Il pm Musco: “Alla Ved riscontrai reati ambientali ma il processo finì in prescrizione”
Sulla vicenda legata al presunto smaltimento illecito dei rifiuti presso lo stabilimento della VED della famiglia Prestigiacomo in contrada Bondifè a Melilli, il pubblico ministero Maurizio Musco, che nel 2003 aprì un fascicolo d’indagine dopo la denuncia di alcuni dipendenti della VED, tirato in ballo da diversi organi d’informazione chiarisce che per quella notizia di reato fu aperto immediatamente un procedimento, come risulta nel Registro Generale Notizie di Reato al numero 291/03 e assegnato a lui assegnato.
“La formalizzazione delle indagini – ha spiegato il Pm Maurizio Musco – portava a complesse indagini e dalle risultanze emerse scaturì un decreto di citazione a giudizio nei confronti e a carico di Giuseppe Prestigiacomoin ordine a vari reati in tema di gestione illecita industriale dei rifiuti”. Infatti, nella sequenza agli atti d’ufficio, si trova: “(…) A) del reato p. e p. dall’art. 51, comma 1, lettera a), D. L.gs. 22/97 perché, in mancanza della prescritta autorizzazione, effettuavano, in qualità di amministratore dello stabilimento VED, ubicato in Melilli, contrada Bondifé, il Prestigiacomo fino al 18.05.02 e il Faranda dal 18.05.02 – un’attività di raccolta di rifiuti speciali non pericolosi – rifiuti dei processi chimici organici, rifiuti della produzione, formulazione, fornitura e uso di plastiche, gomme sintetiche e fibra artificiali, rifiuti non specificati altrimenti (c.e.r. 07.02.99) nell’area esterna dello stabilimento suddetto – lato mare. In Melilli, fino al 14.01.04”.
“B) del reato p. e p. dall’art. 51, comma 2, in relazione all’art. 51, comma 1, lett. A, D.Lgs. 22/97 perché – in qualità di amministratori dello stabilimento VED, ubicato a Mellilli, contrada Bondifé, il Prestigiacomo fino al 18.05.02 e il Faranda dal 18.05.02 – depositavano in modo incontrollato sull’area esterna lato mare, e interna – lungo il vallone della neve – allo stabilimento suddetto rifiuti speciali non pericolosi, rifiuti dei processi chimici organici, rifiuti della produzione formulazione, forbitura e uso di plastiche, gomme sintetiche e fibre artificiali, rifiuti non specificati altrimenti ( c.e.r. 07.02.99 – ferro e acciaio (c.e.r.1 7.04.05) – apparecchiature fuori uso (c.e.r. 16.02.14) – In Melilli fino al 14.01.04”.
“C) del reato p. e p. dall’art. 51, comma 1, lett. A, D. Lgs 22/97 perché – in qualità di amministratore dello stabilimento VED, ubicato in Melilli contrada Bondifé, il Prestigiacomo fino al 18.05.02 e il Faranda dal 18.05.02 – dopo avere fatto utilizzare ai propri dipendenti una lavapavimenti di tipo industriale – con la quale provvedevano a pulire le aree pavimentate dei reparti produttivi – smaltivano i rifiuti liquidi speciali non pericolosi, soluzione acquosa di scarto diverse da quelle da cui alla voce 16, 10, 01 (c.e.r. 16.10.02) che si accumulavano all’interno dei predetti macchinari scaricandoli nella fognatura interna degli scarichi civili (fossa fognaria) del suddetto stabilimento. In Melilli fino al 14.01.04”.
“E) del reato p. e p. dall’art. 635 in relazione all’art. 625, n. 7, C.P., perché in qualità di amministratori dello stabilimento VED, il Prestigiacomo fino al 18.05.02 e il Faranda dal 18.005.02 – come conseguenza dei reati di cui ai capi A), B) e D), danneggiavano un’area destinata a pubblica utilità ubicata nel territorio del comune di Melilii denominata “vallone della neve” provocando il superamento dei parametri previsti dal D.M. 471/99 in relazione alle seguenti sostanze: antimonio, stagno, olio minerale e zinco. In Melilli, fino al 14.01.04”.
“F) del reato p. e p. dall’art. 20, lett. L della L. 47/85, sostituito dall’art. 44 del D.P.R. 380/2001, perché in qualità di amministratori dello stabilimento VED, il Prestigiacomo fino al 18.05.02 e il Faranda dal 18.05.02 – realizzavano il sistema depurativo delle rete fognaria civile dello stabilimento VED, in difformità rispetto al progetto approvato in sanatoria dal comune di Melilli”.
A questo punto arrivati, la cronaca impone di chiarire: “(…) …che suddetto procedimento rientrava in uno dei capi d’accusa che la procura di Messina (“Veleni alla procura di Siracusa” n.d.r.) contestava a Maurizio Musco, disponendo il rinvio a giudizio e in relazione al quale, com’è noto, è intervenuta, in data 11.02.2014, una sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste. Ma ancora più interessante – spiega il Pm Maurizio Musco – è leggere le motivazioni del GUP dott.ssa Marino in merito all’assoluzione di quel capo d’accusa che riguardava, per l’appunto, il procedimento n. 291/03 a carico di Prestigiacomo da me trattato”.
Infatti, scriveva il GUP dott.ssa Marino: “Passando all’altro procedimento n. 2917703 RGNR nei confronti di Prestigiacomo Giuseppe e Faranda Dino, l’atto di citazione era del 02.03.05 per l’udienza del 02.05.06. All’iscrizione procedeva in data 11.04.03 il Pm Maurizio Musco per reato di cui all’art. 51 del D.lg. 22/97; si sviluppavano quindi le indagini: agli atti del fascicolo vi è un ordine di esibizione del 19.01.04, l’assunzione di sit in data 13.01.04, nello stesso mese venivano disposte le perquisizioni, conferite consulenze e disposto l’avviso di accertamenti tecnici irripetibili. Con sentenza adottata in data 12.07.11, il Giudice del Tribunale di Siracusa sezione distaccata di Augusta pronunciava sentenza di non doversi procedere per prescrizione per tutti i reati. Questo giudice non ravvisa alcuna negligenza nella gestione del procedimento; la citazione a giudizio era tempestiva rispetto all’epoca di acquisizione della notizia crimini e alla conclusione delle indagini. È stata l’eccessiva durata del dibattimento, non imputabile al Musco, a determinare la prescrizione. Valgono per il resto, cioè in ordine all’insussistenza comunque del dolo intenzionale, le valutazioni sopra esposte”.
In tema ambientale Maurizio Musco è stato il Pm nell’inchiesta della procura della Repubblica di Siracusa, con a capo Roberto Campisi, denominata “Mare Rosso”, e che portò alla scoperta dello smaltimento illegale del mercurio per migliaia di tonnellate presso lo stabilimento dell’Enichem a Priolo, dove furono denunciati e arrestati quasi tutti i vertici del colosso milanese per traffico di rifiuti speciali e pericolosi. Senza quella coraggiosa e ingarbugliata inchiesta forse ancora nel mare della rada di Augusta il mercurio continuava a scorreva ancora copioso; sotto la pressione dell’inchiesta i vertici dell’Enichem di propria volontà decisero di risarcire tutte le famiglie che avevano avuto un caso di malformazione e a tutte le mamme costrette ad abortire perché il feto presentava già i segni della terribile malformazione.
Concetto Alota