DUE “NO” CANCELLATI NEL SANGUE: SARA E ILARIA, IL RIFIUTO CHE COSTA LA VITA
Due ragazze, due studentesse, due vite spezzate da chi non ha accettato un “no”.

Sara Campanella e Ilaria Sula avevano solo 22 anni. Studiavano, sognavano, progettavano il futuro. Entrambe avevano detto “no”. Un “no” che doveva essere rispettato, ma che invece è stato trasformato in una sentenza di morte da uomini incapaci di accettare il rifiuto.
Sara voleva vivere, voleva laurearsi, lavorare nella medicina, aiutare gli altri. Ma Stefano Argentino, il suo assassino, non le ha lasciato scelta. Per due anni l’ha perseguitata, si è insinuato nella sua vita come un’ombra insistente. Lei cercava di ignorarlo, di farlo desistere con l’indifferenza. Ma lui non si è fermato. L’ha seguita anche quel giorno, l’ha fermata, ha provato ancora a parlarle, a farle capire qualcosa che solo lui vedeva. Lei ha cercato di allontanarsi. Lui l’ha fermata. E poi, il coltello.
Sara ha provato a scappare, ha lottato per gli ultimi metri della sua vita. Poi si è accasciata, mentre il suo assassino scappava. E non era solo: qualcuno lo ha aiutato a fuggire, forse la madre stessa, che aveva preparato un biglietto per suggerirgli di sparire, fingendo un viaggio per curarsi. Ma la verità è arrivata lo stesso: Argentino è stato fermato, ha confessato, ma senza raccontare fino in fondo. Sulle motivazioni, silenzio. Sull’arma usata, silenzio. Sul perché, un vuoto incolmabile.
Ilaria Sula è stata uccisa con la stessa brutalità, con lo stesso disprezzo per la sua libertà. Anche lei aveva detto “no”. Anche lei pensava di poterlo gestire, di poter voltare pagina. Ma Mark Antony Samson, il suo ex, non lo ha accettato. Dopo averla uccisa, ha caricato il suo corpo in una valigia e lo ha gettato in un dirupo, come se potesse nascondere per sempre il suo crimine. Poi, ha finto. Ha abbracciato il padre di Ilaria, ha detto di essere preoccupato. Ha mentito, mentre il corpo della ragazza giaceva abbandonato nel bosco.
Due storie diverse, due città lontane. Ma lo stesso copione: uomini che si sentono padroni di una vita che non gli appartiene. Uomini che scambiano il rifiuto per un affronto, e l’amore per possesso.
E dietro questi delitti, madri e padri che piangono figli che non torneranno più. Cetty Zaccaria, la madre di Sara, ha affidato ai social il suo grido di dolore:
“Sara non parla più, non ride più, è fredda… non c’è più colore, non c’è più il ‘nostro sole’, non c’è più la brezza del mare che tu amavi tanto, non c’è più aria… C’è solo buio e abisso.”
Due “no” non ascoltati. Due giovani donne che volevano solo vivere. Due vite spente nel sangue. E una società che deve smettere di considerare questi delitti come fatalità. Perché il rifiuto è un diritto, non una condanna.