Operazione Bronx 2.0: il tribunale infligge condanne per oltre 70anni di reclusione
Il tribunale ha inflitto condanne per oltre settant’anni di reclusione a carico dei cinque imputati, coinvolti nell’operazione denominata “Bronx 2.0”, perché ritenuti parte integrante di un’associazione finalizzata al traffico di cocaina, hashish e marijuana. La sentenza, nell’ambito del processo che è stato definito con il rito abbreviato, è stata emessa ieri pomeriggio dal tribunale penale, che è andato oltre le richieste di condanna formulate dal pubblico ministero Salvatore La Rosa della Dda di Catania. La condanna più severa è stata irrogata a carico di Riccardo Di Falco, condannato a 21 anni di reclusione, in continuazione con una precedente sentenza. 20 anni di reclusione deve, invece, scontare l’ex infermiere Giuseppe Scordino mentre Francesco Salemi è stato condannato a 12 anni e 8 mesi di reclusione. Il tribunale ha inflitto la pena di 11 anni e 4 mesi di reclusione a Carmelo Nillo, mentre ha inflitto la pena di 8 anni e 10 mesi di reclusione a carico di Francesco Capodieci.
La sentenza di ieri è l’epilogo di una lunga e articolata attività d’indagine da parte dei carabinieri del nucleo operativo della Compagnia del capoluogo, culminata con gli arresti, operati nel febbraio dello scorso anno. Dopo la prima operazione, scattata tre anni addietro e conclusa nel luglio del 2019 con la condanna a carico di 18 persone per complessivi 188 anni di reclusione, con l’operazione “Bronx 2.0” i militari dell’Arma hanno assestato un altro colpo a coloro che avrebbero continuato a spacciare in via Marco Costanzo, una delle più note e frequentate piazze dello spaccio, meglio nota come Bronx.
Dalle indagini è emerso che gli spacciatori si erano organizzati in associazione, caratterizzata dalla suddivisione dei compiti tra coloro che ne facevano parte. Venivano confezionate le dosi giornaliere di stupefacente poi distribuite agli spacciatori organizzati in veri e propri “turni di lavoro”, in modo tale da garantire le cessioni di stupefacente senza soluzione di continuità durante l’arco dell’intera giornata. Per eludere l’intervento delle forze dell’ordine, l’organizzazione si avvaleva di apposite “vedette” posizionate strategicamente in anfratti e anche sulle terrazze dei palazzi in grado, quindi, dare l’allarme sull’eventuale arrivo di pattuglie delle forze dell’ordine o di altre persone che avrebbero potuto costituire un intralcio alla loro attività illecita.
Nonostante il duro colpo subito, l’organizzazione ha, quindi, continuato a operare attraverso gli imputati, i quali, attraverso un referente, incaricato di ricevere disposizioni dai vertici in stato di latitanza e di curare gli aspetti organizzativi del sodalizio, hanno proseguito le attività illecite riconducibili a quel che rimaneva della piazza di spaccio di via Marco Costanzo.