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La politica siracusana e i fallimenti: acqua pubblica, ospedale, Camera di commercio e Autorità portuale

Oltre alla perdita dell’Autorità portuale, della Camera di Commercio, della Banca d’Italia, del fallimento “volontario” del progetto per il nuovo ospedale di Siracusa, una delle tante ultime promesse dell’abulica e falsa politica siracusana è stata la presa per i fondelli, oltre alla tragica e bugiarda farsa, di passare alla gestione pubblica dell’acqua e la contestuale sistemazione della rete idrica dei comuni della provincia di Siracusa, capoluogo in primis, che è ridotta davvero male, tranne qualche eccezione, tutto il resto è in una situazione davvero grave. Ancor più grave è la mancanza dei depuratori dei reflui fognari in diversi comuni.

Già in passato si parlò d’intervenire con investimenti per potenziare gli acquedotti colabrodo, dove nella tubazione insistono delle falle che nel passato furono quantificate in una percentuale abbastanza importante intorno al 40%. E su questo sono tutti d’accordo. Le divergenze, che spesso finiscono in veri e propri scontri, nascono quando si deve decidere come uscire dallo stallo. Da una parte ci sono i gestori privati che chiedono più soldi per fare investimenti, denaro che arriva dall’aumento delle bollette dell’acqua, dall’altra ci sono le associazioni che difendono i consumatori secondo cui le tariffe sono già troppo alte a fronte di un servizio pessimo se non addirittura a tratti pericoloso per la salute.

Il ritorno all’acqua pubblica trova nella politica corrotta, specie in Sicilia, ostacoli in mille cavilli che riportano interessi di società private che incassano bollette esose, ma non hanno l’obbligo d’investimenti.

Nel mirino in particolare c’è chi sostiene che per risollevare l’intero comparto, l’unica soluzione è una politica tariffaria e di alzare il prezzo dell’acqua per i cittadini e adeguarlo a quel medio europeo, che sarebbe più alto; quindi a pagare sarà sempre “Pantalone”. Non è giusto che siano i consumatori a pagare i miliardi d’investimenti del fabbisogno necessario per rimetter in ordine la rete idrica e fognaria; ci sono città che arrivano a far pagare ai cittadini inermi,  senza alcuna valida difesa da parte della politica che si schiera quasi sempre con gli speculatori, cifre sproporzionate per un servizio che non è loro offerto, per un’acqua non potabile, oppure ancora peggio pagano per una depurazione che non è effettuata. Senza contare che queste maggiori risorse, alla fine, non equivalgono a investimenti necessari e utili, ma andranno a nutrire ulteriormente l’inefficienza della spartizione politica di un sottogoverno fatto di poltrone inutili e incarichi milionari per portare solo voti al “capo bastone”. La corruzione è l’anima della democrazia rappresentativa, di politici sempre assatanati di denaro e di potere, in connubio con uomini che sono collocati ad hoc dagli stessi schemi delle nomine politiche, ingrossando ulteriormente le fila del clientelismo politico, in un modo o in altro.

L’obiettivo principe dell’acqua pubblica è quello di permettere ai cittadini, esseri umani e non animali, di continuare a bere, lavarsi, cucinare anche in caso di morosità per i meno ambienti: l’acqua è la fonte della vita. Ma come per la camera di commercio, dell’Autorità portuale e tutto il resto, a ben vedere e sentire, a comandare oggi nella città di Archimede, come nel resto della Sicilia eterna gattopardesca, sono i poteri forti. La politica cede il passo ai faccendieri e ai “trafficanti politici” e si trasforma fondandosi con gli affaristi che speculano con i soldi del popolo, a parole, “Sovrano”. 

Concetto Alota

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