Il sindacato: “Subito tamponi ai lavoratori dei Beni culturali”
La scomparsa del direttore del parco archeologico, Calogero Rizzuto, a causa degli effetti del coronavirus, ha innescato una serie di polemiche sui ritardi da parte degli enti pubblici nell’applicazione delle norme relative al lavoro agile, sulla carenza di dispositivi di protezione individuale nelle. Le organizzazioni sindacali di categoria all’unisono puntano il dito contro dirigenti e amministratori pubblici che a tutt’oggi fanno resistenza a svuotare gli uffici per evitare il diffondersi del contagio del covid-19. “Adesso – spiega il segretario generale dell’ust cisl, Vera Carasi – bisogna tutelare tutti i lavoratori disponendo la chiusura di ogni ufficio collegato al parco e degli stessi musei locali. Anche per dare un senso a questa morte così assurda, dobbiamo essere in grado di sostenere tutti i lavoratori, amministrativi e custodi, che in queste settimane hanno ancora garantito operatività e presenza”.
Va giù duro il segretario della Funzione pubblica della Cgil, Franco Nardi: “Adesso non basta più attivare le procedure per la sanificazione dei locali. Non basta più la chiusura della Soprintendenza con l’attivazione delle procedure di sicurezza. Occorre, con urgenza estrema, procedere alla mappatura dei contatti avuti nelle settimane scorse tra le persone risultate positive al coronavirus e i lavoratori degli enti pubblici di riferimento. E’ più che mai importante che tutti lavoratori siano sottoposti all’esame del tampone per escludere qualsiasi complicazione e per proteggere la salute della cittadinanza in un momento molto delicato per tutti”.
Il discorso e la preoccupazione vengono allargati a tutti gli uffici pubblici e ai comuni della provincia: “Il rischio del contagio – spiega Alda Altamore della Funzione pubblica della Uil – non è soltanto al museo Paolo Orsi o negli altri uffici in cui ci sia stato un contatto con il personale dipendente ma in tutti gli uffici pubblici del territorio. In moltissimi casi i lavoratori non sono stati dotati dei dispositivi di protezione individuale, non è stato fatto un monitoraggio dei contatti, si persiste a non applicare le norme relative al lavoro agile. Non si vuole cogliere il senso della norma dettata dal Dpcm e ci si trincera dietro la bieca burocrazia. Se si escludono i custodi e altro personale indispensabile, per tutti gli altri lavoratori bisogna ricorrere agli strumenti previsti dal decreto per evitare la diffusione del contagio da coronavirus”.
La funzione pubblica della cisl siracusana aveva già chiesto il 16 marzo chiarimenti al dirigente generale del Dipartimento dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana e a quelli locali: “Già allora avevamo – spiega Daniele Passanisi – sollevato perplessità sulla tempistica adottata per gli interventi di sanificazione e tutela della salute dei lavoratori. Addetti alla custodia, tra l’altro, che non hanno, responsabilmente e pur senza direttive precise, abbandonato il posto di lavoro. Chiudere al pubblico tutti i musei è stata, a suo tempo, una saggia decisione. Adesso bisogna pensare concretamente e urgentemente a quanti continuano, a proprio rischio e pericolo, la propria attività. I luoghi di lavoro, quelli che non sono di primaria necessità, non possono trasformarsi in linee di trincea”.
La cisl ha chiesto al prefetto Scaduto un intervento a tutela della salute di decine di lavoratori e, quindi, delle rispettive famiglie”.