ANCISicilia, Legacoop, Confcooperative e FISM denunciano il fallimento della programmazione in Sicilia della legge nazionale sull’integrazione 06 per asili nido e scuola dell‘infanzia
Ancora una volta la nostra Regione ha perso una occasione di sviluppo e riscatto.
Ancora una volta preziose risorse pubbliche verranno sprecate e non spese a causa della miopia e della incapacità di politici e burocrati che imperterri continuano a sostenere un sistema che ha già clamorosamente fallito.
Tutto questo è ancora più grave perchè l’oggetto di questo fallimento riguarda i nostri bambini e bambine, l’infanzia impoverita, il loro futuro rubato.
C’è una legge nazionale del 2017, il DL n.65, che ha decretato che per ridurre gli svantaggi culturali relazionali e sociali tra la popolazione, bisogna agire sin dalla prima infanzia restituendo dignità formativa, di crescita e di acquisizione di competenze a partire dal primo ciclo istruzione da zero ai sei anni.
Per fare ciò, la stessa legge nazionale, consapevole che da solo l’intervento pubblico non avrebbe mai potuto colmare le carenze strutturali e organizzative, ha istituito il sistema integrato pubblico/privato sociale di educazione e istruzione, con due obiettivi prioritari:
• garantire a tutte le bambine e a tutti i bambini dalla nascita fino ai sei anni pari opportunità di educazione e di istruzione, di cura di relazione e di gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali;
• consolidare e ampliare l’accessibilità dei servizi educativi per l’infanzia con l’obiettivo di raggiungere almeno il 33% di copertura della popolazione sotto i tre anni di età.
Per il raggiungimento degli obiettivi di cui sopra la Regione Sicilia ha ricevuto circa venti milioni di Euro l’anno, per un totale dunque di più di ottanta milioni di euro fino al 2020. L’Assessorato regionale alla Famiglia insieme ad ANCI e alle parti sociali avrebbe dovuto elaborare una progettazione condivisa al fine di dare indicazioni chiare ai Comuni siciliani deputati a gestire e spendere questi fondi.
Tutto questo il nostro Assesserato Regionale alla Famiglia, che ha la competenza esclusiva sugli asili nido, evidentemente non lo sa!
Incuranti del lavoro di coprogettazione, effettuato da un Tavolo di concertazione da loro stessi istituito e rappresentato, elaborato insieme ad ANCI, Centrali Cooperative FISM e condiviso anche con U.S.R. (Ufficio Scolastico Regionale) e Assessorato regionale Pubblica Istruzione, con l’arroganza di chi non ha alcuna competenza e conoscenza del settore, rigettando ogni tentativo di mediazione con gli attori di cui sopra, l’Assessorato alla Famiglia e la sua Direzione Generale, modificando le indicazioni del Tavolo, hanno confermato una linea programmatica che avrà conseguenze drammatiche in un settore già fortemente provato dalla crisi pandemica.
Tale programmazione, in totale contrasto con le indicazioni fornite da ANCI e dalle categorie di Settore, continua a scavare il solco tra pubblico e privato sociale in una infruttosa contrapposizione, che impoverisce e mortifica l’offerta di tutti i servizi all’infanzia; noncuranti, oltretutto, dell’esempio dell’Emilia Romagna, che solo attraverso la coprogettazione e cogestione dei servizi per l’infanzia pubblico/privato sociale è diventata un esempio d’eccellenza in tutto il mondo.
È arrivato il momento di chiudere la stagione culturale che vede gli Enti pubblici contrapposti al privato sociale no-profit, per inaugurare la stagione della integrazione dei servizi, secondo quanto previsto dalla legge nazionale, nell’ottica della collaborazione pubblico-privato sociale che è l’unica modalità che garantisce l’aumento dei posti disponibili, la riduzione dei costi per le famiglie e l’offerta di servizi caratterizzati da qualità educativa e pedagogica.
I rapporti di paritetica collaborazione tra pubblico e privato sociale sono una reciproca opportunità di crescita e l’unico strumento concreto per la lotta contro le povertà educative che sembrano, purtroppo, caratterizzare le prospettive di una elevatissima percentuale di bambini e bambine del sud Italia.
Le strutture pubbliche per l’infanzia da sole oggi non hanno la forza e la capcità strutturale e organizzativa per garantire l’accessibilità e l’universalità di questi servizi, e dunque diventa vitale l’integrazione con il privato no-profit.
Infatti la copertura dei servizi educativi per la prima infanzia in Sicilia è pari a poco più dell’8% secondo l’ultima rilevazione ISTAT del mese di Ottobre 2020, ben al di sotto del parametro del 33% fissato dall’Unione Europea nel 2002 per il 2010; i dati di gran parte delle regioni del nord Italia si attestano su una copertura che oscilla tra il 25% e il 34%, la media nazionale è pari al 25,5%.
Questo divario deve essere colmato: l’ANCI Sicilia, Legacoop, Confcooperative e FISM non possono più tollerare decisioni politiche miopi e ottuse, e incapaci di ottemperare ad una lungimirante programmazione di comunità.
Chiediamo, pertanto, che il documento elaborato dall’Assessorato alla Famiglia, dall’Assessorato Pubblica Istruzione e dalle sue Direzioni Generali, già trasmesso ai Comuni, venga immediatamente ritirato e riprogrammato secondo quanto già concordato nelle sedi di programmazione istituzionali, e, ancora una volta, gravemente disatteso.
Nessuno può permettersi di rubare l’infanzia ai nostri figli, nessuno deve continuare a depauperare il futuro delle nuove generazioni.