“Attacco alla Procura” di Siracusa: il Gip di Messina archivia la posizione di Luigi Foti e di altri 4 indagati
Parte tutto dall’inchiesta denominata “Mare Rosso”. Un romanzo criminale che dura da ben 18anni, senza intervalli; partorisce a sua volta “Veleni in Procura”, che a sua volta formalizza il dossier “Attacco alla Procura” con il trasferimento del procuratore capo di Siracusa Ugo Rossi e il sostituto Maurizio Musco. Ma, ora, a distanza di 8 anni si chiude un altro capitolo legato ai cosiddetti “Veleni in Procura” di Siracusa, che ha come etichetta “Attacco alla Procura”.
Un filone d’inchiesta che nasce nel 2012; avviato dai carabinieri della sezione di polizia giudiziaria della Procura di Siracusa. Si tratta di una storia degna di un racconto d’altri tempi, dove i protagonisti appaiono e scompaiano, come l’Araba Fenice. Indagini, che erano iniziate nel 2010. Sono 12 le persone che entrarono sotto l’attenzione della Giustizia; tutti denunciati a piede libero, in un voluminoso fascicolo denominato “Attacco alla Procura”. A leggere le carte e a ben sentire gli addetti ai lavori, s’ipotizzò come la nascita di una strategia attuata da un “gruppo misto”, così considerato dagli inquirenti, studiata a tavolino e indirizzata alla delegittimazione dell’allora procuratore capo della Repubblica di Siracusa Ugo Rossi e del sostituto Maurizio Musco, al fine di provocarne l’allontanamento dalla sede siracusana e bloccare quindi il corso di certe indagini che rischiavano, secondo l’accusa, di mettere in discussione il presunto colluso e consolidato sistema politico-imprenditoriale. Per fare questo i membri “dell’associazione spontanea”, sempre secondo gli inquirenti del tempo, avrebbero stabilito che si sarebbero avvalsi di una serie di strumenti, tra cui una campagna stampa organizzata ad hoc, contro i due magistrati. Fascicolo finito alla competenza Procura di Messina che ha fatto la spola dalla città dello Stretto, alla Procura di Reggio Calabria, dove man mano che passava il tempo si riduceva il numero degli indagati, o incolpati che dir si voglia, fino a ridursi alla fine della corsa, con 5 imputati a vario titolo; fascicolo quindi scaturito dall’ultima costola giudiziari rimasta in vita. Ora, il gip del tribunale di Messina, Maria Vermiglio, ha fatto giustizia; ha emesso un decreto che dispone l’archiviazione della posizione dei 5 reduci che a vario titolo erano finite nel procedimento penale, nell’inchiesta avviata nel 2017 e conclusa dalla Procura peloritana nel mese di novembre con la richiesta di archiviazione, accolta oggi dal giudice. Usufruiscono del decreto di assoluzione l’ex sottosegretario Luigi Foti difeso dall’avvocato Bruno Leone, l’ex sindaco di Siracusa, Aldo Salvo, e i giornalisti Franco Oddo, Salvatore La Rocca e Gianfranco Pensavalli.
Ma che cosa è successo davvero? Se lo sono chiesto a lungo i magistrati della Procura di Reggio Calabria che hanno tenuto il fascicolo denominato “Attacco alla Procura” di Siracusa in sofferenza sul tavolo per anni, dopo che è transitato per il Tribunale di Messina per la legittima suspicione territoriale, a causa del coinvolgimento in altra inchiesta di un magistrato prima in forza a Siracusa, poiché si tratterebbe, secondo le indiscrezioni trapelate a suo tempo, di un attacco diretto contro i due magistrati, quindi, al potere giudiziario dello Stato.
Ma quali sarebbero i fatti contestati a vario titolo a tutti gli intervenuti presunti attori e registi di questo ipotetico romanzo criminale in salsa greco-romana-siracusana? Le accuse iniziali, riportate nel Cnr, sono di associazione per delinquere, violenza, minaccia e calunnia al corpo amministrativo giudiziario, diffamazione, rivelazioni del segreto d’ufficio, corruzione in atti giudiziari e tanto altro ancora; i magistrati inquirenti cercarono inoltre di capire come può entrarci in quest’inchiesta un manipolo di uomini politici a più livelli d’importanza, avvocati, deputati e senatori che all’epoca dei fatti avrebbero presentato una serie d’interrogazioni parlamentari, dove denunciarono delle presunte condizioni discutibili contro i due magistrati; ma anche tanti editori e giornalisti, insieme ad oltre cento persone, tutte citati e nel fascicolo d’indagine a vario titolo, persone informate dei fatti, o forse è giusto dire, in certe circostanze e il più delle volte tirati in ballo a loro insaputa, o per mera convenienza giudiziaria.
Di primo acchito sembrò trattarsi di un processone, dove appariva una superba regia con tanti interessati seguaci, che nella fase attuativa si sarebbe avvalsa della forza derivante da una fitta rete di conoscenze nei settori della magistratura, dell’avvocatura, della politica, degli imprenditori, di editori e giornalisti, per un ben specifico coinvolgimento strategico della stampa e dell’associazionismo in genere. Secondo le indiscrezioni e di quanto riportato dalla cronaca dei giornali all’epoca dei fatti, tutto questo con il sospetto di un disegno criminoso ben congegnato e definito, dove i principali promotori avrebbero avvicinato (o cercato di avvicinare), anche parecchi membri del Parlamento, compreso i componenti della Commissione Nazionale Antimafia, Insomma, secondo le indiscrezioni, trapelate all’epoca dei fatti, sarebbero stati tirati in ballo da chi forse voleva il loro autorevole aiuto. Inoltre, sarebbero stati avvicinati dagli “organizzatori” della “crociata” contro i due magistrati dei consiglieri comunali siracusani per sollecitare iniziative parallele, richiedendo l’invio della Commissione Parlamentare Nazionale Antimafia contro i due Pm della Procura della Repubblica di Siracusa, e di altri personaggi coinvolti.
Ora è la sintesi nelle decisioni del giudice terzo a mettere fine a un calvario giudiziario per gli sfortunati imputati; inchiesta, che è scaturita da una serie d’intercettazioni captate nel 2011, versate dai carabinieri nell’informativa del 4 settembre 2012, dal contenuto i magistrati inquirenti hanno ipotizzato l’esistenza di una strategia ideata dall’ex parlamentare Foti, con l’ausilio dei tre giornalisti, per delegittimare l’operato della Procura di Siracusa e allontanare l’allora procuratore capo, Ugo Rossi e il sostituto procuratore Maurizio Musco. Nel novembre 2011 sui periodici Magma e La Civetta sono stati pubblicati diversi articoli riguardanti i due magistrati, il cui contenuto sarebbe stato, secondo l’assunto accusatorio, diffamatorio perché alimentato da una campagna mediatica finalizzata a screditare la Procura.
Già il 25 luglio 2017 il rappresentante dell’accusa aveva chiesto l’archiviazione del procedimento. In precedenza il gip del tribunale di Messina, nel disporre la separazione della posizione di un quarto giornalista, Carmelo Maiorca – per il quale è stato emesso il decreto di archiviazione – ha chiesto al pubblico ministero Antonio Carchietti, di eseguire successive indagini su tutti gli altri indagati. Gli inquirenti hanno, perciò, eseguito accertamenti sulla natura dei rapporti fra tutti gli indagati, compreso le verifiche bancarie per accertare se vi fossero stati passaggi di denaro da Foti e Salvo nei conti correnti dei giornalisti. Indagini delegate al nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Messina che ha poi depositato l’informativa il 24 settembre dello scorso anno. Da quell’indagine il pubblico ministero ha desunto che dai conti correnti intestati ai due politici “non emergono transazioni nei confronti degli altri indagati” e la stessa cosa dai conti correnti dei giornalisti. L’unico bonifico di 500 euro che è stato versato da Foti al settimanale Magma è datato 7 novembre 2012 ma è legato al pagamento della fattura per un servizio di pubblicità sul settimanale e riferibile a uno spazio elettorale per le regionali del mese di ottobre 2012. Per il gip Vermiglio, che ha archiviato il fascicolo definitivamente, quel bonifico “non coincide con l’arco temporale di cui alle conversazioni telefoniche avvenute fino al dicembre 2011, attraverso le quali si sarebbe paventata l’esistenza di un’articolata campagna mediatica diretta a delegittimare l’azione della Procura di Siracusa da parte di Foti”. La transazione è avvenuta anche un anno dopo la conversazione ambientale in cui Foti affermava di avere fornito documentazione e fotografie, pagando l’editore del periodico Magma e dando la medesima documentazione a Oddo. Il giudice scrive che da un’altra intercettazione non sia possibile desumere “quali siano le informazioni che l’onorevole Foti avrebbe dato alla stampa”.
Ma il giudice terzo va più in là; sostiene che “dalla disamina delle conversazioni captate non emergono elementi a sostegno dell’esistenza di un’associazione a delinquere (…) finalizzata alla commissione di plurimi delitti di diffamazione e calunnia”. Nella concretezza dei fatti, non vi sarebbe stato alcun accordo tra i due politici e i giornalisti per screditare l’operato della magistratura siracusana. A convincere il Gip sulla genericità delle conversazioni, è il fatto che “gli interlocutori dei dialoghi captati discutono di attacchi a mezzo stampa, di strategie di intervento ma in nessun dialogo si operano riferimenti specifici a condotte delittuose o a pressioni fatte a giornalisti per la pubblicazione di determinate notizie”.
C.A.