Società. Una Pasqua triste ma di speranza, mentre la politica è sorda al grido di dolore del popolo
Una Pasqua diversa, di dolore, soli, triste e di passione più del solito, ma anche di buono auspicio e di speranza per i mille problemi che ha generato l’emergenza del Coronavirus; tra le tante altre cose, ha messo in difficoltà la vita comunitaria della Chiesa. Sospendere le celebrazioni religiose aperte al pubblico, è stato traumatico per i credenti, costretti a rinunciare alla dimensione comune della fede che in queste occasioni di dolore e si speranza si rafforza. (foto realizzata in Piazza del Popolo a Palazzolo)
La Pasqua è la festa liturgica più importante per il cristianesimo. Soppiantata da alcune tradizioni pagane più allettanti per la società moderna del consumismo sfrenato, rappresenta e celebra i tre momenti fondamentali del cristianesimo: la Passione, la Morte e la Resurrezione di Gesù Cristo. Si pone come nucleo del tradizione liturgica e teologica del cristianesimo.
La Pasqua rappresenta il raccordo, la matrice giudaica del cristianesimo e al tempo stesso, l’attimo di affrancamento da tale matrice. La festa cristiana viene assunta dalla celebrazione della liberazione del popolo di Mosè dalla schiavitù in Egitto, festeggiata in occasione del primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera.
Tuttavia, nelle difficoltà di questi momento di sofferenza nel mondo intero, nascono nuove alleanze, idee e desideri, come trasformare la vita in un vivere più consono alla civiltà moderna, meno frenetica e a misura umana. L’augurio che sia una Pasqua capace di ammorbidire i cuori dei governanti, ma anche i nostri per renderli più buoni, onesti e sinceri, capaci di riconciliarci con il Prossimo, con amici e parenti, con i vicini di casa ma soprattutto con Cristo, con chi soffre a causa di una malattia, con i reclusi che scontano la pena per i reati e i peccati commessi. Con i rappresentanti della politica affinché trovino soluzioni ai mille problemi dei cittadini, con gli ultimi, con i disoccupati per la mancanza dei posti lavoro, causa principale che porta a delinquere, con gli anziani trascurati. Bando alla corruzione a tutti i costi. Si spera un ritorno alla normalità nella gestione della Sanità pubblica da tempo abbandonata che sta causando morte e dolore; al bando speculatori e truffatori che stanno approfittando della pandemia per guadagnare soldi sulle spalle della povera gente, compreso il cibo e articoli per la difesa della vita, come le mascherine e i medicinali. Un peccato che non ha spiegazioni ma che ci riporta tra le tenebre del diavolo tentatore.
Ci accorgiamo solo in questi giorni di emergenza, serenità e privazione forzata della libertà, come la Sanità sia diventata un affare riservato a pochi intimi, ai soliti privati in connubio con la politica corrotta, trasferendo i posti letti nelle cliniche private e chiudendo gli ospedali pubblici. Di quale dimensione è la corruzione nel settore con l’affare mascherine e non solo, è difficile qunatificare. La critica avrebbe potuto servire da stimolo, nel contesto della crisi esistenziale in cui ci siamo relegati, ma non è gradita dal potere politico. La situazione in generale nonostante gli slogan, non è affatto migliorata: basta sfogliare la cronaca per capire che non si può far finta di niente; tutto appare abbandonato e malgrado i proclami della politica i problemi restano, e se non trovano soluzione, e nemmeno ascolto, fermentano e si trasformano in qualcosa di molto rischioso, in una crisi di grande dimensioni tale da restare immobilizzati e abbandonati al destino dei vinti.
Per rimanere a casa nostra, Siracusa, siamo ancora fermi a discutere sul futuro del nuovo ospedale, del nuovo cimitero, delle strade colabrodo, cosa fare dell’area Spero, della costruzione strada del mare. Siamo ancora alle prese con i cassonetti insufficienti della differenziata che ci costringe e gettar la spazzatura in mezzo alla pubblica via, del traffico caotico, all’abbandono del porto turistico, del cine-teatro Verga, del circuito automobilistico, dei mille problemi ancora irrisolti, dei cantieri fermi, della manutenzione delle strade extraurbane e dei ponti in forte ritardo. Cose solo immaginate dalla politica, cui è seguita una lunga fase di vuoto estenuante con un consiglio comunale che fa harakiri e la città che attende ancora di capire se ci siano state oppure no brogli nelle votazioni della ultime amministrative.
Le uniche grandi opere capaci di catalizzare l’interesse dei cittadini hanno finito per riguardare solo gli investimenti delle multinazionali della chimica e della raffinazione, di fatto, i padroni del vapore economico e r di riflesso politico, che dettano le condizioni e inquinano liberamente con il connubio di certa politica.
Un tirare a campare non è abbastanza. L’onestà, da sola, non basta più. Servono competenza, visione, coraggio di rischiare. Serve assolutamente un progetto forte che faccia il bene dei cittadini nel lungo termine e non quello dei suoi amministratori nel breve, che sfruttando la proverbiale operosità e generosità del popolo e si costruiscono un’immagine da spendersi nel contesto politico globale.
Disoccupazione oltre ogni limite, traffico congestionato, inquinamento atmosferico, assenza di verde, inefficienza amministrativa, criminalità organizzata e non, situazioni di marginalità diffusa, sono certamente piaghe antiche, peggiorate parallelamente al crescere della città e del malcontento.
Una Pasqua senza messa. Triste. Il suono delle campane da solo non basterà a farci risorgere dalle palude dell’inferno sulla terra in cui ci siamo relegati. La speranza di un futuro migliore è l’ultima cosa che ci rimane. Una veglia pasquale insieme a quella della vita di tutti noi.
Le feste scandiscono il tempo del vivere quotidiano. Pasqua è una festa importante, nobile. Sul piano dell’immagine, in questa nostra società corrotta e dei consumi ad ogni costo con la regola perpetua di consumare per produrre e produrre per consumare, l’ha fortemente trasformata in una festa promiscua tra il sacro e il profano e di accettarne supinamente il doppio ruolo di festa religiosa e del consumismo sfrenato; la stessa cosa di può dire del Santo Natale, che si conclude, nella maggior parte dei casi, con una irrazionale scorpacciata.
Concetto Alota