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La Storia: Famagosta/Lepanto

di Giovanni Intravaia

La città veneziana di Famagosta era assediata dai turchi e strenuamente difesa dalla guarnigione di Marcantonio Bragadin e Astorre II Baglioni. L’isola, già possedimento bizantino, faceva parte del dominio di Venezia dal 1480 e nonostante venisse pagato ai turchi un tributo annuo di 8.000 ducati, il Sultano si sentì comunque legittimato a rivendicare il controllo di Cipro (tra cui Famagosta), rimproverando ai veneziani un’eccessiva ingerenza e sfruttamento del territorio. Papa Pio V allora spronò i regni cristiani d’Europa a coalizzarsi per soccorrere materialmente Famagosta, poiché l’Impero Ottomano minacciava la distruzione della tradizione cristiana, non solo i possedimenti veneziani e spagnoli ad est del mediterraneo.Pio V ritenne allora che il momento fosse propizio per coalizzare in una Lega Santa, le troppo divise forze della cristianità, alimentando lo spirito di Crociata per creare coesione intorno all’iniziativa.Lo stendardo, un drappo di damasco rosso su cui era dipinto il Crocifisso tra gli apostoli Pietro e Paolo, benedetto dal Papa, era stato consegnato a Don Giovanni d’Austria, a cui venne affidato il comando della spedizione.
Ai primi di settembre, la flotta della Lega era riunitasi riunì nel porto siciliano e salpò da Messina, il 16 settembre, ed ogni schieramento si mosse con velocità differenti e si trovò riunita solo il 4 ottobre successivo nel porto di Cefalonia. Qui la Lega Santa venne a conoscenza che il 1° agosto Famagosta era caduta insieme all’eroica resistenza di Marcantonio Bragadin, senatore veneziano comandante la fortezza.Nonostante il maltempo però, le navi della Lega giunsero il 6 ottobre davanti al golfo di Patrasso, riuscendo ad intercettare la potente flotta ottomana di ritorno.La domenica del 7 ottobre 1571, Don Giovanni d’Austria fece schierare le proprie navi in formazione serrata, deciso a dar battaglia: le distanze erano così ridotte che non più di 150 metri separavano le varie galee.Don Juan de Austria (Don Giovanni d’Austria) Comandante generale dell’imponente flotta cristiana, era un ventiquattrenne figlio illegittimo dell’illustrissimo Imperatore dei Romani Carlo V d’Asburgo e fratellastro del regnante Filippo II di Spagna, ma nonostante ciò, non venne mai privilegiato per la sua linea di sangue, poiché il comando della spedizione contro i turchi se l’era guadagnata avendo già dato ottima prova di sé nel 1568 fermando in diverse occasioni l’ondata di incursioni navali dei corsari barbareschi.La sua armata era così disposta:-Il centro, era sotto il comando di Don Giovanni stesso, con 28 Galee e 2 galeazze veneziane, 15 galee spagnole e napoletane, 8 galee genovesi, 7 galee toscane sotto le insegne pontificie, 3 maltesi e 1 sabauda, per un totale di 62 galee e 2 galeazze.-Il corno sinistro al comando del provveditore generale Agostino Barbarigo, ammiraglio veneziano (da non confondere con l’omonimo doge veneziano). si componeva di 40 galee e 2 galeazze veneziane, 10 galee spagnole e napoletane, 2 galee toscane sotto le insegne pontificie, e 1 genovese, per un totale di 53 galee e 2 galeazze.-Il corno destro era comandato dal genovese Gianandrea Doria ed era invece composto di 25 galee e 2 galeazze veneziane, 16 galee genovesi, 8 galee spagnole e siciliane, 2 sabaude e 2 toscane sotto le insegne pontificie, per un totale di 53 galee e 2 galeazze.-Le spalle dello schieramento erano coperte dalle 30 galee di Alvaro de Bazan di Santa Cruz: 13 spagnole e napoletane, 12 veneziane, 3 toscane sotto le insegne pontificie, 2 genovesi.L’avanguardia, guidata da Marcantonio Colonna e Giovanni de Cardona si componeva di 8 galee: 4 siciliane e 4 veneziane.
La flotta turca schierata a Lepanto era verosimilmente forte di 170-180 galere e 20 o 30 galeotte a cui si aggiungeva un imprecisato numero di fuste e brigantini corsari. La forza combattente, comprensiva di giannizzeri, spahi e marinai, ammontava a circa 20-25.000 uomini.I turchi schieravano l’ammiraglio Mehmet Shoraq, detto Scirocco, all’ala destra, mentre il comandante supremo Müezzinzade Alì Pascià (detto il Sultano) al centro conduceva la flotta a bordo della sua ammiraglia Sultana, su cui sventolava il vessillo verde sul quale era stato scritto 28.900 volte a caratteri d’oro il nome di Allah. Infine l’ammiraglio, considerato il migliore comandante ottomano, Uluč Alì, un apostata di origini calabresi convertito all’Islam (detto Ucciallì oppure Occhialì), presiedeva all’ala sinistra; le navi schierate nelle retrovie erano comandate da Murad Dragut (figlio dell’omonimo Dragut Viceré di Algeri e Signore di Tripoli che era stato uno dei più noti pirati barbareschi).
Don Giovanni decise di lasciare isolate in avanti, come esca, le 6 potentissime galeazze veneziane, che per prime aprono il fuoco. Essendo le galeazze difficilmente abbordabili, sia per la loro notevole altezza e sia per i cannoni disposti a prora, lungo i fianchi e a poppa. Il comandante aveva inoltre deciso di togliervi un gran numero di spadaccini e sostituirli con archibugieri, i quali crearono subito gravi danni alla flotta turca. La potenza di fuoco delle galeazze si dimostrò devastante, con l’affondamento/danneggiamento di circa 70 navi e distruzione dello schieramento iniziale della flotta ottomana.Müezzinzade Alì Pascià, non tentò l’abbordaggio delle galeazze, definite dei veri e propri castelli in mare, ma decise infine di superarle e di scagliare tutta la sua flotta in uno scontro frontale, mirando unicamente all’abbordaggio della nave di Don Giovanni per provare a ucciderlo, demoralizzando così la flotta della Lega Cristiana, che poteva perdere da un momento all’altro il loro condottiero.A questo punto, Don Giovanni innalzò lo stendardo di Lepanto con l’immagine del Redentore crocifisso, proprio per farsi riconoscere ed attrarre su di sé l’attenzione del comandante ottomano, e inoltre Giovanni, ordinò di dare fiato alle trombe mettendosi a ballare a vista di tutta l’armata, in una danza chiamata dagli Spagnoli “la gagliarda”.
Quando lo scontro entrò nel vivo, era veramente difficile intuire quali delle due fazioni avrebbe avuto la meglio, ma improvvisamente al centro dello schieramento ottomano, il comandante in capo Müezzinzade Alì Pascià (che era già stato ferito durante scontri iniziali della battaglia) venne colpito dalla flotta cristiana su ogni fronte, cadendo in combattendo.La sua nave venne abbordata dalle galee toscane (Capitana e Grifona) e il cadavere dell’ammiraglio Alì Pascià fu decapitato e la sua testa esposta sull’albero maestro dell’ammiraglia spagnola, in sintesi, la stessa sorte che toccò a Bragadin, comandante della fortezza di Famagosta.La visione del condottiero ottomano decapitato, contribuì enormemente a demolire il morale dei turchi. Di lì a poco infatti, alle 16:00, le navi ottomane rimaste abbandonarono il campo ritirandosi definitivamente. Il teatro della battaglia si presentava come uno spettacolo apocalittico: relitti in fiamme, galee ricoperte di sangue, morti o uomini agonizzanti. Erano trascorse quasi 5 ore e il giorno volgeva ormai al tramonto quando infine la battaglia ebbe termine con una nettissima vittoria cristiana.
Don Giovanni d’Austria riorganizzò la flotta per proteggerla dalla tempesta che minacciava la zona e inviò galee in tutte le capitali della lega per annunciare la clamorosa vittoria: i turchi avevano perso 80 galee, ben 117 vennero catturate, 27 galeotte furono affondate e 13 catturate, inoltre 30.000 uomini persi tra morti e feriti, altri 8.000 prigionieri. Inoltre vennero liberati 15.000 cristiani dalla schiavitù ai banchi dei remi. I cristiani liberati dai remi sbarcarono a Porto Recanati e salirono in processione alla Santa Casa di Loreto dove offrirono le loro catene alla Madonna. Con queste catene furono costruite le cancellate davanti agli altari delle cappelle.La vittoria cristiana a Lepanto, segnò l’inizio del declino della potenza navale ottomana nel Mediterraneo, e come già per la Battaglia di Poitiers e la futura Battaglia di Vienna del 1683, la battaglia di Lepanto ebbe un profondo significato religioso.La battaglia di Lepanto fu la prima grande vittoria cristiana occidentale contro l’Impero ottomano.

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