Sequestro beni Crispino, la difesa: “Messina sperequazione “
Giuseppe Crispino, il 42enne netino ritenuto affiliato al clan Trigila, chiederà una super perizia per stabilire il reale valore dei beni che gli sono stati sequestrati dai poliziotti della Divisione anticrimine di Catania e da quelli della squadra mobile di Siracusa su delega della Procura distrettuale antimafia e con provvedimento della sezione Misure di prevenzione del tribunale etneo. L’avvocato Antonino Campisi ha preannunciato il deposito di una memoria in cui contesta il valore dei beni sequestrati che, per gli inquirenti ammonterebbe a mezzo milione di euro.
Per la difesa non vi sarebbe alcuna sperequazione tra il reddito dichiarato da Crispino e il valore del patrimonio oggetto di sequestro. “L’elenco dei beni intestati a Crispino o a persone della sua famiglia – dice il legale – sono rappresentati da una casetta alla periferia di Noto, con accanto un garage grezzo, immobili per i quali era stato sottoscritto un compromesso ma l’atto di compravendita deve essere ancora stipulato, e poi una casa in campagna, ex capanno in ferro rivestito e adattato a uso abitativo. Il Suv sequestrato è un’Audi Q5 acquistata di seconda mano con finanziamento, e poi i mezzi e gli attrezzi da lavoro edile che utilizzava per la ditta per cui lavorava”.
La memoria sarà depositata al tribunale di Catania, sezione misure di prevenzione, davanti al quale è già stata fissata l’udienza per il 24 febbraio. Crispino, detto ‘u vabberi, si trova detenuto nel carcere di Terni dall’estate del 2018 dopo essere stato arrestato dai poliziotti della squadra mobile che lo hanno trovato in possesso di quattro pistole, munizionamento e oltre mezzo chilo di cocaina purissima. Mentre si trovava in carce4re è stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare nell’ambito dell’operazione antimafia, denominata “Araba fenice”.