Comune di Siracusa. Tasse e balzelli tutti in una volta: scelta scellerata, cittadini vessati e in forte difficoltà
Incapacità, incompetenza, leggerezza o cosa? Il Comune di Siracusa ha spedito nei giorni scorsi oltre diecimila raccomandate (quelle dichiarate) di messa in mora su ipotetiche tasse non pagate ai siracusani e il sindaco stavolta, a differenza del rinnovo dei loculi al cimitero, ha deciso la strada della diplomazia, anche se a tratti non ha convinto del tutto della sua buona volontà e buona politica. Se fosse vero, sarebbe una rivoluzione.
Excusatio non petita, accusatio manifesta; è una locuzione latina di origine medievale. La sua traduzione letterale è: “Scusa non richiesta, accusa manifesta”. Infatti, il sindaco di Siracusa Italia, parte con la storiella in una nota stampa diffusa nei giorni scorsi: “Lotta all’evasione fiscale, accertamenti in crescita: nessuna azione vessatoria verso chi non può pagare”. Nessuno ha mai parlato di vessazione, semmai di cattiva organizzazione, di ritardi, omissioni e altro ancora. Scrive ancora Italia. “Il Comune tende la mano a chi non paga i tributi locali ed è pronto a guidarlo per mettersi in regola attraverso le agevolazioni previste dalle leggi”. È giusto pagare le tasse, così come aiutare i meno abbienti. La contraddizione sorge nel momento in cui sono stati spediti oltre 10mila avvisi di pagamento, e altri sono in arrivo, e tutti in una sola volta; atto travisato come un innocente avviso di accertamento per omesso insufficiente versamento, ma non è così. Logica deduzione vuole che il comune non sia tanto sicuro in realtà se i cittadini avvisati, disturbati, vessati, hanno pagato oppure no, quanto richiesto. Questa si chiama improvvisazione, disorganizzazione, quando non si cela la possibile “cattiva giocata”: una sorta di “intanto ti accuso di non aver pagato l’Imu, la Tasi o la tassa dei rifiuti e poi vediamo”; ma intanto il cittadino si deve arrangiare, perdere ore, assentarsi dal lavoro, magari con permessi o ferie, correre al Comune, dal commercialista, cercare nei cassetti le bollette di cinque anni fa per dimostrare se quello che gli è contestato è vero oppure frutto di un sistema falloso: in una sorta di dove “coglio coglio”, specie per gli anziani.
In molti casi si tratta di balzelli del 2014, quindi che saranno prescritti a fine dicembre del 2019. Una corsa contro il tempo; e questo fatto la dice lunga sulla fretta intervenuta che potrebbe avere influito del buon esito dell’operazione, oltre di aver ostacolato i necessari e giusti controlli nel tempo dovuto e non con la fretta: “Intanto inviamo a tappeto a tutti la raccomandata prima che scadono i cinque anni e poi si vedrà”.
Un errore sia dal punto di vista della correttezza, sia dal punto di vista giuridico. In merito alcune sentenze hanno ribaltato questo modo di fare; nel conteggio della prescrizione si deve tenere da conto il periodo di 60 giorni necessario perché prima del periodo di prescrizione il cittadino possa poter dimostrare la sua eventuale colpa o innocenza che sia. Sarebbe stato giusto fare recapitare gli avvisi a ottobre e non, come in molti casi, nei primi giorni di dicembre.
La rivolta dei cittadini è condivisibile, l’importante è approfondire il lato giuridico per evitare ingiunzioni e altri pasticci che creano guai peggiori. Quella del sindaco Italia è una presa di posizione che va verso la protesta civile, guerrafondaia perché le tasse vanno pagate certamente, ma l’amministrazione non deve agire alla carlona, usando un metodo per distribuire i pagamenti scaglionati; non si può dopo cinque anni chiedere tre o quattro tasse tutte insieme; incomprensibile poi che sullo sfondo le uniche verifiche sembrano essere quelle per tutelare il fabbisogno del bilancio comunale.
Concetto Alota