Dalla Cisl un riconoscimento alla Fondazione Eligia e Giulia Ardita
In occasione della giornata internazionale della donna, la segretaria generale della Cisl, Vera Carasi, ha consegnato una targa presidente della Fondazione Eligia e Giulia Ardita. Una targa è stata consegnata anche al presidente Valentino De Ieso e ai componenti dell’associazione nazionale carabinieri, impegnati quotidianamente nelle attività a favore della collettività siracusana. Alla cerimonia hanno partecipato la presidente della Fondazione, Maria Infantino, di Luisa Ardita, sorella dell’infermiera vittima di femminicidio, la cerimonia è stata condensata in concetti ben scolpiti.
“Il riconoscimento – dice Infantino – è importante perché siamo convinte che soltanto l’attenzione per le persone fragili e l’ascolto costante del loro disagio, rappresentino gli elementi fondamentali per aiutare chi vorrebbe denunciare molestie, maltrattamenti e violenze”.
La Fondazione dedicata ad Eligia Ardita da sei anni è presente sul territorio per stare al fianco di coloro che
La violenza ottusa, cieca consumata tra le mura domestiche prende le sembianze di Antonella Russo, Eligia Ardita, Laura Pirri, Laura Petrolito, Loredana Lopiano, Giuseppina Ponte. Sono donne siracusane che negli ultimi otto anni, sono state vittime di femminicidio in un territorio dove quasi ogni giorno carabinieri e poliziotti sono costretti a intervenire per sedare liti, aggressioni, maltrattamenti ai danni di persone deboli; quasi ogni giorno piovono denunce per stalking, molestie e lesioni personali ma sono ancora moltissimi i soprusi e le prevaricazioni inghiottiti dalle lacrime di chi subisce in silenzio e chissà per quale istinto, chissà per quale senso di protezione del prossimo, preferendo la sofferenza interiore, i lividi sul volto e sul corpo anziché, costi quel che costi, liberarsi dal giogo di pressioni psicologiche e violenze fisiche.
Ogni caso di femminicidio spezza le vite di persone fragili che hanno creduto di cambiare l’indole violenta di mariti e compagni, trascinando nel pozzo senza fondo del dolore anche i loro familiari e spesso a pagare un prezzo salatissimo sono i figli, sangue del nostro sangue. Nella giornata della donna è proprio agli orfani di vittime di femminicidio che corre il pensiero e a come tutelarli. Misure e risorse sono state introdotte con la legge di bilancio per il 2018. Gli stanziamenti sono stati quindi incrementati con la legge ad hoc a tutela degli orfani per crimini domestici la numero 4 dell’11 gennaio 2018. Appena quattro mesi dopo, quella legge ha trovato la sua prima applicazione a Siracusa dove il gip Andrea Migneco ha accolto la richiesta della Procura di disporre il sequestro conservativo dei beni mobili e immobili, per il valore di un milione di euro, di Paolo Cugno, il bracciante agricolo di Canicattini che il 17 marzo 2018 ha ucciso la compagna, Laura Petrolito, a coltellate, e per tale motivo a settembre si è visto confermare dalla Corte d’assise d’appello la condanna alla pena di 30 anni di reclusione. La giovane, di 20 anni, ha lasciato due figli, una bimba di 10 mesi, avuta con Cugno, e un bimbo di 3, avuto da una precedente relazione.
Con quella norma per la prima volta il Parlamento s’impegnava a farsi carico dei problemi quotidiani degli orfani della violenza domestica, prevedendo aiuti per l’assistenza medica e psicologica oppure per «orientamento, formazione e sostegno» a scuola e nell’inserimento al lavoro. Poi è stata varata la legge “Codice Rosso” del 19 luglio 2019 che ha previsto l’estensione dell’ambito di applicazione anche alle famiglie affidatarie, per finire con la legge pubblicata il primo luglio dello scorso anno che prevede misure a sostegno degli orfani di crimini domestici. Una legge che colma una lacuna ma che non è abbastanza. A sostenerlo è Nancy Mensa, 26 anni, avolese la cui madre, Antonella Russo, infermiera, è stata uccisa a fucilate il 13 agosto 2013 mentre teneva in braccio il figlioletto di appena 4 anni. A sparare è stato il marito della vittima e padre di Nancy, il gommista Antonio Mensa di 55 anni, che subito dopo si è tolta la vita. Da quel giorno la vita di Nancy, della sorella Desirée e del fratello è stata stravolta.
A chi le chiede se la normativa sia esaustiva, Nancy, che appena un anno fa si è laureata in Giurisprudenza, lavora in banca a Milano e sogna di fare il magistrato, ha commentato: “Non è abbastanza perché non ci tutela concretamente. Lo Stato ha abbandonato me e i miei fratelli. Con il mio avvocato Emanuele Tringali mi sono battuta per dare un senso al dramma subìto, per dare voce a tutti quelli che come me si sono ritrovati senza genitori e ottenere una legge che ci equiparasse agli orfani delle vittime della mafia, del terrorismo e di attentati contro l’ambiente come l’inquinamento d’amianto. Purtroppo non ci è andata bene».
In buona sostanza, le norme emanate sulla carta sono piene di buoni propositi, ma nei fatti sono inadeguate a rispondere alle reali esigenze degli orfani. “La legge numero 4 dell’11 gennaio 2018 – dice Nancy – ha introdotto tutele come l’accesso al gratuito patrocinio, la sospensione della pensione di reversibilità all’omicida, la possibilità di modificare il cognome. A cosa servono? Abbiamo bisogno di ben altro aiuto. Lo stesso vale per la recente legge del 16 luglio 2020: stabilisce borse di studio e aiuti per trovare un lavoro, ma non abbiamo ancora visto nulla».