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La riflessione. Zona industriale siracusana: gli agricoltori danneggiati dagli slogan ad affetto sull’inquinamento

Gli agricoltori del territorio industriale siracusano non ci stanno più a essere danneggiati dagli slogan sugli striscioni contro l’inquinamento delle industrie durante le manifestazioni di protesta o sui post dei Social. “Si creano allarmismi inutili, non sono necessari e tanta paura senza un valido motivo; la gente evita di comprare i nostri prodotti”. Così Paolo, che non vuole che sveliamo il suo cognome e il titolo di studio di tutto riguardo appeso al chiodo, di fatto, un piccolo agricoltore nel territorio di Melilli, sfoga la sua rabbia nella sua abitazione in un casale di famiglia, dove vive e lavora orgoglioso di mostrarci il suo olio d’oliva dal color verde oro e i suoi limoni verdi lucenti e i frutteti che producono buoni frutti. “Abbiano trovato parecchie difficoltà a rifornire i nostri vecchi clienti dei nostri prodotti che fino a poco tempo fa andavano a ruba; i nostri clienti sono preoccupati dal rumore mediatico creato solo per fare ascolti con il forte dubbio che a volte si tratta di narcisismo; a mio modesto avviso inutilmente. Si può protestare senza uscire fuori dal seminato, per usare un termine campagnolo. Le aree del Sin sono state a suo tempo volutamente amplificate in maniera del tutto fuori luogo per conquistare fondi europei per le bonifiche o per realizzare nuovi insediamenti industriali che alla fine non sono mai arrivate, usando slogan con lo sfondo ambiguo e non della semplice protesta contro l’arroganza di qualche industria, e non di tutte si badi bene e per la verità; infatti, da qualche tempo, da quando sono stati eseguiti le manutenzioni, rimodernati alcuni degli impianti, la situazione è letteralmente cambiata. Per la verità non sono tutte le fabbriche che rilasciano nell’atmosfera inquinante che disturba l’olfatto come prima. Sarebbe giusto parlare di perimetro industriale, e di non fare di tutta l’erba un fascio allargando il cerchio in maniera esponenziale”.

Infatti, ha ragione Paolo; combattere con i mezzi legali e insistere sul rispetto delle norme che regolano l’immissione nell’aria gli inquinanti nella giusta quantità prevista, anche se è sempre un inquinamento, ma definire triangolo della morte, senza capire e spiegare dove arriva e dove finisce il limite o di che cosa si parla nella sintesi in uno striscione, è sbagliato; così è come creare un allarme sociale inutile che colpisce l’economia locale senza un ritorno, è gravissimo. Un autogol. Occorre spiegare che si deve intendere, semmai il perimetro del Sin, Siti Interesse Nazionale ai fini delle bonifiche e non invece di tutta la superficie individuata in maniera poco chiara, alla carlona, di tutta zona industriale. I confini del Sin Priolo che per la verità furono dapprima allargati includendo anche il porto di Siracusa, si devono intendere limitati e che non arrivano nelle zone di campagna fuori dal cerchio che invece s’individua negli slogan in maniera generalizzata e facile, con la foga di colpire l’industria e invece diventa un pericoloso boomerang segnando come un pennello nero, i comuni riportati negli striscioni. La stessa cosa si può dire per l’enfasi giornalistica usata e messa in atto, in una sorta di mea culpa per la stampa che a volte usa titoli a effetto fuori dal contenuto della scrittura dell’articolo.

“Sparare sul mucchio com’è stato fatto negli ultimi tempi con tanti inutile enfasi – dice ancora Paolo – non è conveniente per nessuno; anche gli ambientalisti, che rispetto per il loro impegno, vivono e lavorano qui, in questa terra che 70anni fa la politica poco lungimirante condannò al supplizio. Anche perché l’inquinamento prodotto registrato non arriva solamente dalle fabbriche. Una gran quantità è generata dal traffico veicolare, dalle navi nel porto, dai fuochi dei piromani che bruciano la spazzatura, a mare dagli scarichi fognari. Ad Augusta, per esempio, si scaricano i reflui della rete fognaria da sempre in mare con un forte inquinamento e un impatto ambientale, ma nessuno pubblica slogan per un fatto gravissimo; stessa cosa – dice ancora Paolo – per gli scarichi delle navi in transito copiosi nel porto di Augusta e a largo della costa che poi le correnti trasportano sulle nostre spiagge e via così per altri inquinanti che non ricordo, per l’emozione perché sono arrabbiato. Un danno agli uliveti del territorio di Melilli – continua Paolo con le lacrime agli occhi – un tempo fiore all’occhiello per la produzione dell’olio extra vergine d’oliva di qualità, mentre ora facciamo fatica a vendere. Nel momento in cui la crisi della vendita dei nostri prodotti agricoli, specie ulivi e agrumi, dovesse continuare, costringendoci all’abbandono delle campagne, verrebbe a mancare un polmone verde, alberi stupendi, insieme alla macchia mediterranea che già opera verso l’eliminazione dell’anidride carbonica; piante rigogliose che noi piccoli e medi agricoltori manteniamo in vita con sacrifici e tanti sforzi, a volte senza alcun guadagno, ma solamente con il ricavo delle spese aspettando che l’anno successivo possa essere più fortunato. Sia chiaro, una vota per tutte, che non qui non si usano prodotti chimici invasivi per i nostri uliveti, giardini di agrumi e colture varie. Sono tutti alimenti che mangiamo noi per primi”.

Non ha tutti i torti Paolo. Infatti, mancherebbe di colpo l’assorbimento dell’anidride carbonica e il ciclo del necessario rigenero di ossigeno dell’aria, se poi si vuole scavare nei dati sull’inquinamento, ironia della sorte, è l’agricoltura di tipo industriale, la principale responsabile dell’inquinamento dell’acqua a livello planetario e di conseguenza causa di danni all’ambiente e alla vita. Ma l’agricoltura di cui parla Paolo nelle zone di prossimità alla zona industriale siracusana Augusta, Priolo e Melilli non è invasiva e non è nemmeno da considerare agricoltura industriale. La responsabilità di questa situazione non va addebitata all’agricoltura perché tale, ma a un certo tipo di agricoltura: appunto quella industriale, invasiva che inquina. La pianura Padana e molte zone dive si pratica la coltivazione invasiva, una produzione forzata dai pesticidi e dai prodotti chimici invadenti di nuova generazione, è inquinata forse molto di più delle zone industriali di Gela, Milazzo e Priolo messi insieme, per rimanere in Sicilia. E’ essenziale iniziare a riconoscere che il settore dell’agricoltura è uno dei maggiori fattori di quella che può essere definita una “globalizzazione predatoria”, basata sull’amministrazione dell’economia mondiale con il fine dell’efficienza del capitale, anziché del benessere delle persone.

L’inquinamento del suolo spesso non può essere percepito visivamente o direttamente valutato come la puzza e il disturbo dell’olfatto, rendendolo un pericolo nascosto dalle gravi conseguenze e l’insorgenza di tumori. Influisce sulla sicurezza alimentare sia compromettendo il metabolismo delle piante e riducendo così i raccolti, sia rendendo le colture non sicure per il consumo umano. Gli inquinanti in agricoltura intensiva inoltre danneggiano direttamente gli organismi che vivono nel suolo e lo rendono più fertile; il suolo contaminato da elementi pericolosi come arsenico, piombo e cadmio, da sostanze chimiche organiche come i policlorobifenili (Pcb), da idrocarburi aromatici policiclici (Ipa), da farmaci come gli antibiotici o da interferenti endocrini presentano gravi rischi per la salute umana e il tumore allo stomaco e al pancreas; sono i cosiddetti “inquinanti emergenti” sono motivo di crescente preoccupazione. Tra questi i prodotti farmaceutici, gli interferenti endocrini, gli ormoni e le sostanze biologiche inquinanti; i rifiuti elettronici; e le materie plastiche oggi utilizzate in quasi ogni attività umana. Da notare che non esiste quasi nessuno studio scientifico sul destino della plastica nel suolo, mentre la maggior parte dei rifiuti elettronici continuano a essere smaltiti nelle discariche piuttosto che riciclati.

Occorre ridurre le particelle fini del 75 % e l’ozono troposferico del 60 %, nonché ridurre del 55 %, sempre entro il 2020 rispetto ai livelli del 2000, l’acidificazione e l’eutrofizzazione, che rappresentano una minaccia per l’ambiente. Il pm10, prodotto in buona parte dal traffico veicolare, dai miliardi di motori a scoppio che girano nel mondo, entra facilmente nei polmoni e può finire nel sangue creando danni incalcolabili, tumore compreso.

Insiste poi l’inquinamento atmosferico trans-frontaliero che si muove su grandi distanze per la riduzione dell’acidificazione, dell’eutrofizzazione e dell’ozono troposferico. E ancora, l’inquinamento atmosferico provocato dalla produzione di energia elettrica o per il riscaldamento domestico, quindi, fuori dall’attività industriale. O come l’inquinamento dell’aria causato dalle navi, cui sarebbero imputabili 50.000 morti premature ogni anno, in tal senso l’UE ha stabilito una serie di limiti per la riduzione di zolfo dei combustibili utilizzati dalle navi operanti nei mari europei, ma l’applicazione di regole e modifiche a questo andazzo tardano ad arrivare. Forse è meglio riflettere un tantino prima di sparare sul mucchio, molte volte e per fortuna non sempre e non tutti, solo per mero narcisismo.

Concetto Alota

 

 

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