Quel parlar male a tutti i costi
Inviato da: Redazione in L’Opinione, Primo Piano 19 Febbraio 2020
In un tempo che nega la verità incontrovertibile dove troviamo in Sicilia il regno dell’invidia e dell’astuzia, a Siracusa si raddoppia la presenza degli invidiosi, dei senza Dio, senza colpa e senza carattere.
L’invidia non è un peccato, ma uno stato d’animo del fallimento personale, dove l’uomo colpito potrebbe liberarsene dichiarandosi colpevole, e riconoscendo così la propria pochezza di spirito e d’animo, la colpa dell’inferiorità interiore, e coerentemente potrebbe “disinfettarsi”. L’invidioso è un uomo senza regole, onore, ma anche senza colpa; perciò senza perdono, dove l’inganno e il delirio si uniscono in un solo sentimento doloroso e riprovevole. L’invidia è, di fatto, odio. Appare chiaro che è un’emozione spesso accostata al concetto di rancore e può rivestire anche aspetti diversi nella nuova società del consumismo sfrenato ed è pensabile solamente nelle sub culture di bassa stratificazione ambientale e sociale, ma non è così; troviamo connessi tanti intellettuali, o pseudo tali, quindi, con il requisito di cultura immagazzinata, ma è invece, semplice acculturamento per il vissuto da fanciulli.
È un segno dell’amarezza, della frustrazione, dove affiorano dal volto e dalla postura i sintomi della malignità recondita dell’anima; l’invidioso avverte nella sua sorda rivoluzione il fallimento del suo carattere nel mondo dove vive, ma non reagisce, e rimane inerme, abulico, nel suo “fantastico fallimento”, nell’obblio dell’anima separata dal corpo.
La condizione d’infelicità, anima molte coscienze e la inserisce in un ragionamento molto più blando, non compiuto, fallito. L’invidia è una delle più forti cause d’infelicità; la passione umana più deprecabile che rende infelice chi è colpito senza saperlo. La società odierna si affligge perché è incapace di reagire ai fenomeni maligni, avvilenti, e inevitabilmente ci porta ad irritarci se altri hanno doti migliori delle nostre e riescono meglio nelle loro attività, nella vita di tutti i giorni; ma nessuno si chiede a quali sacrifici, impegno e studio si è devoti per raggiungere i traguardi prefissati. Nella semplicità degli altri si annida l’invidia; è il trionfo dell’altro nella ricchezza, nel successo, nell’intelligenza, nella bellezza e la forza fisica e tutto il resto. E la risposta rimane quella semplice: ma che ci possa fare se sono più bravo di te?
Scipio di Castro, poeta e scrittore italiano di cose politiche – citato tra gli altri da Leonardo Sciascia , “Sicilia e sicilitudine” – sui siciliani, per rimanere a casa nostra, scrive che sono generalmente più astuti che prudenti, più acuti che sinceri, amano le novità, sono litigiosi, adulatori e per natura invidiosi; sottili critici delle azioni dei governanti, ritengono sia facile realizzare tutto quello che loro dicono e farebbero se fossero al posto dei governanti. D’altra parte, sono obbedienti alla Giustizia, fedeli al Re e sempre pronti ad aiutarlo, affezionati ai forestieri e pieni di riguardi nello stabilirsi delle amicizie. La loro natura è fatta di due estremi: sono sommamente timidi e sommamente temerari. Timidi quando trattano i loro affari, poiché sono molto attaccati ai propri interessi e per portarli a buon fine si trasformano come tanti Protei, si sottomettono a chiunque può agevolarli e diventano a tal punto servili che sembrano nati per servire. Ma sono d’incredibile temerarietà quando maneggiano la cosa pubblica e allora agiscono in tutt’altro modo. Ma a Siracusa c’è di peggio…
Ogni riferimento a persone, cose e/o circostanze accadute recentemente, è puramente casuale.
Concetto Alota