Zona industriale siracusana. Bonifiche e lotta all’inquinamento selvaggio tra sussurra e grida, silenzi e connubi, luci e ombre
La protesta del popolo che già da qualche anno combatte contro l’inquinamento selvaggio che si è tenuta a Priolo stamane si può dire soddisfacente, partecipata, anche se il numero dei partecipanti non aumenta più di tanto. E questo è l’effetto di una condizione sub-culturale che tarda a cambiare malgrado il disastro ambientale è certificato ormai in tutte le salse. Assenti non giustificati i politicanti che utilizzano, specialmente in questi momenti bui, l’inquinamento come strumento di propaganda spacciandosi per paladini dell’antinquinamento.
Ma la situazione nei comuni industriali rimane grave. La storia racconta che la realizzazione della prima raffineria ad Augusta, la Rasiom, e a seguire le industrie della chimica di base nel petrolchimico siracusano, fu un evento epocale per gli abitanti dei comuni viciniori che sognarono l’abbandono delle incertezze e delle fatiche dell’agricoltura, della pesca e i lavori pesanti e mal pagati, tradizionali, ma soprattutto di non essere costretti ad emigrare nel nord Italia o all’estero. Nessuno immaginava che la grande industria nascente sul territorio avrebbe causato gravi squilibri ambientali e provocati mille problemi per la salute dei suoi abitanti.
Da un lato le aziende che offrono posti di lavoro, ma dall’altro una politica corrotta e complice del disastro in atto che si è dimostrata non in grado di sviluppare autonomamente un settore industriale parallelo o ingrandire il terziario, oltre che rimodernare verso le rinnovabili le fabbriche della morte. Solo facili finanziamenti a pioggia dello Stato per realizzare siti opifici mai aperti con capannoni, molti di amianto, rimasti in bella vista a certificare il doppio fallimento della politica e dalle industrie che hanno incassato i contributi e scomparsi nel nulla. Alla fine, è venuto fuori un mostro, un avvelenatore che inquina acque, mare, terra e l’aria che si respira. Territorio dichiarato ad alto rischio di crisi ambientale dallo Stato italiano ma abbandonato con il disastro sanitario che non si ferma accumulando ammalati gravi e morti prematuri.
Da qualche tempo si protocolla un interesse che non si registrava da qualche tempo da parte della politica a più livelli; a cominciare dal presidente della Regione Musumeci, da sempre piuttosto schivo ad affrontare tematiche complesse come quella del risanamento ambientale e della bonifiche, stessa cosa per il Governo Crocetta.
Da qualche mese s’intuiscono e s’intravvedono interessamenti a tutto campo, prima forzatamente taciute, con diverse interferenze da parte di soggetti politici e di portatori di specifici interessi economici a favore delle industrie del petrolchimico, tali da condizionare la piazza favorendo l’attività degli ambientalisti, sempre in cerca di soluzioni verso il risanamento del territorio con lotte difficili per la diffidenza della maggioranza della popolazione preoccupata dalla chiusura delle fabbriche. Ma tutti questo anche con un progetto recondito che mira a riconquistare il potere politico verso la lobby della chimica e della raffinazione le cui attività sono messi in dubbio per la presenza perenne di puzza e miasmi, e questo nonostante gli interventi costosi per rimettere a norma gli impianti.
In questa intricata vicenda, è il cittadino a rimanere spiazzato e sbigottito nell’apprendere, peraltro fuori dal sacco, di tanti fatti venuti a galla e raccontati solo in parte dalla cronaca e solo da pochi giornali, di tante altre manchevolezze, stregonerie con tante omissioni nell’ambito di uno scambio di favori galoppante che non ha reso giustizia a tanti onesti cittadini che hanno dovuto subire nel passato tante troppe soverchierie del potere delle industrie in connubio con la politica deviata, marcia, putrefatta. Vi è dunque, un sottile filo rosso che alla fine svaluta la funzione di uomini che cercano forse altri favori e ancora vana gloria nella scalata della propria carriera, in un compito che può togliere la salute a degli innocenti rei soli di essere nati qui nell’inferno sulla terra e assolvere tanti colpevoli, delinquenti o corrotti che siano, poco importa.
La forza dell’intimidazione vince con il vincolo associativo nel gioco delle parti e la condizione di assoggettamento, di omertà, che deriva dalla paura dei colpi di testa annunciati. Ciò è particolarmente vero nelle aree tradizionalmente mafiose, dove più forte è la cultura della sudditanza, ma qui da noi, diventa un modus operante, una necessità che obbliga la legge del favore, come nella favola dei “ladri di Pisa”.
Il vero dramma sono bonifiche che alla fine (forse) non si faranno semplicemente perché mancano i fondi necessari. Si annunciano ma mancano i soldi. Una montagna di denaro che non c’è e forse non ci sarà mai; bonifiche che potrebbero, oltre a risanare il territorio, creare nuovi posti di lavoro. Il guaio che l’Europa non interviene in maniera decisa e concisa. Il fatto grave che periodicamente si legge sulla stampa “amica” d’interventi di politici d’assalto che parlano delle mancate bonifiche nei Sin, nella regola e vecchia maniera della corruzione e nella generalità di un territorio molto contaminato. Una vergognosa speculazione in generale che si registra sui Siti contaminati, dichiarati d’interesse nazionale. E mentre continuano i morti per tumori e bambini che nascono con malformazioni, i dati dello Studio Sentieri parlano di un eccesso di mortalità tra il 4 e il 5% nelle aree ad alto inquinamento intorno ai 45 Sin. Sin che sono tutti contaminati da pericolosi inquinati, specie in Sicilia, come i petrolchimici di Gela, Milazzo e Priolo, comprese le aree portuali di pertinenza; il mare della rada di Augusta è il più inquinato in assoluto. Ancor più grave, quando si vuole nascondere che fuori dal porto di Augusta le acque lungo tutta la costa sud orientale sono inquinate da fanghi contaminati da veleni industriali scaricati dalle industrie nella rada megarese e poi dragati e smaltiti nei fondali marini a poche miglia dalla costa che si sono sparse in lungo e in largo fino; veleni che rimarranno lì, in fondo al mare, fino alla fine del mondo.
Tutte le industrie che si sono succedute nel tempo da oltre 70anni, sono colpevoli di aver provocato un disastro ambientale di proporzioni davvero catastrofiche; e non si può dire che la politica non è colpevole alla stregua delle lobby della chimica e della raffinazione. Poche le bonifiche realizzate, e nella maggior da parte dei casi per opera delle industrie private ma per le parti comuni o a carico dello Stato, come Priolo, Milazzo e Gela, non sono mai iniziate.
Bonifiche ancora nella fase iniziale o mai cominciate che sono al Sud, mentre al Nord la situazione è leggermente migliore, specie in Sicilia si registra l’aggravante che la popolazione inquinata appare ormai senza speranza: la contaminazione ambientale è smisurata e i soldi non ci sono, e, con questi lustri di luna, non ci saranno mai. Nemmeno l’azione giudiziaria è riuscita a smuovere i governi nazionali e regionali che fanno il bello e il cattivo tempo. Anche questo governo dribbla con il suo ministro dell’Ambiente che lascia scorrere il tempo con la scusa di informarsi su come stanno le cose fino alla prossima crisi, e buonanotte ai suonatori. Per non parlare dei tanti sindaci che si sono nel tempo resi responsabili di connivenza.
L’ambiente è stato da sempre svenduto, massacrato, in cambio di posti di lavoro, condizionato e ricattato con connubi, silenzi, sussurra e grida; ma ormai si può parlare di vero disastro ambientale, di emergenza, quindi di un territorio fuori controllo, difficile da bonificare. Un connubio ben consolidato tra industrie e politica. E mentre si denuncia, si accusano le industrie d’inquinare, i detentori del potere politico chiedono ottengono dalle industrie, anche in questo periodo, assunzioni a sfondo clientelari di persone che svolgono una relazione contigua con i grandi elettori; il tutto condito dal segreto dell’inganno per i cittadini.
Concetto Alota