Operazione Agorà, ecco come si era riorganizzato il clan Nardo
L’attività d’indagine dei carabinieri del nucleo investigativo, culminate con l’operazione “Agorà”, ha consentito di ricostruire la nuova composizione del clan Nardo e di identificare sia i reggenti sia i singoli associati, compresi i referenti dei paesi limitrofi come Francofonte, Vizzini e Scordia che sono sotto il controllo del clan Nardo.
Come riportato nell’ordinanza di custodia cautelare a carico di cinquantasei indagati, emessa dal gip del tribunale di Catania, Stefano Montoneri, gli investigatori hanno piazzato microtelecamere in un bar a Lentini e in un rifornimento di carburanti a Carlentini, ritrovo di persone riconducibili alla cosca. Nel bar gestito da Antonio Guercio, alias ‘u pupiddu, ritenuto dagli inquirenti il reggente dell’organizzazione già dal 2018, dopo il blitz Chaos, si sarebbero tenuti gli incontri per la riorganizzazione delle attività illecite. I collaboratori di giustizia hanno indirizzato i magistrati della Dda di Catania verso Guercio quale responsabile del clan attraverso una sorta d’investitura resa da Giuseppe Furnò, ritenuto successore di Pippo Floridia e reggente del clan fino al 20 aprile 2016. In quelle due basi operative sarebbero stati organizzati carichi di sostanze stupefacenti. I trasporti avvenivano dalla Puglia a Francofonte con il coinvolgimento di corrieri anche stranieri mentre per il deposito dei bancali di droga (soprattutto marijuana) era utilizzato il magazzino di un imprenditore.
Alle riunioni nel bar gestito da Guercio, costantemente presidiato da uno o più associati, avrebbe partecipato Salvatore Rinaldi, ritenuto referente del clan Santapaola-Ercolano, mentre la barista, convivente di uno degli indagati, fungeva anche da autista di Guercio oltre ad avere il compito di dare informazioni sui movimenti delle forze dell’ordine. Sebastiano Midore e i figli Nicholas e Giuseppe (tutti coinvolti nell’operazione Agorà) avevano, invece, l’incarico di gestire i furti delle autovetture e con il sistema del “cavallo di ritorno”, pretendevano soldi dai legittimi proprietari per la restituzione del maltolto.
Dalla lettura degli atti si nota che gli inquirenti attribuiscono a Sebastiano Basso e a Rosario Ciaffaglione il compito di occuparsi delle estorsioni nei territori di Lentini, Vizzini e Scordia mentre Salvatore Giarrusso era il referente del clan Nardo a Vizzini.
In una delle numerose intercettazioni ambientali, eseguita in un’autofficina, sarebbe stato lo stesso Guercio a spiegare il modus operandi delle estorsioni: prevedeva il “recupero” dei commercianti che prima pagavano il pizzo al clan ma che nel corso del tempo avevano smesso a causa delle decapitazioni della cosca. La richiesta estorsiva al titolare dell’attività commerciale perveniva attraverso il responsabile di territorio o uno degli affiliati. Per le nuove attività veniva attuata una strategia differente: Guercio ordinava la consumazione di furti o piccoli danneggiamenti, inducendo il proprietario a rivolgersi a lui per avere protezione ed evitare altri episodi simili. Tra le aziende finite nel mirino del clan, l’impresa che si occupa della raccolta dei rifiuti a Vizzini e un magazzino a Scordia.