Viaggio nel territorio siracusano: colletti bianchi, politica e infiltrazione mafiosa e il tentativo di far risorgere i vecchi clan
Viaggio tra il crimine organizzato nella Provincia di Siracusa. Una volta considerata “babba”, oggi al secondo posto in Sicilia dopo Catania in rapporto alla popolazione per numero di reati che supera notevolmente mediamente i 15mila casi di crimini l’anno, cui bisogna aggiungere quelli cosiddetti di mafia, di competenza della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania. E non a caso il procuratore della Repubblica di Siracusa Sabrina Gambino ha lanciato l’allarme parlando di emergenza causata dalla mancanza di magistrati, di personale amministrativo, cancellieri, funzionari, dirigenti. Un carico di lavoro impossibile senza l’arrivo di nuovi magistrati. Stessa cosa per il numero delle unità della polizia giudiziaria ridotto all’osso e che ha già messo in crisi la piena funzionalità della Procura siracusana, così come in altre sezioni del palazzo di giustizia di Siracusa. L’obbligo dell’azione giudiziaria impegna le forze di polizia che sono insufficienti sui tanti fascicoli nella cattiva amministrazione delle istituzioni pubbliche; i tanti casi in cui sono coinvolti amministratori, dirigenti o semplici impiegati della cosa pubblica, specie nei comuni e nelle società partecipate. La gestione della rete idrica e fognaria, lo smaltimento e il traffico dei rifiuti sia urbani sia industriali, nasconde verità e compromessi tra i privati imprenditori e uomini della pubblica amministrazione. Un capitolo a parte per le tematiche del Petrolchimico con i tanti fascicoli ancora aperti per i tanti reati ambientali che condizionano la vita della popolazione e le tante inchieste che rimangono insoluti per la mancanza di uomini e mezzi tra connubi e ammiccamenti.
La malavita organizzata cambia volto. Dal Piemonte alla Sicilia si moltiplicano i patti tra mafiosi, colletti bianchi, ‘ndrine, politici e massoni con il coinvolgimento inquietante di uomini delle forze dell’ordine e delle istituzioni; e questo avviene in tutta Italia e non solo nella Sicilia, nella Calabria, in Puglia o in Campania da sempre ritenuti territori storici della criminalità organizzata.
Come più volte annunciato dal procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, dopo tre anni d’indagini la risposta dello Stato è arrivata con la maxi-operazione che ha coinvolto tutta l’Italia condotta dai Carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Vibo Valentia, dopo l’ordinanza di custodia cautelare del Gip di Catanzaro su richiesta della Dda a carico di 334 persone. Complessivamente sono 416 gli indagati, accusati a vario titolo di associazione mafiosa, omicidio, estorsione, usura, fittizia intestazione di beni, riciclaggio e altri reati aggravati dalle modalità mafiose. Politici, avvocati, commercialisti, funzionari infedeli dello Stato e massoni figurano tra gli arrestati nella maxi-operazione condotta dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Vibo Valentia con il coordinamento della Dda di Catanzaro.
“L’uso stabile e continuo del metodo corruttivo-collusivo da parte delle associazioni mafiose, determina, di fatto, l’acquisizione in capo alle mafie stesse, dei poteri dell’Autorità Pubblica che governa il settore amministrativo che sconfina nella casa delle istituzioni pubbliche dello Stato democratico ed economico che viene infiltrato”. Così scrive la Direzione nazionale Antimafia nella sua Relazione annuale. “Con l’utilizzazione del metodo collusivo-corruttivo, le mafie si avvalgono sempre della forza d’intimidazione e dell’assoggettamento ma per ottenere il risultato, non usano direttamente della propria forza, ma – con risultati analoghi e generando un totale assoggettamento – quella di altri e cioè dei Pubblici Ufficiali a busta paga”.
Già nel 2016 la malavita in tutto il territorio siracusano e i mafiosi calabresi si erano alleati. I carabinieri scoprirono un via vai di staffette che trasportavano stupefacenti; arrestarono finanche un trafficante internazionale di droga calabrese che da due mesi si nascondeva in un appartamento di un edificio condominiale di Belvedere. Si tratta di Vincenzo Alvaro, 44 anni, originario di Sinopoli, ritenuto appartenente all’omonimo clan, fu arrestato all’alba dai carabinieri del gruppo operativo della Compagnia di Siracusa. L’uomo era destinatario di due misure cautelari emesse dalle Procure di Catanzaro e di Genova, per traffico internazionale di cocaina. Alvaro si era reso irreperibile nell’ultimo anno ma soltanto da una sessantina di giorni si trovava a Siracusa mentre prima aveva girovagato. Le due ordinanze di custodia cautelare in carcere sono l’esito di due distinte indagini, una del Goa della Guardia di Finanza di Catanzaro, che vedevano denunciati 34 persone per traffico di stupefacenti, l’altra dalla polizia tributaria della guardia di finanza di Genova per detenzione e traffico di cocaina proveniente dal Perù e nascosta all’interno di container.
E ancora. Qualche anno fa, un’operazione della magistratura siciliana che ha scoperchiato gli affari criminosi e segreti, con una ragnatela formata da massoneria e politica con 40 indagati a Castelvetrano in cui sono coinvolte un ammasso di logge massoniche e uomini della politica, colletti bianchi e illustri sconosciuti, riapre la domanda che da qualche anno non trova più risposta: Che fine ha fatto il super latitante Matteo Messina Denaro?
Alcuni anni fa anche il territorio lungo la costa siracusana e ragusana, tra Pachino e Pozzallo, fu interessato alle indagini sulla ricerca del boss Matteo Messina Denaro; uomini vicini al super latitante furono intercettati dai carabinieri, ma dopo pochi giorni le poche tracce sparirono nel nulla.
E ancora. Pochi giorni fa, l’associazione antiracket di Lentini e Carlentini ha lanciato l’allarme sugli episodi di criminalità nel territorio dei due comuni viciniori, adiacenti a Catania. Aggressioni, rapine, usura ed estorsioni nei confronti di commercianti e imprenditori.
Siracusa è la seconda provincia dopo Catania per numero di reati: Catania al 28esimo posto, seguita da Siracusa al 29esimo, mentre Palermo è solo 33esima, seguita da Trapani in 45esima posizione. Enna, la più sicura al 99esimo posto. Dalla Procura della Repubblica di Siracusa fanno sapere che, in questo periodo di fine anno, le denunce pervenute sono vicine alla quota di 50 al giorno per le tante truffe on-line. Lo shopping natalizio non deve essere superficiale ma necessariamente essere realizzato con la massima attenzione. Tanto su smartphone quanto su tablet occorre utilizzare solo Appel ufficiali del negozio online. Sulla rete è possibile trovare ottime occasioni ma si deve diffidare di quelle offerte troppo convenienti rispetto all’effettivo prezzo di mercato del prodotto che si vuole acquistare. Dietro una proposta economicamente troppo vantaggiosa si potrebbe celare una truffa oppure il prodotto potrebbe pure essere palesemente falso. Sempre la Procura di Siracusa suggerisce di utilizzare le carte di credito ricaricabili che sono le più sicure e meno esposte alle possibile truffe on-line. Occorre infine prestare la massima attenzione alle mail o agli Sms che invitano a cliccare su di un link al fine di raggiungere una pagina web trappola. In ogni caso, qualora si rimanesse vittima di una truffa online, occorre rivolgersi prontamente alle Forze di Polizia oppure allo Sportello Unico della Procura di Siracusa per presentare una necessaria denuncia-querela.
E ancora. Mafia, droga e affari, ‘ndrine calabresi, clan palermitani e picciotti siracusani; 25 gli arrestati nell’ottobre del 2017 a Catania un’operazione antidroga della Squadra Mobile nei confronti di commercianti e spacciatori di droga che operano in diversi quartieri di Catania e nella provincia e che avrebbero collegamenti con le ‘ndrine calabresi e con gruppi di lavoro palermitani e siracusani. Gli uomini della squadra mobile della Questura di Catania, su delega della Procura Distrettuale, hanno eseguito 25 arresti in Sicilia e Calabria. Gli investigatori hanno potuto vedere all’opera uno dei più agguerriti gruppi di narcotrafficanti di stupefacenti che giungeva a Catania per finire anche nel mercato di Palermo e in quello di Siracusa, direttamente dal territorio di Gioia Tauro e nel Cosentino.
Il territorio siracusano rimane nella logica della criminalità organizzata, anche se dormiente, satellite ai clan della mafia catanese e legata da buoni rapporti con la ‘ndrangheta. I politici rimangono una cinghia di trasmissione importante nel favorire in cambio di voti a vaste fasce di popolazioni meno abbienti, coì come nell’abusivismo commerciale, artigianale, edilizio, nel procurare posti di lavoro precari, spintarella nelle pratiche per le pensioni d’invalidità, nelle assegnazioni e nelle compravendite delle case popolari, nel reddito di cittadinanza e tanto altro ancora; e questo allo scopo di aggraziarsi le famiglie in cambio di voti e a volte “favori”. Nella lista emergono le zone tra Lentini, Carlentini e Francofonte in cui domina indisturbato il clan Nardo-Santapaola; poi Avola, Noto e Pachino; il capoluogo con le sue alternanze; spicca determinata e con un’assidua condizione criminale a Priolo, dopo una stagione di veleni tra la politica seguite da una seria di atti intimidatori tanto da costringere il sindaco Gianni all’installazione di un sistema di video sorveglianza deterrente all’escalation criminale che ha colpito la cittadina industriale su più fronti: nei fatti privati, così come per i vecchi veleni della politica, con diversi fascicoli d’inchiesta in sofferenza sui tavoli della Giustizia. Il capoluogo Siracusa, così come Floridia per una piccola parte, rimane il regno della droga per numero degli addetti ai lavori e per il fatturato; opera da grossista per il resto dei comuni da rifornire per certi tipi di stupefacenti pesanti, come la cocaina.
Le indagini della magistratura antimafia da parte della Dia sulla criminalità organizzata nella provincia di Siracusa dimostrano il continuo e costante tentativo di ristrutturazione nel far risorgere gli organismi centrali dei vecchi e storici clan dell’organizzazione malavitosa. In particolare si vorrebbe creare una sorta di nuova e inedita ordinazione provinciale, sulla logica mafiosa della capitale Palermo, in una sorta di direzione dell’organizzazione criminale territoriale. La Direzione Nazionale Antimafia già da qualche anno conferma che il territorio siracusano rimane satellite, così come per il passato, a quello catanese, insieme ai rapporti d’affari per il fiorente mercato della droga leggera e pesante a Siracusa e provincia, che rimane un luogo dove l’organizzazione criminale esprime la propria vitalità imprenditoriale, sia sul piano strategico, sia nell’intelligenza operativa, dando concreta attuazione alla tattica mirata per evitare le mutevoli esigenze imposte dall’attività di repressione svolta copiosa e ben organizzata dalle forze di polizia e dell’autorità giudiziaria. Si registra nei rapporti d’affari per gli stupefacenti e il contrabbando in genere un ossequioso rispetto dei patti concordati per la gestione dei territori. Inoltre, si conferma in generale come i clan sono in una situazione di crisi economica; sostanzialmente pagano le abbondanti perdite di partite di droga causate dai sequestri avvenuti copiosi negli ultimi tre anni dalle forze di polizia. Non ci sono, però, al momento in azione personaggi di particolare carisma criminale e nemmeno in libertà unità operative per atti punitivi violenti o di vendetta, ma ultimamente i gregari avrebbero preso decisioni punitive nei confronti di chi ha sbagliato e nello stesso tempo si registra la presenza di una consorteria collaborativa tra gli addetti ai lavori. Nell’insieme si registra un rinnovato interesse per il traffico di stupefacenti e per la gestione del gioco d’azzardo, sia legale sia illegale, mentre il fenomeno dell’estorsione rimane nei termini minimi della richiesta di pochi spiccioli per la sopravvivenza e che di solito la richiesta avviene tra vecchi amici e conoscenti tutti quasi a tappetto e pochi soldi; inquietante e in forte aumento i prestanome che si dedicano alle attività produttive di proprietà di malavitosi.
La speranza della Corte europea di eliminare l’ergastolo ostativo, tutela fino ad oggi della collettività, dello Stato, ma la scarcerazione dei boss condannati al carcere a vita ha fatto sperare ai giovani aspiranti mafiosi la rinascita organica dei vecchi clan. Grave che ergastolani impenitenti, calpestino i diritti delle vittime; un ergastolano in permesso può darsi alla fuga; un pluriomicida libero è un gran pericolo per la popolazione. E non è giusto esser deboli con i grandi boss e forti contro i piccoli reati. Molti delinquenti penseranno di poter commettere qualunque crimine, tanto alla fine usciranno di galera; ma diminuiranno anche i pentiti, perché potranno uscire anche senza collaborare. Tutto questo ha fatto sensibilmente aumentare le gesta dell’attività criminale di gregari e picciotti che finora si sono occupati dello spaccio della di droga, con intimidazioni, che confermano come la malavita organizzata siracusana tenta di riorganizzarsi, rinvigorita dalle notizie di stampa che annunciano la possibilità di far ritornare i boss detenuti in campo. L’esempio di un caso a Messina, dove nei giorni scorsi sono stati arrestati cinque ex pentiti di mafia. Avevano ricostituito il vecchio clan. Erano ritornati in Sicilia per gestire estorsioni, traffico di droga e altri crimini.
Oggi nel territorio siracusano quella mafiosa in buona parte si può definire un’attività “sommersa” o “invisibile”; non fosse altro perché non ci sono notizie certe su tutte le altre e nuove attività svolte dagli uomini dei clan che si stanno riorganizzando; confermano tale siffatta condizione i comportamenti e il modus operanti dei collaboranti, manovali e gregari selezionati e la ripresa delle estorsioni, il controllo del gioco d’azzardo, del traffico della droga in modo magnifico, del pizzo sulla prostituzione, sulle attività imprenditoriali, il controllo del territorio; dunque, la ripresa dell’approccio tradizionale dei vecchi clan mafiosi con la società si salda con l’economia e con la politica, segno che in realtà sta cambiando qualcosa: una mafia più imprenditoriale che stragista. La qualità organizzativa è strutturata e ben organizzata; le tecnologie sono in uso continuo e diffuso. Videocamere, vedette con sistemi nuovi di trasporto e spaccio della droga. Si trovano ormai palese tracce evidenti all’interno della pubblica amministrazione. Uomini delle istituzioni, entrati in connubio con pezzi della malavita organizzata. I sub appalti sono sotto il controllo di una branca della malavita organizzata siracusana e catanese, quella che partecipa alle competizioni elettorali, ed è presente nei comitati d’affari.
Più di tutte le cose fa paura la nuova frontiera delle organizzazioni mafiose postmoderne, dove sono sempre si più coinvolti magistrati, giudici, funzionari pubblici, avvocati, uomini della politica. La nuova mafia fa sempre più leva sul sistema della corruzione coinvolgendo dall’imprenditore al politico mostrando come il radicamento nel tessuto sociale e nelle amministrazioni sia stato sempre il suo obiettivo.
Il traffico di droga rappresenta l’affare del secolo per le organizzazioni mafiose ed è un fenomeno che agisce in grande profondità con miliardi di fatturato. La droga si nutre in gran parte della disperazione della gente così come il gioco d’azzardo, l’usura, con la crudele conseguenza di lasciarne le vittime in stato di bisogno e incapaci di trovare una liberazione generale.
Nel luglio del 2018 la Dda di Catania coordina un’operazione antimafia denominata “Araba Fenice” condotta dalla Squadra Mobile di Siracusa su delega della Dda di Catania sono state arrestate 19 persone su disposizione del gip del Tribunale etneo.
Le indagini hanno documentato nel periodo dal maggio 2015 sino al maggio 2017, la presenza del clan Giuliano che operava nei territori a sud della provincia aretusea, tra Pachino e Portopalo di Capo Passero, capeggiato dal boss Salvatore Giuliano, che riusciva a condizionare le attività economiche della zona, ottenendo indebiti vantaggi, e di compiere una serie di attività illecite che volteggiavano dalle estorsioni, al traffico di sostanze stupefacenti, all’incarico di furti ad abitazioni ed aziende agricole.
Lo stato della malavita organizzata in tutto il territorio della Provincia di Siracusa. Nella relazione della Direzione Investigativa Antimafia, si deduce più volte negli anni che “il panorama criminale siracusano continua a caratterizzarsi per l’operatività di consorterie riconducibili a due principali gruppi Bottaro -Attanasio e Nardo-Aparo-Trigila, a loro volta legati, rispettivamente, al clan Cappello e a cosa nostra catanese; in particolare alla famiglia Santapaola, da cui traggono sostegno e legittimazione. Non sono modificati gli ambiti territoriali d’influenza e le frange degli schieramenti attivi in determinati quartieri della città o nei Comuni della Provincia. L’assenza di conflittualità sarebbe in parte garantita da accordi di non belligeranza, in parte conseguente allo stato di detenzione di elementi di spiccato spessore criminale appartenenti ad entrambi gli schieramenti. Ciononostante si continuano a registrare condotte tipicamente mafiose, com’è stato riscontrato in esito ad un’indagine condotta nei confronti di appartenenti al clan Nardo di Lentini, responsabili di estorsioni, danneggiamenti, traffico di stupefacenti, con l’aggravante dell’associazione armata. Proprio nei confronti di un esponente del clan – si legge nella relazione-, nel mese di febbraio, il Centro Operativo Dia di Catania ha eseguito il sequestro di vari immobili, di cinque aziende e cospicue disponibilità finanziarie, per un valore complessivo di oltre 7 milioni di euro, a seguito di un’attività coordinata dalla Procura di Caltanissetta. L’importanza del citato clan nell’ambito delle interazioni con cosa nostra catanese è stata, tra l’altro, confermata da un’operazione di polizia che ha messo in luce il ruolo di tramite svolto dai Nardo tra le famiglie mafiose di Caltagirone, quella di Lentini, e i Santapaola di Catania, per la ripartizione di incarichi e compiti operativi. Anche in questa provincia, al pari di quella trapanese, le attività connesse alla produzione di sostanze stupefacenti stanno assumendo un particolare rilievo. Importante la scoperta nelle contrade di Renna di Noto, di una piantagione di cannabis, realizzata con il coinvolgimento di individui di nazionalità straniera. Le piante occupavano una superficie di circa 15.000 mq ed erano protette da serre-tunnel. Non sono, infine, mancati episodi dal chiaro tenore intimidatorio rivolti ad esponenti della Pubblica Amministrazione”.
Concetto Alota