La cronaca dimenticata. Quando la storia di Graziano Verzotto sfiorò il “piglio” del capo della Mobile Angelo Migliore
La storia di Graziano Verzotto s’incrocia per un attimo con quella di Angelo Migliore; uno dei poliziotti siracusani più ispirati e convinti nella lotta contro la mafia. Eccezionale capacità investigativa. Conduceva e sviluppava le indagini in prima persona sul territorio. Fu a capo della Squadra Mobile di Siracusa dal 1982 fino al 1990; il periodo più caldo (l’unico) della breve storia della mafia siracusana.
I fatti in breve. Graziano Verzotto, fuggito dalla sua seconda città Siracusa nel 1975, il giorno prima che i Pm milanesi spiccassero il mandato di cattura contro di lui e altri per la vicenda dei fondi neri dell’Ente Minerario Siciliano di cui è presidente. Condannato nel 1976 dal tribunale di Milano per peculato e interesse privato in atti d’ufficio, condanna definitiva della Cassazione nel 1980; latitante dapprima in Libano e poi in Francia per 17 anni. Ha fatto rientro in Italia nel 1991 beneficiando di un indulto.
Verzotto, nato il 2 agosto 1923 a S. Giustina in Colle, vicino a Padova, era arrivato in Sicilia per caso: nel 1952, quando era dirigente dell’ Eni e avviò le trivellazioni petrolifere nel Nisseno e nell’ Ennese. Nel 1967 lascia l’Eni e approda alla presidenza dell’Ente Minerario Siciliano, quando nel 1975 esplode lo scandalo “Fondi neri”; interesse privato, peculato. Su Verzotto e il suo staff si accumulano tanti processi. Molti finiscono con un nulla di fatto, ma per uno a Milano la sentenza è di quattro anni: Verzotto aveva aperto grossi depositi a nome dell’ Ente in due banche di proprietà di Michele Sindona, e per anni aveva incassato sul proprio conto corrente in Svizzera interessi supplementari in nero. Pietro Giordano e Antonino Renna, direttore generale e amministratore delegato dell’ente, sono arrestati e confessano. Verzotto invece fugge a Beirut.
Alle 5 di una mattina il suo fido Nino lo accompagna all’aeroporto di Catania diretto a Roma, dove s’imbarca nel pomeriggio per un volo diretto a Beirut. A Beirut, Verzotto si aggiunge agli esponenti di spicco della colonia dei bancarottieri italiani che continuano a vivere un’esistenza dorata sotto le bombe; lì trova gente come Felice Riva, l’editore missino Ernesto Brivio e tanti altri.
Nel 1977 Verzotto si trasferisce nella più tranquilla Parigi, città che conosce bene per i suoi trascorsi da partigiano italiano e dove può vantare una cerchia di amici ricchi e potenti.
Durante la latitanza a Parigi e i suoi spostamenti anche in Sicilia, il suo destino “striscia” più volte e s’incrocia con l’intuito del capo della Squadra Mobile della Questura di Siracusa, Angelo Migliore, che aveva indagato su Verzotto e lo voleva arrestare a tutti i costi. Un bel colpo. Ma non trova tutti i collegamenti necessari; arriva ad un palmo dalla verità: nessuna conferma certa alle indiscrezioni da parte di un agente della Questura che in un rapporto gli fornisce particolari e personaggi che avevano relazioni di amicizia e di affari con Verzotto latitante. In effetti, Graziano Verzotto non mise mai piedi in Italia, come la favola messa in giro dai racconti dei bar, sulla base della dettata sub-cultura imperante, men che meno in Sicilia o peggio ancora a Siracusa. I suoi incontri con amici e collaboratori avvenivano a Parigi o a bordo di una nave da diporto d’altura battente bandiera francese, fuori dalle acque territoriali. Il punto d’incontro per gli amici e gli affari nella zona di Siracusa si trovava nel mare al largo di Pachino. Ma anche in Algeria, dove Verzotto godeva di una forte amicizia dell’ex presidente Houari Boumédiene e dei suoi ex collaboratori rimasti in tanti nel governo algerino.
Il commissario Angelo Migliore, della latitanza di Verzotto e delle sue mire per arrestarlo, fa cenno anche nel suo interessante ed esaustivo libro: “Come nasce una Mafia”, in cui racconta buona parte della storia della mafia siracusana e le stagioni di morte che insanguinarono il territorio siracusano con decine di morti ammazzati; la prima ondata inizia degli anni Ottanta e fino agli Anni Novanta.
Dopo i relativi processi per quei morti ammazzati e il riassetto organizzativo delle cosche ormai decimato, l’attività criminale riprende lentamente; i superstiti si riorganizzano in tanti piccoli clan, oltre a quelli di nuova genitura e che nel frattempo si erano affacciati nello scenario criminale, invadendo così quasi tutti i territori da sfruttare nell’intera provincia di Siracusa. Ormai in città la paura collettiva per la gente era un ricordo lontano, così come gli atti criminali nella pubblica via stile Palermo; ma i segnali di un tentativo di ripresa erano fin troppo chiari. La risposta dello Stato fu forte. Con uno spiegamento massiccio di forze di polizia, a livello giudiziario e investigativo, fece terra bruciata alla nascente nuova mafia a Siracusa. Nel mese di luglio del 2007, con un’operazione di polizia, coordinata dalla DIA di Catania, le forze rimaste in campo furono decimate e il nascente clan detto di “Santa Panagia”, riorganizzato dai suoi esponenti di spicco da poco scarcerati dopo una lunga detenzione, con ambiziosi progetti e mire espansionistiche senza limiti, fu disintegrato quella notte. È la fine storica dell’ultima traccia di mafia a Siracusa.
Concetto Alota