La crisi della depurazione in Sicilia e i vergognosi ritardi accumulati dalla politica
La Sicilia è tra gli ultimi per la depurazione dei reflui; si aspetta ancora la risoluzione della crisi nel comparto. Come stanno le cose: ci sono nel Patto per lo Sviluppo finanze disponibili per 134 milioni di euro destinati a 79 interventi nel totale. Di queste 62 sono state progettate con la programmazione esecutiva, mentre solo tre sono stati aggiudicati e finanziati, ma ancora ne restano 59 ferme in fase istruttoria per l’affidamento.
La Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, presidente Stefano Vignaroli, oltre ai deputati, Fausto Raciti del Pd, e i senatori Luca Briziarelli della Lega, Barbara Floridia, Pietro Lorefice, Fabrizio Trentacoste e Caterina Licatini del M5S, durante l’ultima visita in Sicilia nel novembre scorso ha fissato l’obiettivo nella risoluzione delle tante criticità che registra la depurazione delle acque reflue e sulla gestione dei sedimenti di dragaggio dei porti, come la rada di Augusta. Infatti, tralasciando per un attimo i veleni sparsi in lungo e in largo nelle discariche autorizzate e abusive, le criticità maggiori rimangono i veleni fortemente cancerogeni giacenti nei fondali marini nel porto megarese e le tematiche dei depuratori nel Polo petrolchimico siracusano; in particolare, l’Ias di Priolo Gargallo e gli impianti ubicati nel territorio di Catania.
I sopralluoghi eseguiti nel mese di novembre del 2019 dalla Commissione, sono stati eseguiti, oltre a quello dell’Ias di Priolo, anche ai depuratori di Mili e di Milazzo, con una serie di audizioni in prefettura a Catania. Furono sentiti in quell’occasione alcuni dirigenti di Arpa Sicilia, il viceprefetto vicario facente funzioni di Siracusa, i sindaci e presidenti delle Città metropolitane di Catania e Messina, il sindaco di Siracusa, il commissario del Libero consorzio comunale di Siracusa, i sindaci di Augusta e Milazzo e i rappresentanti di Confindustria Sicilia.
Verso l’Italia ci sono quattro procedure di infrazione europee per le inadempienze sul fronte della depurazione delle acque, con il maggior numero di centri abitati irregolari situati proprio in Sicilia – afferma il presidente della Commissione Vignaroli durante la visita: “Molti centri scaricano direttamente in mare (vedi Augusta n.d.r.), in tanti altri casi non ci sono neanche le fognature, in altri ancora l’impianto di depurazione è presente ma non funzionante, oppure manca di autorizzazione allo scarico valida. Una situazione che mi preoccupa molto e che dopo il lavoro di analisi già fatto a Roma in questi mesi intendiamo approfondire con sopralluoghi sul campo”.
Attualmente sono quattro le procedure di infrazione per la cattiva depurazione già avviate nei confronti dell’Italia per il mancato rispetto della normativa sulla gestione delle acque reflue urbane e che riguardano circa 1000 agglomerati lungo lo stivale. Già nel 1991 l’Unione europea ha chiesto all’Italia di mettersi a regime entro i primi anni del 2000, ma la lentezza e i bastoni tra le ruote, non hanno portato alla risoluzione del grave problema.
Già nel 2018 è arrivata la condanna che è costata all’Italia 25 milioni di euro e costerà ancora altri 30 milioni per ogni semestre di ritardo nell’adeguamento della rete di depurazione. Ancora più grave che all’orizzonte non si vede ancora nessuna luce per mettere finalmente la Sicilia in linea con quanto stabilito dalle norme europee per far uscire dal torpore dell’inquinamento buona parte del territorio siciliano con gravi difficolta per le popolazioni che oltre al danno economico per le sanzione comminate dall’Europa e i costi sanitari, rischiano lo sviluppo di tumori e malattie riflesse.
Concetto Alota