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Il territorio siracusano balza al 19° posto per la “presenza e l’incidenza criminale”

La nota – a cura di Concetto –

Nella fotografia scattata dal Sole 24 Ore sull’indice della criminalità in Italia, sono stati presi in esame l’associazione mafiosa, gli omicidi e i tentati, le lesione dolose, l’uso e lo spaccio di stupefacenti, l’associazione a delinquere, le estorsioni, le minacce, l’usura, le rapine, i furti e tutti i reati che concorrono ad elaborare il crimine nelle sue mille sfaccettature. Dopo Milano che si attesta al primo posto, il territorio siracusano conquista la diciannovesima posizione nella classifica generale finale, il primo in Sicilia, superando Catania che si trova al 22° posto, Trapani al 25°esimo e Palermo al 26°esimo. I dati pubblicati dal quotidiano milanese descrivono dettagliatamente i delitti emersi in seguito alle segnalazioni delle forze di polizia, mentre le classifiche provinciali sono state elaborate in base al numero delle segnalazioni rilevate e comparati alla popolazione residente della provincia.  Nel 2021 il numero totale delle denunce sono 13.411,0 mentre il rapporto denunce su 100.000 abitanti è di 3.377,8.

A volte la realtà non si sposa con la verità. Le statistiche del Sole 24 ore, purtroppo, pongono la nostra provincia tra le prime in Italia in termini di “presenza e incidenza criminale”. Vero o falso? Percorriamo le vicissitudini di fatti  

Esitate dalla Prefettura sette istanze di risarcimento dei danni causati da attentati incendiari o dinamitardi. Peraltro, si tratta di casi per fatti avvenuti nel 2012, tre delle quali esitati in maniera favorevole, uno contrario, le altre sono in fase istruttoria. “Il trend delle poche denunce – dice il prefetto Scaduto – è generalizzato. La fiammata del 1990, quando si registrò una maggiore sensibilità rispetto al fenomeno del racket delle estorsioni e dell’usura, oggi è scemata. Bisogna che gli imprenditori taglieggiati sappiano che lo Stato c’è e sostiene le imprese dai danni subiti. Teniamo presente che la criminalità usa altre forme d’intimidazione, più sottili. Ha cambiato volto, insomma, è silente ma non meno pericolosa”.

Il dato in possesso della Prefettura di Siracusa è in linea con quelli regionale e nazionale. “Le istanze sono diminuite – aggiunge il prefetto – non altrettanto la percezione del fenomeno delle estorsioni. Se lo dovessimo valutare dalle denunce, il fenomeno non esisterebbe nemmeno”.

Nel corso dell’anno sono state tenute ventidue riunioni del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica; 38 di coordinamento di polizia per la sicurezza urbana. “Non so su quali dati si poggiano le statistiche del Sole 24 ore, che pone la nostra provincia tra le prime in Italia in termini di presenza e incidenza criminale – dice il massimo rappresentante del governo a Siracusa – ma non abbiamo registrato alcun picco di criminalità, se non quella puramente fisiologica di un territorio come il nostro”.

Intanto, si registra un numero bassissimo di richieste per il rilascio del porto d’armi: appena 49 per difesa personale, mentre per alcuni è stato revocato. 56, invece, sono i provvedimenti di divieto di porto d’armi, che vuol dire, in termini pratici, che sono tante le persone che detengono armi illegalmente.

Per quanto riguarda l’attività di prevenzione alla mafia, sono pervenute alla prefettura 1463 richieste da enti per avere comunicazioni su imprese appaltatrici di lavori e quant’altro. 1055 le informazioni antimafia rilasciate e di queste, solo sei pratiche sono state definite ostative. Per la cosiddetta White list sono stati eseguiti 65controlli nel settore agroalimentare dove sono state emesse 6 interdittive (2 in fase di notifica). È emerso, in questo caso, il fenomeno di aziende a regia collettiva gestite da pochi nuclei familiari. Controlli anche sul ciclo rifiuti con il monitoraggio di un settore a rischio, in cui è incappata un’azienda di Floridia per la quale si è chiuso il commissariamento sui contratti in essere.

Ma rimane il fatto che il territorio siracusano si attesta tra le zone più mafiosedella Sicilia che a sua volta si colloca al terzo posto, dopo Calabria e Campania per la permeabilità della criminalità organizzata nella società italiana. Le statistiche del Sole 24 ore pone la provincia di Siracusa tra le prime in Italia in termini di presenza e incidenza criminale. Peggio ancora. Si registra il più alto indice di penetrazione mafiosa addebitato dallo studio Eurispes dello scorso anno: Caltanissetta è in sesta posizione nella classifica nazionale. Segue, al tredicesimo posto, Catania, mentre Siracusa e Trapani sono piazzati nella graduatoria nazionale nella quindicesima posizione. Agrigento è stata piazzata al diciassettesimo posto, Enna al diciannovesimo e Palermo al ventunesimo. Meglio per Ragusa che è 24esima, e Messina 28esima. Dati riferiti alla fine del 2020.

Ma l’allarme sociale è nella nuova frontiera dell’estorsione con un nuovo metodo ancora sconosciuto anche alle istituzioni. Non più richieste individuali ai negozianti, ma attraverso i grossisti che riforniscono i negozi, i ristoranti, i bar, i panifici, gli alberghi e tutto il resto. La domanda arriva con eleganza e mai con la minaccia come una volta. Nella buona sostanza, la “preghiera dell’ambasciatore” spiega semplicemente che il negoziante deve servirsi per i suoi approvvigionamenti al grossista di “fiducia” indicato dall’inviato, che di solito è “l’amico buono” dell’amico del commerciante. E questa metodologia si espande in tutti i settori, ma la più diffusa è nel comparto alimentare: frutta e verdura, pane e derivati della farina, acqua, vino, liquori e bevande, carne, pesce e altro, così come nel gioco d’azzardo e l’usura. “Nessuno rischia per 20 euro ogni tanto di farsi bruciare l’attività o l’auto”. È questa la risposta alle domande sul nuovo fenomeno sommerso dell’estorsione. Poco, ma sono in tanti che pagano l’obolo dell’estorsione camuffato dal bisogno di “amici in difficoltà”.

“Sono stati oltre venti gli episodi di danneggiamento di esercizi commerciali nell’ultimo anno. Un dato che allarma gli imprenditori che provano a fare quadrato per reagire ma, soprattutto, per prevenire il fenomeno degli attentati dinamitardi e dei danneggiamenti con il fuoco. “Questi episodi – così Paolo Blanco, rappresentante dell’ufficio Legalità di Confcommercio – hanno alimentato la preoccupazione degli associati e il timore che la recrudescenza di questi atti criminali possano colpirli. C’è bisogno di condivisione oltre che di solidarietà. Gli episodi non sono soltanto un fatto algebrico ma è la percezione della comunità di ciò che accade. Abbiamo tutto l’interesse a fare sistema con forze politiche e dell’ordine, perché questa città possa epurarsi dai fenomeni criminali”.

La conferma trova spazio nelle attività delle forze dell’ordine in un susseguirsi di operazione rivolte al contrasto dello spaccio di droga, al possesso delle armi, allo sfruttamento della prostituzione e all’estorsione; polizia, carabinieri e guardia di Finanza hanno eseguito negli ultimi anni un numero indefinito di operazioni con misure cautelari a carico di decine di presunti appartenenti a sodalizi criminali, con il sequestro copioso di armi e droga.

Dai vari fascicoli d’indagini coordinate dalla Procura viene fuori uno spaccato criminale di persone tutti dediti al traffico e allo spaccio di ingenti quantitativi di cocaina, crack, marijuana, hashish e metanfetamine, capace di produrre incassi fino a 25mila euro al giorno, spacciando stupefacenti anche in prossimità di scuole, avvalendosi di minori. Ancor più grave il fatto che molti dei fiancheggiatori sono risultati indebiti percettori del reddito di cittadinanza.

Il governo non può ignorare questa realtà. Occorre un intervento forte e risolutivo per debellare questo sinistro andazzo che colpisce una fetta importante della popolazione e un giro di danaro impressionante oltre ogni immaginazione.

Gli stili di consumo della droga emergenti nei giovani segnalano una nuova tendenza nel fenomeno del consumo di stupefacenti, distinguendosi profondamente ed in certi aspetti addirittura gravissimi dalle pratiche di consumo illecito che si sono consolidate negli anni con il dilagare delle tossicodipendenze dalle droghe. Ormai si parla di un “fatturato” di milioni di euro nel mercato delle droga. Uno spazio importante nella società moderna già carica di mille problemi per la normale esistenza legata ai consumi e non più ai vecchi e sani valori della vita.

Ancora più grave la disponibilità di armi. “… il rinvenimento di pistole detenute, oltre a tanti altri ritrovamenti di armi, nella disponibilità di soggetti apparentemente non collegati ad organizzazioni mafiose, ma comunque espressione di una criminalità comune aggressiva”. È quanto riportano le relazioni della Dia al Parlamento a partire dal secondo trimestre del 2019, riguardo al possesso e al possibile uso di armi da parte della criminalità organizzata nella provincia di Siracusa.

Oggi, il possesso delle armi appare ancor più diffuso. La conferma nel numero altissimo di armi, anche di grosso calibro e potenza offensiva, sequestrati a soggetti appartenenti alla malavita organizzata, specie nel comparto del traffico e dello spaccio della droga a più livelli fuori controllo.

Occorre necessariamente distinguere tra il possesso di armi, l’uso e la diffusione tra la malavita organizzata siracusana e il traffico d’armi che non è mai rientrato tra le attività del programma delittuoso dei clan. Tra le operosità destinate a produrre guadagno, obiettivo principale, se non unico delle associazioni criminali, è la disponibilità di armi con la sola funzione di strumento rispetto alle altre attività delle organizzazioni, e soprattutto la funzione di mantenere il controllo del territorio che costituisce la precondizione della loro operatività criminale.

L’ultimo plateale tentato duplice omicidio e l’ultimo, in ordine di tempo, e l’uccisione a colpi di pistola del 17enne che si sono consumato nella pubblica via a Noto ad opera dei “caminanti” e il sequestro copioso di pistole e fucili e a seguire il ritrovamento di armi di ogni marca e tipo. 

I rifornimenti di armi della malavita organizzata siracusana si svolge nella maggior parte dei casi a Catania, ma anche in Calabria. Facilmente si trovano Kalashnikov cinesi. Il costo è variabile in base al tipo di arma e dagli anni in tempo in cui è stata prodotta. La armi corte sono le più richieste e il prezzo varia da 500 a 2000 euro. Molto richieste le pistole a salve modificate il cui prezzo oscilla dai 250 alla 500 euro, in base al tipo di modifica ottenuta. Ma sul web insistono dei “book” registrati all’estero consultabili con tanto di foto, marca e prezzi.

Sensazionale la scoperta di potente esplosivo da parte carabinieri della compagnia di Augusta nelle campagne di Melilli. Operazione portata a termine con la collaborazione dei militari dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Sicilia.

Negli ultimi mesi carabinieri e polizia hanno portato a termine una serie di operazioni con la perquisizioni in alcuni edifici popolari dei vari quartieri della città in cui si annida buona pare della malavita organizzata siracusana, con il sequestro consistente di armi e droga. Preoccupa la disponibilità di armi e la concordia apparente tra gli uomini dei vecchi clan e nuovi gruppi indipendenti.

In contrada Gualdara a Lentini sono stati sequestrati dagli uomini della Polizia di Stato, oltre a cocaina pura, armi, munizioni, la somma in contanti di 8.400 euro; un pizzino con l’elenco di armi da guerra e due carte di identità in bianco. Nel sottosuolo del terreno circostante sono stati ritrovati 50 bossoli già esplosi di fucile mitragliatore AK 47, meglio conosciuto come kalashnikov e diverse pistole di vario tipo e calibro.

La scoperta in questi ultimi mesi della disponibilità e il possesso di armi e munizioni da parte degli addetti allo spaccio di droga, preoccupa e tanto. Di solito chi spaccia stupefacenti non ha la necessità di possedere un’arma. Una logica deduzione ci porta a pensare, così come è successo nel passato, che le notizie della possibile scarcerazione dei vecchi boss in carcere con lunghe detenzioni, o all’ergastolo, girate nella scorsa primavera a causa del Covid e la rottura dei deboli equilibri tra gli uomini dei vecchi clan e le nuove leve e il proliferare di “piazze di spaccio” di droga, potrebbe sfociare in un disordinato equilibrio di forza, dalla stessa natura della mafia: eliminare i rivali per aver campo libero, dispiegando logiche che riportano al vecchio sistema che si consumava contro gli avversari.  La Storia si ferma e torna indietro.

Già nel passato la provincia di Siracusa è passata da zona tranquilla, considerata addirittura “babba”, a pericolosa alla pari con le altre zone ad alto rischio mafioso della Sicilia. Continua e costante lotta anticrimine di polizia, carabinieri e guardia di finanza con arresti e sequestri di droga e armi, compreso gli ultimi blitz contro i clan e i gruppi malavitosi siracusani, eseguito dalle forze di polizia e coordinate dalla Dda di Catania. Operazione che ha fatto scattare l’esecuzione di una serie di provvedimenti di custodia cautelare in carcere nei confronti di soggetti accusati a vario titolo dei reati di associazione a delinquere. Traffico di droga, piccoli estorsioni, porto e detenzione illegale di armi, insieme ai continui fatti di cronaca nera e giudiziaria che ogni giorno ci deliziano con arresti, blitz per traffico di droga, furti, estorsioni e tanti altri reati contro la legalità che allarma la popolazione.

E mentre l’analisi di come i fenomeni di criminalità organizzata si sono sviluppati nel quadro delittuoso fortemente anche nel territorio siracusano, l’attuale rapporto di forza stenta a conformarsi per vivere nella speranza che si possa trattare di una fugace condizione concomitante e non di una radicalizzazione del malaffare. Si scopre all’improvviso la ripresa dell’attività delittuosa e la conferma che i vecchi clan e i gruppi indipendenti malavitosi si sono riorganizzati. Operosità che si può definire “sommersa” o “invisibile”; non fosse altro perché non ci sono notizie certe su tutte le altre attività svolte dagli uomini dei clan e dei gruppi autonomi che si sono riordinati. Oggi ci sono i giovanissimi aspiranti mafiosi che studiano la storia della mafia, i comportamenti e il modus operanti dei collaborati di giustizia. Manovali e gregari selezionati con cura specie nel traffico della droga in grande stile e oltre ogni immaginazione in una sorta di controllo del territorio.

La ripresa dell’approccio tradizionale dei vecchi clan mafiosi e dei nuovi gruppi indipendenti, “i cani sciolti”, le squadre di quartiere con la società liquida e con l’economia sommersa, segnala che sta cambiando qualcosa. Gli attentati di questi ultimi tempi si legherebbero anche con la droga, la lo sfruttamento della prostituzione e con l’estorsione. La qualità organizzativa della malavita siracusana è oggi strutturata e ben organizzata; le tecnologie sono in uso continuo e diffuso: videocamere, radiotrasmittenti, vedette e sistemi nuovi di trasporto nello spaccio della droga. In odore di mafia, si trovano anche tante tracce all’interno della pubblica amministrazione. Uomini delle istituzioni entrati in connubio con pezzi della malavita organizzata. Positivo il fatto che le forze dell’ordine sono in piene attività in maniera perpetua, simile ad una catena di montaggio, con inchieste che si chiudono e si aprono in continuazione a pieno ritmo, con arresti, sequestro di droga e armi. 

Si registra già da tempo una presa di distanze rispetto alle scelte delle precedenti generazioni. La cultura giovanile non si connota più in termini antitetici e contraddittori nei giovani rispetto alla cultura degli adulti; continua a circolare droga ma con modalità differenti rispetto al recente passato. Le nuove droghe veicolano modelli di socialità diffusa simbolicamente opposti rispetto ai tossicodipendenti. Il loro consumo si concentra in spazi e tempi del fine settimana, nelle discoteche, droga party illegali, in paradossale in sintonia con ritmi, tempi e modalità di consumo della società moderna che si svuota dagli alti valori della vita. Tuttavia le ideologie ed i valori sottesi a tali comportamenti restano a tutt’oggi un universo ancora sconosciuto per gli studi delle scienze sociali.

Il traffico illegale di armi è in crescita continua. Tra i maggiori Paesi coinvolti troviamo l’Italia. E questo nonostante l’impegno del governo, con la Legge del 25 ottobre del 2017, n. 163; un sistema informatico di tracciabilità più rigoroso e collegato con gli altri paesi Europei, per scoraggiare gli acquisti e di controllarne i passaggi di proprietà in maniera continua.

L’Europol indica la Mafia, la ‘ndrangheta, i gruppi criminali albanesi, oltre alla Sacra Corona Unita, fra le organizzazioni maggiormente coinvolti nel commercio illegale di armi. Le grandezze del mercato è difficilmente calcolabile, benché la proporzione è legata al valore del commercio italiano autorizzato, che secondo l’ultimo report governativo si attesta su 5,2 miliardi di euro di autorizzazioni e 2,5 mld di euro di trasferimenti definitivi negli ultimi due anni, ammonterebbero a circa il 10-20%, fra i 520 milioni e il miliardo di dollari.

Sulle armi rubate nelle armerie, alle forze dell’ordine o a privati cittadini, è emerso che una buona parte dei furti di armi in danno di privati cittadini, con false denunce di furto, sono invece cessioni volontarie ai mafiosi che, in questo modo, si assicurano armi “pulite” per eseguire omicidi.

La gran parte delle armi utilizzate da Mafia, Ndrangheta, Camorra e Sacra Corona Unita proviene dall’Albania e dalla ex Yugoslavia; è il caso delle famose pistole Tokarev e delle mitragliette AK 47, meglio noto come fucile Kalashnikov. La Commissione Antimafia, ha più volte sottolineato che i clan italiani hanno ottenuto rifornimenti sia via mare sia via terra. Dai Balcani le armi attraversano il mar Adriatico in imbarcazioni, mentre dal Nord Italia arrivano su carichi apparentemente legali trasportati da camion e in piccole quantità sulle delle auto private.

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