EV Siracusa: “Nessuna proposta petrolchimico per il recovery plan”
Europa Verde Siracusa: Nessuna proposta del petrolchimico interessante e valida da poter essere inserita nel PNRR. Salvaguardare l’occupazione territoriale con il riconoscimento dello status di crisi industriale complessa e con una svolta radicale verso la green economy. Le agevolazioni per ZES solo per attrarre investimenti veramente ecosostenibili
La proposta “verde” che le aziende del petrolchimico hanno messo sul piatto riguarda la collaborazione di Sasol e Sonatrach con il politecnico di Torino per lo studio di fattibilità di un impianto CCSU (Carbon Capture, Storage and Utilization) che è stata presentata come la panacea e la soluzione a tutti i problemi ambientali. Peccato che si tratta solo di un progetto di ricerca di riconversione del carbonio in altro carbonio, di chimica grigia, che non può essere finanziato dai fondi del PNRR ma che potrebbe solo essere finanziato, come tanti altri progetti universitari di ricerca, da altri fondi. Oltre allo studio del CCSU la provincia di Siracusa intenderebbe contribuire alla riduzione dei gas climalteranti e alla sostenibilità ambientale con il progetto dei serbatoi di Gas Naturale Liquefatto (GNL) nel pontile consortile di Punta Cugno, nella rada di Augusta, incurante dell’alto rischio e di un ulteriore elemento di pericolo che tutto ciò comporterebbe. L’utilizzo del metano (pur liquefatto) come combustibile per la mobilità pesante (camion, autobus, navi) non è preso in considerazione nella visione strategica della mobilità sostenibile e della decarbonizzazione, mentre è ormai chiaro che camion, navi e autobus si doteranno di celle a combustibili e si muoveranno attraverso il vettore energetico dell’idrogeno verde. A che giova investire su una tecnologia, su impianti ambientalmente impattanti e che a breve diventeranno obsoleti?
Ci si attendeva, come altrove sta avvenendo, una seria, sostenibile, ecocentrica, svolta green della filiera energetica. E’ necessario, quindi, discutere senza preconcetti, con un linguaggio e una tassonomia ambientale diversi rispetto a quello che si sono utilizzati finora senza arroccarsi su posizioni conservative, protezionistiche e di chiusura, formulando progetti sostenibili, innovativi, rispettosi dell’ambiente e, soprattutto, della comunità. Un impegno serio, corale, abnegato, con proposte e progetti da parte del territorio che vadano nella direzione giusta, che abbraccino la green economy.
Un ruolo fondamentale deve essere svolto dalla politica e, soprattutto, da chi in questo momento rappresenta il territorio a tutti i livelli. Politica e politici che sono abbastanza latitanti ed incapaci di svolgere il ruolo di guida al cambiamento. Spetta loro attivarsi seriamente nel solco di quanto l’Europa ci chiede, salvaguardando l’occupazione territoriale. La coperta è corta, il varco è stretto ma bisogna operare con accortezza per evitare conseguenze ancora più nefaste.
Si deve organizzare bene la transizione occupazionale che accompagna la transizione ecologica, anche attraverso il riconoscimento al nostro petrolchimico dello status di crisi industriale complessa, in maniera che nessun dipendente rimanga senza lavoro, anzi bisogna mirare ad un aumento dei livelli occupazionali, obiettivo che sicuramente si può raggiungere con l’economia verde.
Il PNRR, anziché finanziare per il nostro territorio progetti di dubbia matrice ambientalista, deve incentivare l’economia circolare, le fonti rinnovabili, l’elettrificazione, l’idrogeno verde, le batterie al litio, le fuel cell e, ancora, la mobilità sostenibile, la biodiversità, la rigenerazione urbana, la riduzione del rischio idrogeologico, dello spreco di acqua potabile e del consumo di suolo, e tanto altro. I fondi del PNRR e tutti gli altri fondi europei e nazionali devono essere indirizzati in questi settori.
Le agevolazioni per le Zone Economiche Speciali (ZES) devono essere utilizzate per attrarre investimenti green, per incentivare i progetti industriali veramente ecosostenibili e non per agevolare gli investimenti ecologicamente insostenibili (che usufruiscono già dei SAD, i sussidi ambientalmente dannosi). E’ deprecabile “fossilizzarsi” nel fossile e nei combustibili fossili.
Si deve avviare una transizione occupazionale che non deve impaurire. Il management e i lavoratori del nostro petrolchimico hanno acquisito in questi anni abilità, conoscenze, competenze, know how tecnico di tipo chimico e ingegneristico, gestionale, organizzativo di alto livello che permetterà loro, con le facilitazioni necessarie e richieste, di inserirsi velocemente nella nuova economia.
In questa riconversione industriale, in questa transizione energetica, sarebbe stato utile poter disporre nel nostro territorio di un centro di ricerca, un centro studio, un centro di sviluppo delle scienze di base e tecnologico che avrebbe potuto fungere da catalizzatore per la formulazione di proposte e risposte innovative e sostenibili. Il polo industriale del petrolchimico non è riuscito in questi tanti decenni della sua presenza ad avere una visione del futuro e ad investire culturalmente su di esso. Ma c’è ancora tempo e le aziende potrebbero muoversi, se solo lo desiderano, in questo senso calamitando a Siracusa esperti e scienziati di valore.
Salvo La Delfa, Giusi Nanè
Co-portavoce Europa Verde Siracusa