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La semina, il raccolto e la ricandidatura: la parabola agricola di Musumeci

Da qualche mese il Presidente Musumeci rivendica la sua ricandidatura, alla luce della sedicente ottima semina effettuata in termini di buon lavoro svolto fino ad oggi e del suo buon diritto a procedere al copioso raccolto, che inevitabilmente a suo parere dovrebbe conseguirne.
Peccato che tale visione di buona semina, sembrerebbe abbastanza improbabile alla luce della reale situazione in cui versa la Sicilia. A volo d’angelo e senza volere al momento elencare tutte le gravi problematicità
dell’Isola, né di approfondire l’incapacità di dare vita ad alcuna riforma realmente radicale e innovativa per modernizzare la Sicilia, basta solo esaminare lo stato in cui versano alcuni settori di competenza della regione, per capire l’inesistenza di alcuna strategia e indirizzo politico e programmatico del governo regionale in carica, costretto a continue giustificazioni e patetici tentativi di autoassoluzione dalle responsabilità per gli autentici disastri registrati, altro che “Diventerà Bellissima”.
In veloce sequenza: la tragedia dei quasi 8.000 incendi che ha bruciato 78.000 ettari di territorio regionale non solo boschivo, evidenza l’assenza di qualsivoglia strategia per prevenire tali tragici e in gran parte dolosi eventi, come le recenti giustificazioni dell’assessore al territorio e ambiente Cordaro, invece di spiegare confermano; nessuna strategia per i rifiuti, a partire dalla ordinaria vergogna di un’Isola che a parole auspica di diventare capitale del turismo europeo e, di fatto si presenta con
le strade letteralmente invase da tonnellate di rifiuti abbandonati, senza che alcuna pubblica autorità abbia la minima intenzione o capacità di intervenire e risolvere; nessuna strategia sulla gestione delle acque che, in parte, è strettamente legata all’assenza di strategie per i rifiuti, per come è emerso in questi giorni con le audizioni della Commissione Parlamentare Ecomafie; nessuna strategia contro il vergognoso primato nazionale di contagi e defunti che dal 19 agosto, quotidianamente e ininterrottamente, fa strame in tutte le province dell’Isola, con l’aggravante di una congenita incapacità di conteggiare correttamente i decessi, che rende grottesca e senza trasparenza la gestione sanitaria, in particolare per la mancanza di qualsivoglia pubblica spiegazione sul motivo di questi errori, di cui non si capisce da cosa determinati e dalla responsabilità di chi, con conseguente gravissimo discapito perfino della corretta valutazione del reale andamento giornaliero della pandemia; nessuna strategia legislativa né sulle riforme, né sul varo di qualsivoglia altra normativa, da cui non a caso proliferano in continuazione impugnative del governo nazionale in quantità esagerata e mortificante per il Parlamento più antico d’Europa, ed infine, ma solo perché l’elenco dei disastri vuole essere indicativo ma non esaustivo, nessuna strategia per la capacità di spesa della Regione dei fondi strutturali, fermi al 42% di effettivo utilizzo, con la dimostrazione non solo che non si è mai riusciti a capire e rimuovere le cause di questo gravissimo “buco nero” della burocrazia regionale, ma con il rischio che tale ultra trentennale impotenza si rifletta anche sui fondi del PNRR, vanificando ogni speranza di riscatto economico e sociale della Sicilia e di perdere l’ultimo treno utile per una diversa narrazione del futuro.
A fronte di questo scenario fallimentare, in cui quando si interviene lo si fa
rigorosamente a posteriori, dopo che i danni sono stati arrecati e ricorrendo alla solita e consunta cantilena di richieste di aiuto allo stato, si registra un vuoto di idee e di proposte concrete per risolvere questioni che quattro anni fa il Presidente si era impegnato ad affrontare con successo, salvo poi scegliere alleanze con buona parte dei responsabili dei mali antichi della regione, che infatti sono stati replicati.
Quattro anni di governo persi, tra dichiarazioni roboanti e fantasiose, come la creazione di una compagnia aerea siciliana con l’AST, sterili denunce di veri o presunti boicottaggi, non a caso maturati spesso all’interno della stessa maggioranza, attacchi strumentali ai regolamenti dell’ARS, come se l’abolizione del voto segreto potesse mai supplire all’assenza di proposte e di riforme per modernizzare una regione rimasta ferma agli anni ’70 nei metodi e nelle logiche dell’azione burocratica, politica e legislativa, o le sfuriate contro tutto e tutti, ed in particolare nei confronti delle struttura burocratica, come se fosse ancora un deputato dell’opposizione e non appunto il Presidente della Regione con ruolo e poteri per cambiare realmente le cose.
Ecco perché non regge la parabola della semina, di cui non sembra esserci traccia e, conseguentemente del diritto a un secondo mandato, per l’assenza del presunto ma, in realtà, inesistente raccolto.


On. Nicola Bono
Già Sottosegretario per i BB.AA.CC.

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