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Crisi petrolchimico: la Regione al governo: intervenga Eni

L’appello lanciato dal presidente della Regione, Nello Musumeci, e dall’assessore regionale alle Attività Produttive, Mimmo Turano, al ministro per lo Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, perché il governo metta al primo punto dell’agenda gli interventi per salvaguardare il polo petrolchimico siracusano è l’ultimo di una serie di messaggi disperati che provengono dagli industriali e dalle organizzazioni sindacali. All’esclusione di Lukoil dai progetti legati alla transizione energetica nel settore della raffinazione e, quindi, dai fondi del Pnrr, si sono aggiunti i boicottaggi a causa della guerra in Ucraina, che hanno reso ancora più complicata la sopravvivenza dell’intero distretto industriale siracusano. «Prendiamo il greggio da Lukoil – dice Claudio Geraci, vicedirettore generale di Isab – perché è l’unica società che ci fa credito». Ciò significa che eventuali sanzioni indiscriminate al petrolio russo avrebbero l’estremo effetto della chiusura della raffineria e il licenziamento di un migliaio di lavoratori. 

L’intento è implicito nell’appello al governo, cioè quello di fare intervenire Eni per dirimere la questione e dare continuità produttiva all’Isab di Priolo.

Al tavolo del governo, intanto, la Regione siciliana ha rimesso il dossier per l’avvio dell’iter procedurale, per ottenere l’indispensabile riconoscimento di area di crisi industriale complessa per il petrolchimico aretuseo. Il documento è stato spedito a novembre al Ministero per lo Sviluppo Economico, e reca la firma dei sindaci del comprensorio e di tutti gli altri protagonisti di questa seconda fase del progetto che intende rilanciare la zona industriale siracusana con investimenti privati e interventi pubblici, attivando finanziamenti e agevolazioni per il progetto di riconversione e di riqualificazione industriale.  

Il dossier parte dall’inquadramento del contesto territoriale con 2mila lavoratori nel settore della raffinazione del petrolio e nella fabbricazione dei prodotti chimici. La presenza di quest’importante fetta produttiva determina un valore aggiunto dell’8,6%, dato che nessuna provincia siciliana fa registrare. Anche in termini pro capite, il valore aggiunto fatto registrare in provincia di Siracusa (60mila euro) è, in assoluto, il più alto in tutta la regione.  

Le principali aziende del polo petrolchimico stanno valutando la possibilità d’importanti investimenti. Si parla di un intervento pari a oltre 3miliardi di euro, necessari per rendere sostenibile i cicli produttivi in cui le aziende sono coinvolte. Tutti gli interventi hanno l’obiettivo di avviare un processo di decarbonizzazione produttiva e a un miglioramento dell’efficienza energetica con la sostituzione progressiva delle fonti fossili con materie prime rinnovabili o circolari a minor impatto ambientale.  

Ed è proprio in tale contesto che s’inserisce il riconoscimento di area di crisi complessa. “Il passaggio – dice Carmelo Frittitta, dirigente generale del dipartimento Attività produttive della Regione siciliana – permetterebbe di attivare alcune risorse pubbliche dedicate, necessarie ad abbattere in costi d’investimento delle imprese”.  

Nel documento, tra le altre cose, si legge che “la chiusura definitiva del complesso industriale, considerando il valore aggiunto globale lordo nel 2020 del Polo (694 milioni di euro) equivarrebbe approssimativamente a una perdita pari al 8,6% del Pil regionale. La chiusura, inoltre, graverebbe anche sull’autorità portuale determinando un danno economico irreversibile”.  

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