Ex carcere borbonico: i privati volevano farne un albergo di lusso
L’ex carcere borbonico, oggi al centro di un’inchiesta giudiziaria per lo stato di abbandono in cui si trova, più volte nel recente passato è stato oggetto d’interesse di imprenditori privati e, per tale motivo, anche in procinto di mutare proprietà ma ciò non avvenne per una serie di vincoli e di ostacoli che si manifestarono nella richiesta di mutazione della destinazione d’uso dell’immobile.
Bisogna andare indietro nel tempo di una ventina d’anni per ricostruire questa storia paradossale. Nel 2001 è stato avviato il progetto di trasformazione del palazzo delle Poste in un albergo a cinque stelle, com’è oggi. “Ricevetti da una società genovese la proposta di rilevare l’ex carcere borbonico – racconta Bruno Marziano, all’epoca dei fatti presidente della Provincia regionale – l’azienda privata avrebbe dato all’ente la somma di 500mila euro all’anno, con esclusione dell’ammortamento, per ottenere in concessione l’immobile di proprietà della Provincia per la durata di trent’anni e alla scadenza del termine poteva riscattarlo. S’innescava, in questo modo, il project financing che avrebbe consentito all’ente pubblico di non avere più l’onere di un edificio per il quale, ad esempio, è stato necessario spendere un milione di euro per rifare i tetti che erano pericolanti”. Il progetto prevedeva la ristrutturazione dell’intero edificio per trasformarlo in albergo di lusso. Nel cortile era prevista anche la realizzazione di una sorta di piramide sullo stile di quella costruita al Louvre. Il privato avrebbe sistemato tutta l’area antistante l’ex carcere borbonico e avrebbe utilizzato anche la parte superiore del parcheggio Talete.
“Tutta l’operazione – dice Marziano – che trovai interessante quanto proficua per le casse della Provincia che ne avrebbe ottenuto un benefit, si è protratta per diverso tempo e stava per andare in porto se non fosse stato per l’intervento dei consiglieri comunali, chiamiamoli iper ambientalisti, che, appellandosi al rigore del piano particolareggiato di Ortigia, non hanno permesso il cambiamento della destinazione d’uso. In sostanza, hanno vincolato l’edificio a essere un contenitore culturale. In quel periodo si parlava di trasferire l’archivio storico degli enti pubblici siciliani, addirittura si parlò di ricavarne la sede per non meglio specificate televisioni internazionali con i risultati deludenti che oggi possiamo constatare”.
A mostrare interesse per quell’edificio, che per quasi due secoli è stato casa di reclusione ma ha anche ospitato un sifilicomio, l’aula di corte d’assise e il tribunale civile, era stata un’azienda siracusana. “Avevamo dato incarico a un professionista che ha realizzato un rilievo ed eravamo arrivati alla fase del progetto semi esecutivo – ricorda l’imprenditore Andrea Corso – che ci consentiva di intavolare una proficua interlocuzione con il presidente della Provincia, Marziano al quale avevamo prospettato una sorta di progetto di finanza con la previsione d’investire qualcosa come 20milioni di euro per la trasformazione dell’ex carcere borbonico in una struttura alberghiera, interessando l’allora Sviluppo Italia per ottenere un mutuo finalizzato all’acquisizione di immobili storici da trasformare in alberghi. Alla concretizzazione del progetto, però, intervennero alcuni consiglieri comunali che proposero in aula una raccomandazione, finalizzata a vincolare la destinazione d’uso quell’edificio e così, con nostro profondo rammarico, non se ne fece più nulla”.
“Per quel progetto – ricorda Marziano – per anni sono stato bollato come un cementificatore, per il distruttore di un gioiello. Col senno del poi, credo che siano in tanti a doversi ricredere oggi, alla luce del fatto che l’ex carcere borbonico è solo una fastidiosa palla al piede”.
Negli ultimi tre anni, c’è stato un altro tentativo di acquisire l’immobile del Libero consorzio comunale. Lo ha concretizzato la Gabetti di Milano, che aveva proposto all’ente di periziare l’edificio per riallinearlo al valore di mercato, ritenendo la valutazione di quasi 7milioni di euro, eccessiva rispetto allo stato del monumento. Tale perizia avrebbe consentito al player del settore immobiliare di determinare un prezzo a base d’asta congruo e appetibile a uno o più fondi la cui offerta sarebbe stata oggetto di scelta da parte del Libero consorzio. Anche quest’ipotesi è, però, fallita. La scelta operata dai commissari dell’ente di via Roma è stata di mettere l’ex carcere borbonico all’asta imponendo il valore di bilancio, incanto che è andato deserto nel mese di ottobre.