Il Cavaliere Paolo D’Orio interviene sul dramma di Vermicino dopo la morte di Angelo Licheri
Il Cavaliere della Repubblica Paolo D’Orio, avvocato e scrittore, ricorda l’incidente di Vermicino, in occasione della morte di Angelo Licheri; l’uomo che si calò nel pozzo di Vermicino per tentare di salvare Alfredino Rampi, nella foto sopra. Aveva 77 anni, era un volontario e si recò a Vermicino dopo avere appreso della tragedia. Si fece calare a testa in giù la notte tra venerdì 12 e sabato 13 giugno 1981. Alfredino era precipitato la sera del 10 giugno. Licheri parlò anche col bambino e restò nel pozzo per 45 minuti. Licheri ha vissuto a Nettuno negli ultimi 20 anni ed era ospite della Fondazione San Giuseppe.
Sono passati quarant’anni dall’incidente di Vermicino quando nella piccola frazione di campagna vicino Frascati cadde in un pozzo un bambino di 6 anni: Alfredo Rampi per tutta Italia divenne affettuosamente Alfredino e fu di tutti gli italiani il figlio – continua il Cavaliere D’Orio. Una diretta televisiva voleva documentare un salvataggio ma finì a “un reality-show terrificante” come ricorda il giornalista Piero Badaloni. Accorsero da Roma i Vigili del Fuoco ma la tavoletta che legarono a una corda perché il bambino si aggrappasse e venisse fuori dall’imboccatura si incastrò intasando il condotto. Diversi i tentativi di salvarlo e onore al merito a Isidoro Mirabella (siciliano), Tullio Bernabei, Angelo Licheri e Donato Caruso. Venne fatto un pozzo parallelo ma le trivellazioni causarono lo scivolamento ulteriore del bambino e il 13 giugno 1981 Alfredino morì dopo tre giorni di agonia intrappolato 60 metri sottoterra. Unica nota positiva della tragedia” – conclude il Cav. D’Orio – è che Sandro Pertini, Presidente della Repubblica che il 12 giugno volle giungere a Vermicino, dopo alcuni mesi telefonò alla mamma del bambino per informarla di avere deciso promuovere un organismo preposto a coordinare le amministrazioni in ogni misura di soccorso e assistenza pei casi di gravi calamità: nacque così la Protezione Civile, oggi fiore all’occhiello nella Repubblica.