Un omaggio al Carnevale di Melilli, nel racconto della sua tradizione
E’ di una lunga “tradizione” a cui si fa riferimento quando si riflette sui significati profondi che la festività del Carnevale ha sedimentato nella Terrazza degli Iblei. Come di consueto, anche questa edizione, la sessantatreesima dall’anno in cui la festività fu ufficializzata a livello comunale, nel lontano 1958, avrebbe infiammato tutta la città, mobilitato giovani, bambini, artigiani, “comitive”, dando vita a quell’incantevole intreccio di storia, sapienza artigianale e, inevitabilmente, divertimento, che assurge, ogni anno, a uguale denominatore per tutta la comunità. Per raccontare cosa rappresenta il Carnevale per Melilli e, di conseguenza, cosa abbia significato rinunciare ad uno degli eventi maggiormente radicati nel cuore e nell’animo di ciascuno dei suoi abitanti, si potrebbero passare in rassegna innumerevoli immagini di repertorio, storie, racconti, ma difficilemte queste codificherebbero la vera natura della festa, quella che trova significato nel fervore che, indistintamente, ogni melillese, sin dal termine dei festeggiamenti per l’ottavario del Santo Patrono San Sebastiano, il 27 gennaio, avverte e traduce in passione e cura riversata nel perfezionamento dei carri allegorici e nella preparazione dei costumi per le sfilate dei gruppi in maschera. La cura e l’attenzione al dettaglio, nelle fasi preparatorie della festa, blinda tutta la città e la trasforma in un vero contenitore creativo. Ciascuno sacrifica parte del proprio tempo, delle proprie passioni, del proprio lavoro per dar vita a qualcosa che deve lasciare, di anno in anno, una traccia qualitativa sempre più alta nel racconto che verrà poi tramandato ai posteri.
“Pi cannaluari si sfa lu maiali” e di usi e costumi sul Carnevale di Melilli racconta, già nel lontano 1918, il demologo melillese Sebastiano Crescimanno, ponendo l’accento sulle abitudini alimentari tipiche della festività (il sanguinaccio, la scorpacciata di carne e maccheroni al sugo di maiale divorati avidamente con le mani il giovedì grasso, ecc…) e sul frastuono di colori e maschere che impreziosivano le stanze delle abitazioni private, adibite a vere e proprie sale da ballo, al ritmo di quadriglia, mazurca e walzer. “Mascherarsi” vuol dire rappresentare, fino a che l’ordine e il rigore non tornino a prendere il sopravvento, l’opposto di ciò che si è, ribaltare la realtà con la fantasia, lasciare che gli unici attori siano le allegorie del reale; e fu così che nel 1936, a Melilli, si diede vita al primo carro allegorico intitolato“Vivere – Non si muore mai”, a cura dei giovani della comitiva detta “Sommergiata”, destinato ad inaugurare una lunga tradizione artigianale e una consuetudine sociale perpetuatasi fino ai nostri giorni. Non esistevano ancora premi né tantomeno era stata ufficializzata una competizione per le mascherere e i carri allegorici più belli, tuttavia, si insinuava nell’animo di uomini e donne il desiderio di affinare sempre di più le capacità creative, manipolative, artigianali, accompagnate da una capacità di lettura, attenta e puntuale, di tematiche sociali, politiche e culturali, tali da dar vita a prodotti sempre più originali nella bellezza dei colori e delle fattezze e nella significatività della tematica trattata. Fu nel periodo successivo al dopoguerra che a questa prima comitiva se ne affiancarono delle altre (i Vermicelli e i Capuni) fino a che fu
l’amministrazione stessa, alla fine degli anni ’50, prendendo atto dell’importanza che questa ricorrenza rivestiva ormai da tempo, ad istituire dei premi per i carri allegorici più belli ai quali era consentito sfilare solo nella giornata del martedì grasso. Da notare che proprio le sfilate dei carri per le anguste vie del centro storico hanno sempre dato filo da torcere ad artigiani e carristi, lanciando, di anno in anno, una vera e propria sfida: realizzare prodotti spettacolari nelle loro fattezze ma, al contempo, limitati nelle dimensioni al punto di poterle attraversare senza problemi!
Per accrescere la spettacolarizzazione delle vie del centro, negli anni ’80, si diede inizio anche alle sfilate dei gruppi in maschera, in cui si è sempre contraddistinta la maestria delle sarte locali e, successivamente, a quella delle macchine buffe.
Re Carnevale, in apertura, sfilate di carri, maschere e spettacoli fino alla giornata del martedì grasso, avrebbero reso, anche quest’anno, Piazza San Sebastiano, il vero cuore pulsante della festa. Nonostante tutto, è Carnevale; da vivere nell’attesa delle prossime edizioni e nella preziosa consapevolezza del suo valore identitario per tutta la comunità melillese.