I tifosi della Curva Anna donano le maglie del Siracusa ai ragazzi della Filippide
Con una sobria quanto significativa cerimonia, tenuta sul manto erboso all’interno della pista di atletica del campo scuola Pippo Di Natale, una rappresentanza dei tifosi della curva Anna ha consegnato ai ragazzi dell’associazione Filippide le maglie dei giocatori del Siracusa calcio. Da anni i ragazzi che appartengono all’associazione, frequentano lo stadio De Simone e, in particolare, la Curva Anna per seguire le partite del Siracusa, loro squadra del cuore.
“Questi ragazzi – dice Antonio Esposito, presidente dell’associazione Filippide – praticano lo sport e, nelle condizioni in cui sono, per loro si tratta di una vera e propria lotta. Così hanno preso in prestito lo slogan della tifoseria che recita ‘Noi vogliamo gente che lotta’. Da disabili loro lottano ogni giorno senza alcun riconoscimento e si aspettano che facciano altrettanto i calciatori in campo”.
A consegnare loro le maglie è stato l’ex consigliere comunale Gaetano Favara, che si è fatto portavoce della tifoseria siracusana. “Il gesto segue i tanti altri che abbiamo fatto per il sociale – dice Favara – la consegna delle maglie del Siracusa ai ragazzi era già stato programmato da diverse settimane e dispiace che la cerimonia sia avvenuta dopo le contestazioni alla squadra che giudichiamo sì dure ma non violente. Una polemica civile non può essere giudicata, in maniera forse affrettata, come atto di delinquenza con tutte le conseguenze negative che ne sono scaturite. Oggi più di prima, tifosi, società e calciatori sono più che mai concentrati per raggiungere l’obiettivo comune di ritornare nei campionati che più competono alla piazza siracusana”.
Favara ricorda che la Curva Anna si spende per il sociale con iniziative a favore dei bambini e delle persone più deboli. Il 17 dicembre i tifosi del Siracusa saranno protagonisti di un’altra iniziativa di solidarietà a favore dei ragazzi ospiti dell’istituto Sant’Angela Merici. “Vogliamo dare un sorriso – dice Favara – a chi è più sfortunato di noi che vogliamo fare sentire come se fossimo noi stessi”.