Priolo, processo “Qualunquemente”: imputata rinuncia alla prescrizione
Ha rinunciato alla prescrizione Flora La Iacona, la dirigente del comune di Priolo, coinvolta nel processo, scaturito dall’operazione “Qualunquemente”, per il quale è stata condannata, in primo grado, alla pena di un anno e 11 mesi. Difesa dall’avvocato Domenico Mignosa, l’imputata ha chiesto alla seconda sezione della corte d’appello di Catania di volere un giudizio, convinta di riuscire a dimostrare la propria estraneità ai fatti oggetto della contestazione. Di tutti gli imputati, La Iacona è l’unica ad avere rinunciato alla prescrizione, mentre gli altri attenderanno la sentenza di secondo grado.
All’udienza di ieri, la prima dopo il rinvio per difetto di notifica di quella in programma a giugno, l’avvocato Mignosa, che è anche legale difensore dell’ex sindaco di Priolo, Antonello Rizza, ha avanzato un’eccezione di insostenibilità nei confronti dell’ex amministratore pubblico perché non risulta agli atti chi sia il soggetto che ha fatto l’impugnazione della sentenza di primo grado. Nel corso dell’udienza di ieri, il rappresentante della pubblica accusa, Margherita Brianese, che ha coordinato l’intera inchiesta, ha chiesto la rinnovazione dibattimentale a cui il collegio difensivo si è opposto, atteso che dovrebbero essere sentiti in aula alcuni testi già escussi davanti al tribunale di Siracusa. La corte d’appello si è riservata su entrambe le richieste, fissando una nuova udienza per il 15 dicembre.
Oltre a Rizza e La Iacona, imputati sono Beniamino Scaringi, Giuseppe Pinnisi, Lucia Grasso, Paola Scalogna, Carlo Auteri, Giuseppa Arcidiacono, Sebastiano Mazzone e Marco Angelino, tutti condannati in primo grado. Furono assolti, invece, Nunziata Bafumo, Concetta Caccamo, Angelo Bosco e Salvatore Passarello.
L’indagine, portata a termine dagli agenti del commissariato di Priolo, ha mosso i primi passi nel settembre del 2012 con la denuncia di concussione ai danni del direttore del Consorzio universitario Megara Ibleo. Secondo la ricostruzione dell’accusa, gli indagati avrebbero elargito cospicui sussidi in favore di persone che non avevano i requisiti richiesti, in cambio di voti in occasione delle elezioni regionali dell’ottobre 2012 e nelle consultazioni amministrative del giugno 2013. Per gli inquirenti, sarebbero stati distratti fondi pubblici, compreso il fondo di riserva, destinando circa un milione e 800 mila euro a sussidi straordinari “una tantum”.