Storia. Cosa Nostra e l’alta qualificazione delle cosche della nuova mafia
L’evoluzione dell’organizzazione mafiosa degli anni 70 risente l’assenza di due componenti che erano state essenziali nel decennio precedente: il centro direzionale di Cosa Nostra e l’alta qualificazione delle cellule (o cosche che dir si voglia) operative della nuova mafia, spregiudicate ed organizzate sul piano internazionale. Cosa Nostra dopo la tempesta dell’inchiesta del Senato americano che ne ha messo a nudo spietatamente l’origine e la natura criminale, la pervicacia nello sfruttamento, la crudeltà nell’azione, demitizzandone l’opera e la funzione davanti a milioni di cittadini che assistevano attraverso le riprese televisive alle udienze delle inchieste, ha preferito prudentemente ritirarsi dalle operazioni clamorose, sottrarsi alle curiosità di una stampa agguerrita ed attenta, ed attestarsi su posizioni di «riflessione» in attesa del momento opportuno per riprendere le grandi operazioni internazionali. L’attuale capo del « sindacato », Joseph Gambino, sembra impersonare, con la sua minuta figura la sua debole constatazione e la delicata salute, questo momento di ripiegamento dell’organizzazione americana. Rimane, però, la gestione dei colossali interessi economici che nell’ambito dell’organizzazione sono curati con grande oculatezza e mano ferrea. L’alimento necessario quanto basta ad un ragionevole sviluppo, specialmente in momenti di crisi economica, viene dato dalle tradizionali fonti, ancora utili, anche se non sono ricche come in passato: prostituzione, gioco d’azzardo, spaccio di monete false, traffici internazionali di valuta, armi, preziosi. La nuova mafia è stata debellata con il processo dei «114» e con una nuova e organica applicazione delle misure di prevenzione. L’azione congiunta di magistratura e organi di polizia palermitana, sull’impulso e per l’iniziativa della nostra Commissione d’inchiesta, ha dato per la prima volta, agli inizi degli amni 70 un risultato di grande efficacia nella lotta contro la criminalità mafiosa. Adottando un metodo nuovo di indagine snello e semplice, il giudice istruttore di Palermo Neri e il pubblico ministero Rizzo in stretta e fattiva collaborazione con Polizia, Carabinieri e Guardia di finanza, hanno indagato sulla nuova mafia solo ai fini dell’accertamento del delitto di associazione a delinquere, lasciando alle competenze delle autorità giudiziarie il compito dell’accertamento dei singoli reati per i quali ciascun componente della « cosca» poteva (ritenersi responsabile.
La ricerca degli elementi di responsabilità per dimostrare il concerto criminoso dell’associazione fu minuziosa e consentì di scoprire notizie ed dementi che andavano al di là del loro valore giudiziario perché rive- lavano — come abbiamo avuto modo di constatare nel capitolo dedicato alla nuova mafia — il modello organizzativo, i collegamenti tra le varie cosche, i comportamenti della nuova generazione mafiosa, e le deficienze, le incongruenze e la scarsa sensibilità che gli organi della sicurezza pubblica ave- vano avuto nel combattere questo nuovo tipo di criminalità organizzata.
L’eliminazione dalla scena operativa dell’intreccio mafioso di uomini come Badalamenti, Alberti, Filippone e altri decapitò l’«organizzazione » e disintegrò le centrali operative che erano ormai prolifera- le nei centri più importanti del Paese.
I due cugini Greco, che erano stati e sono ancora gli elementi di direzione a maggiore livello, si ritrovarono con tutto il terreno retrostante alle loro basi estere completamente franato e nelle condizioni di mutare le linee della loro iniziativa criminosa. Essa ancora non è completamente conosciuta e sarebbe necessario che equipe specializzate degli organi di sicurezza facessero delle indagini approfondite per prevenire e combattere un fenomeno che già si delinea all’orizzonte, quello della nuova struttura mafiosa che fatalmente germoglierà, o probabilmente è già germogliata, sul vecchio ed antico tronco dell’«onorata società».
Gli elementi, l’indirizzo, i metodi, la struttura della «quarta mafia », quella che si intravvede a metà degli anni ‘70 come protagonista di imprese criminose relativamente nuove, ma clamorose come i rapimenti a scopo di estorsione, sono ancora incerti e comunque poco conosciuti.
Il filone della droga e dei traffici internazionali ad esso collegati probabilmente è divenuto marginale sia per il prevalere delle bande marsigliesi, sia per d mutati mercati di produzione e di smercio.
La Guardia di finanza, che segue con attenzione il fenomeno, ha tratto qualche orientamento ricavabile dal complesso delle operazioni concluse e dai servizi oculati di informazioni che ha predisposto. Il colonnello Sessa nel rapporto alla Commissione del dicembre 1973 in seguito alle indagini compiute dal nostro Sottocomitato ha rilevato i seguenti dati:
– Milano è una delle maggiori piazze europee per lo smistamento e il consumo della cocaina che trova un mercato interno particolarmente ricettivo;
– la droga, proveniente dal Sudamerica, viene introdotta in Italia, quasi esclusi da sudamericani e in particolare da cittadini argentini. Costoro trovano basi di appoggio milanesi non mafiose o non esclusivamente mafiose;
– lo spaccio al minuto è affidato sia ad organizzazioni di malavita locale, sia a singoli spacciatori. È stata rilevata la presenza di qualche mafioso, ma si tratta di sbandati delle distrutte cosche della muova mafia.
Sappiamo ancora poco su questo traffico illecito, sugli oscuri risvolti interni ed inter- nazionali che ilo alimentano, sulle connivenze o le compiacenze che lo ispirano o che se ne servono, ma alcuni indizi collegati alle impressionanti e continue sparizioni di auto- treni TIR, al flusso ininterrotto di armi che alimentano sedizioni interne ed esterne ed armano la criminalità organizzata di molti Paesi inducono a ritenere che una ornano, per ora invisibile, ed una mente esperta ed organizzata operano con sagacia, acutezza e spregiudicatezza. Gli organi della sicurezza pubblica dovranno vigilare con acume, coordinando le indagini, avvalendosi di equipe di specialisti, utilizzando la collaborazione internazionale per chiarire e combattere quello che appare un nuovo filone dal quale appare difficile possa essere esclusa l’organizzazione mafiosa.
La fine del 1972 coincide con un periodo di estrema difficoltà per l’organizzazione mafiosa. Le cosche più audaci proliferate in varie zone del Paese sono state sgominate con le intelligenti iniziative che Magistratura e forze di Polizia sviluppano nell’ambito dell’indagine sui «114»; gli uomini più rappresentativi e più pericolosi — Alberti, Buscetta, La Barbera, Badalamenti — della «nuova mafia » sono arrestati e neutralizzati, i canali di alimentazione di grandi profitti — contrabbando e traffico di stupefacenti — si inaridiscono. Quello che rimane della « nuova mafia » sono: il centro direzionale che fa capo al clan Greco, un esecutore prestigioso, cinico e spietato come Leggio, un retroterra, soprattutto palermitano, di antichi legami e connivenze: ce n’è quanto basta per resistere alla situazione precaria ed aspettare tempi migliori. L’organizzazione ha, però, bisogno di nuove iniziative per alimentare la grande cupidigia di denaro e per frenare le impazienze dalle giovani leve di « picciotti », che nel vuoto che si è creato tendono a sottrarsi alle vecchie regole e — come vedremo — anche ai vecchi boss per intraprendere spericolate iniziative dirette.
Il sistema del sequestro di persona non è sconosciuto alla mafia, ma quando è stato utilizzato ha avuto risvolti equivoci che hanno sminuito di suo rilievo economico, per assumere probabilmente significato di «avvertimento » o di «mancanza di rispetto», tanto che orbitava sempre nell’area vischiosa del rapporto tra mafia e potere locale.
L’8 giugno 1971 viene rapito il figlio del noto e discusso costruttore edile di Palermo, Francesco Vassallo e successivamente il 16 agosto 1972 l’ingegnere Luciano Cassina, figlio dell’imprenditore che da anni ha in appalto a Palermo e provincia la manutenzione della rete stradale.
Questi sequestri hanno dati e caratteristiche omogenee che li rendono sospetti per il fine che non poteva essere quello economico e non sono comparabili con quelli degli anni successivi.
L’elenco degli assassinati è molto lungo e la chiave di interpretazione dei moventi rimane difficile.
A cura di Concetto AlotaI