri comuni, anche di dimensioni maggiori. Gli agenti della Digos hanno eseguito il controllo dei verbali di tutte le commissioni consiliari per verificare eventuali violazioni a proposito della percezione del gettone di presenza e dell’indennità legata alla partecipazione alle sedute consiliari. All’esito dell’analisi è risultato che i consiglieri hanno percepito gettoni non dovuti con riferimento a due diverse tipologie di violazioni normative, che stabiliscono che la corresponsione del gettone di presenza in favore dei consiglieri è subordinata all’effettiva partecipazione.
Nel corso delle indagini sono state acquisite documentazioni che si riferiscono all’erogazione delle somme ai consiglieri comunali che partecipavano alle sedute di commissione e sentite numerose persone. Scrive il giudice: “L’esito dell’attività d’indagine ha consentito di accertare che, nel periodo in contestazione gli indagati hanno percepito illegittimamente gettoni di presenza con riferimento alle somme dettagliatamente indicate nell’imputazione provvisoria elevata dal Pm in sede di avviso di garanzia”. Ma per il Gip Carrubba, “L’unica argomentazione difensiva che coglie nel segno (…) è quella che si basa sulla mancata richiesta da parte dei consiglieri comunali del rimborso spettante per ogni seduta. La corretta ricostruzione dell’iter amministrativo necessario all’ottenimento del rimborso ha reso evidente come nessun atto d’impulso fosse stato posto in essere direttamente dai consiglieri per richiedere l’indennità”. I consiglieri comunali, insomma, si sarebbero “limitati a presenziare alle sedute. L’annotazione delle presenze, l’eventuale controllo e la conseguente scrematura delle sedute che davano diritto al rimborso, non spettava ai consiglieri ma ai competenti dirigenti amministrativi”.
Infatti, il giudice sostiene che i dirigenti non abbiano fatto alcun controllo e la scrematura fra le sedute utili e quelle andate deserte “liquidando in modo indiscriminato e illegittimo il gettone di presenza per tutte le sedute presenziate”. A questo punto, il giudice fa notare come “in assenza di un profitto direttamente percepito dai dirigenti e in assenza della prova relativa ad un possibile accordo fra consiglieri e dirigenti, non è possibile sostenere che i responsabili delle liquidazioni abbiano volutamente e intenzionalmente tale controllo”.
Sempre sulla posizione dei consiglieri comunali, il giudice scrive che “dalle risultanze investigative non pare possibile sostenere che gli stessi fossero ignari del fatto che attraverso la moltiplicazione sistematica delle sedute inutili e irregolari percepivano un illegittimo guadagno” e comunque “l’illegittimità che emerge anche a seguito dei rilievi difensivi, non è penalmente rilevante”.
La Procura, come detto, ha però trasmesso gli atti dell’indagine alla Procura presso la Corte dei conti perché ritiene vi sia “un sistema finalizzato alla trasformazione del “munus publicum” in un’occasione di guadagno, perpetratosi per anni all’interno del Comune di Siracusa”. In sostanza, anche in assenza di precise responsabilità penali, i consiglieri sarebbero responsabili, “a livello politico e contabile, di avere percepito somme non dovute ai danni della collettività, creando un calendario di sedute ipertrofico, sproporzionato rispetto alla reale attività da espletare e connotato dalla massiva calendarizzazione delle sedute del tutto inutili”.
Come nasce la “Gettonopoli” siracusana.
Il 3 marzo del 2015 il movimento Cinque Stelle, prendendo spunto dalla “Gettonopoli” agrigentina, pubblica un’inchiesta partendo da presupposto che da diverse settimane le prime pagine dei giornali non parlano altro che dello scandalo “Gettonopoli”, o “Rimborsopoli” che dir si voglia, che portò allo scioglimento del Consiglio Comunale di Agrigento. Lo scalpore provocato dalla notizia sui media costrinse alle dimissioni tredici consiglieri dell’amministrazione della città dei Templi; ma si scopre nel frattempo che nella “scivolata” dell’abuso erano coinvolti anche tanti altri comuni della Sicilia. In merito la Digos siracusana aveva già inoltrato una notizia di reato alla procura della Repubblica di Siracusa per un fascicolo d’inchiesta.
Sulla vicenda siracusana, il portavoce del M5S Stefano Zito, nella lunga inchiesta elaborata, spiegò analiticamente come erano state inoltrate all’amministrazione del Vermexio diverse richieste di accesso agli atti per conoscere il numero delle presenze dei consiglieri comunali e circoscrizionali, soprattutto per avere la possibilità di visionare i verbali delle commissioni consiliari permanenti per verificare i dati sulle presenze dei consiglieri; ma i numeri delle presenze sono “faticosamente” pervenuti, mentre, per i verbali delle commissioni si era in attesa, e dal tam tam mediatico di quelle settimane si può intuire bene il perché. Con un minuzioso e certosino lavoro, il Movimento grillino riesce a mettere insieme nomi e cognomi, raffronti di spesa con altri comuni, compensi e il numero di presenze, insieme al meccanismo che rapportava gli elevati costi, spiegando il come e il perché si era arrivati a quella cifra stratosferica, con l’elenco dei consiglieri comunali che hanno partecipato alle commissioni e i relativi compensi.
Tutto finì sui tavoli della Corte dei Conti, ma anche sui fascicoli d’indagine della Procura della Repubblica di Siracusa e a quella di Palermo. Ma l’implicazione scaturita durante la diretta nella trasmissione della Rai, condotta da Massimo Giletti, “l’Arena”, dove alcuni consiglieri comunali si lasciarono andare oltre le righe, assumendo così i contorni di natura giuridica e dell’obbligatorietà della notizia di reato, compresi alcuni particolari in cui si parlava di minacce e pressioni nella preparazione della gara d’appalto dell’igiene urbana per il comune di Siracusa, facendo finire la vicenda anche in un fascicolo d’inchiesta della Dda, con l’acquisizione della registrazione della diretta Tv e dei tanti articoli dei giornali.
Per la “gettonopoli” siracusana, furono iscritte 49 persone dapprima a “modello 21”, dove sono annotate le notizie di reato pervenute per le quali fin dall’origine devono essere indicato nome e cognome dell’indagato, o di un possibile responsabile che sia individuato dopo l’iscrizione nel registro delle notizie contro ignoti, quarantanove persone tra consiglieri comunali della composizione del consiglio comunale in carica al tempo e della precedente tornata elettorale. Sui nomi fu mantenuto il massimo riserbo, mentre parecchi consiglieri comunali in carica avevano chiesto in quei giorni, ai sensi dell’art. 335 del c.p.p. l’iscrizione o meno nel registro degli indagati e la risposta è stata, nella maggior parte dei casi, positiva.
Le indagini, coordinate dal procuratore capo della Repubblica di Siracusa e delegate alla Digos della questura di Siracusa, seguirono il primo rapporto a notizia di reato della Digos, e subito dopo la denuncia del portavoce del Movimento cinque stelle, Stefano Zito. Gli attivisti del M5S, hanno stilato un raffronto, riepilogando “…come solo nel 2014 l’attuale amministrazione ha collezionato 12.611 presenze tra commissioni e consigli comunali, 1201 riunioni di commissione, cinquantasei consigli comunali, 811.000 € il costo stimato per il funzionamento di consiglio e commissioni, 760.000 € il costo stimato per i rimborsi alle società private, un milione e mezzo di euro il costo totale stimato in bilancio”.
Scrivono ancora i Pentastellati nella lunga relazione, tra l’altro: “Colpiscono i rimborsi di presenze tra consigli comunali e commissioni, di alcuni consiglieri comunali con una media 40,69 presenze al mese (651 presenze in totale) dall’inizio del mandato”.
Nel corso delle indagini sono stati acquisiti verbali delle commissioni consiliari e gli atti della Ragioneria comunale, interrogazioni a tappeto, documentazione alla quale si aggiunge la relazione, redatta dall’ispettore, Francesco Riela, nominato dall’assessorato agli Enti locali della Regione Sicilia all’indomani dell’esplosione del caso. Inchiesta che si presentava come una della più insidiose con oltre 16 mila documenti e due anni d’indagini.
Poche volte nella Storia maggioranza e opposizione sono state accomunate dallo stesso identico destino. Saranno ora i magistrati della Corte dei Conti a dire l’ultima parola su questa brutta vicenda tutta siracusana.
Concetto Alota