Delegati nei quartieri, 16 ex consiglieri comunali: “Azione da podestà”
Il Sindaco Italia ha emesso una serie di determine dichiarando abrogati o modificati 14 articoli dello Statuto Comunale, la cui adozione e modifica è di esclusiva competenza del Consiglio Comunale. Ha poi nominato un buon numero di suoi fiduciari nei quartieri della città, affidando loro funzioni pubbliche utili a “facilitare i rapporti dei cittadini con l’Amministrazione Comunale”. Un’azione che non è piaciuta a sedici ex consiglieri comunali (Fabio Alota Federica Barbagallo Mauro Basile Sergio Bonafede Gianni Boscarino Salvo Castagnino Chiara Catera Salvatore Costantino Muccio Alessandro Di Mauro Gaetano Favara Curzio Lo Curzio Michele Mangiafico Ferdinando Messina Ezechia Paolo Reale Tonino Trimarchi Franco Zappalà) che hanno stilato un documento congiunto.
A prescindere dagli strafalcioni, anche istituzionali (il quartiere Neapolis diventa “Napolis”; la trasmissione per conoscenza al Presidente del Consiglio Comunale, organo oggi inesistente perché sciolto per aver esercitato in modo indipendente le proprie prerogative istituzionali; il richiamo agli articoli 70 e 71 della L.R. 16/63 che è composta solo di tre articoli), e dalla legittimità degli atti di nomina che sarà oggetto, di attenzione istituzionale dell’Assessorato Regionale che verificherà l’improbabile ritorno in vita di norme contenute in un antico Decreto del Presidente della Regione Siciliana, n. 6 del 29/10/1955 ( e non nella legge citata dal Sindaco che tale decreto aveva riesumato dopo la dichiarazione della sua incostituzionalità), desideriamo, come componenti di un Consiglio Comunale ingiustamente sciolto per aver osato votare contro una proposta del Sindaco, sottolineare come tali atti costituiscano l’ennesimo sberleffo alla democrazia perpetrato in danno dell’istituzione Consiglio Comunale. A prescindere dai soggetti che lo compongono, il Consiglio Comunale è l’organo di democrazia rappresentativa più vicino ai cittadini e ne costituisce diretta espressione e primo gradino dell’ordinamento democratico. La difesa della sua immagine e del suo ruolo dovrebbe essere patrimonio comune di tutti coloro che esercitano o sperano di esercitare cariche pubbliche elettive. A Siracusa, invece, prima il Consiglio Comunale è stato punito e sciolto per aver rifiutato espressamente, nel pieno esercizio delle proprie prerogative istituzionali, di approvare il rendiconto della gestione proposto dal Sindaco e dalla Giunta; oggi, infine, lo stesso Sindaco, che ha impegnato soldi pubblici per difendere in giudizio il provvedimento di scioglimento del Consiglio Comunale, sente la necessità che quella funzione tipica del Consigliere Comunale di essere portavoce delle esigenze più immediate dei cittadini venga esercitata, non da chi è stato eletto per tutelare quelle esigenze ma da suoi fiduciari personali; non attraverso strumenti partecipativi come le consulte o investendo sulla partecipazione attraverso strumenti informatici, pur utilizzati per i progetti di democrazia partecipata e per la “customer satisfaction” sull’azione degli uffici comunali ma con l’investitura in favore dei propri fedelissimi. Tutto questo nel silenzio e nell’inerzia delle istituzioni che avrebbero avuto il dovere di fare chiarezza sulle anomalie della democrazia in versione siracusana. E’ oramai dall’agosto del 2020 che un gruppo di Consiglieri Comunali ha chiesto con ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana l’annullamento del decreto di scioglimento del Consiglio Comunale di Siracusa e l’immediata sospensione dei suoi effetti in attesa della decisione. Nell’ottobre del 2020 la richiesta di sospensione immediata è anche stata sollecitata. Grazie all’azione dei Consiglieri Comunale di Siracusa, anche l’Assemblea Regionale si è resa conto dell’assurdità di sciogliere un Consiglio Comunale, lasciando in carica il Sindaco, per la mancata approvazione di un rendiconto e ha già promulgato una legge che rende certo che ciò non possa più accadere in futuro. Ci auguriamo che il Presidente della Regione ponga rimedio anche agli effetti distorti dell’applicazione di un potere, che dovrebbe essere del tutto eccezionale, quale quello di privare il cittadino della rappresentanza democratica per un’intera consiliatura e che, invece, è stato ingiustamente esercitato in un’estensione tanto ampia da offendere i principi minimi della rappresentanza democratica. Non possiamo però non notare che quando il Sindaco Italia chiese la sospensione della sentenza del TAR di Catania che stabiliva la sua decadenza, il CGA in meno di 24 ore la accolse sottolineando l’importanza, a prescindere dal merito della decisione che sarebbe poi stata adottata, di garantire, durante il procedimento, la continuità dell’esercizio delle funzioni istituzionali, mentre a distanza di oltre sei mesi dalla richiesta, e di quattro mesi dal sollecito, il Presidente della Regione Siciliana, sulla richiesta di sospensione del provvedimento di scioglimento del Consiglio Comunale è rimasto sino a oggi del tutto inerte e silente. Come rappresentanti elettivi della cittadinanza di Siracusa intendiamo non restare passivi di fronte alla deriva istituzionale oggi consentita dai “pieni poteri” esercitati dal Sindaco – che tanto somigliano a quelli del podestà, di non gradita memoria, al quale certamente competeva il diritto di nominare i suoi delegati nei quartieri, ma nel quadro di un ordinamento, quello fascista, con il quale l’assenza di democrazia non era certo incompatibile- e chiederemo di essere direttamente ascoltati dal Presidente della Regione per comprendere le ragioni dell’enorme ritardo nell’adozione di un provvedimento per sua natura estremamente urgente e quali azioni intenda adottare di fronte allo scenario di assenza della democrazia che gli uffici da lui controllati e diretti hanno determinato a Siracusa.