Politica

L’assessore Buccheri sul caso Cassibile: “Affrontare il nodo caporalato”

Sulle vicende legate ai lavoratori stagionali di Cassibile, di seguito una dichiarazione dell’assessore Andrea Buccheri. Il caso Cassibile, che in questi giorni sta attirando l’attenzione dell’opinione pubblica con lo sgombero dei lavoratori stagionali, le proteste per gli alloggi in fase di realizzazione da parte del Comune e gli interventi di forze politiche e sindacali, si può ridurre in una sola questione: le condizioni di lavoro nelle campagne e il caporalato.
Senza scomodare la Questione meridionale di ottocentesca memoria o la tragedia dei morti di Avola del ’68, è importante ricordare che nel 2016 lo Stato abbia deciso di punire con una legge, la 199, chi “approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori recluta manodopera per destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento”; inoltre, la stessa legge, all’articolo 9, chiama in causa le istituzioni locali poiché prevede il “coinvolgimento di regioni, province autonome e amministrazioni locali, delle rappresentanze dei datori di lavoro e dei lavoratori del settore e delle organizzazioni del terzo settore nonché idonee forme di collaborazione con le sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità anche ai fini della realizzazione di modalità sperimentali di collocamento agricolo modulate a livello territoriale”.
Se si vuole risolvere il problema degli stagionali, ma anche creare le condizioni per un’agricoltura di qualità, bisognerebbe recuperare i dettami della norma e affrontare con decisione il problema del “lavoro grigio” per cui lavoratori hanno contratti di durata ridotta e a tempo parziale quando invece effettuano orario di lavoro a tempo pieno. Quella del lavoro “grigio” è una piaga che emerge in tutta la sua pericolosità: aziende che pagano i lavoratori senza segnare tutte le giornate. In questo modo i datori risparmiano, hanno in mano un contratto, utile in caso di controllo, e possono tenere sotto scacco i lavoratori immigrati che hanno bisogno di dichiarare un certo reddito per restare in Italia o per chiedere il ricongiungimento familiare.
Questa è una partita da affrontare con la compartecipazione tutti gli attori coinvolti; è apprezzabile lo sforzo messo in atto da sua Eccellenza il Prefetto, dal mondo del terzo settore, dalle associazioni sindacali e politiche, a cominciare dal Partito democratico; ma all’appello manca ancora una parte dei datori di lavoro e delle loro associazioni di categoria.
Sicuramente, sul tavolo c’è anche il problema dei piccoli produttori terrieri costretti a vendere sotto costo ai prezzi imposti dalla grande distribuzione e dalla concorrenza sleale, ed è anche per queste ragioni che è necessario il contributo della organizzazioni datoriali. La teoria della massimizzazione del profitto è linfa vitale per il caporalato, ma alla fine ciò che resta, ciò con cui i cassibilesi devono fare i conti, sono gli effetti delle condizioni lavorative inaccettabili e la mancanza di alloggi per i lavoratori regolari, anello debole della catena.
Questa amministrazione il problema di Cassibile lo sta affrontando con forza, a differenza di quanti nei decenni, hanno fatto “orecchie da mercante” e oggi, magari, cavalcano il malcontento. Spero che anche le amministrazioni dei comuni limitrofi facciano lo stesso. Compito della politica non è strumentalizzare la rabbia per tornaconti elettorali ma proporre soluzioni. Come abbiamo fatto noi lo scorso anno quando, durante la finanziaria regionale, ci siamo fatti promotori di un emendamento, presentato dal deputato di “Cento Passi”, Claudio Fava, e approvato a grande maggioranza, che consente di far fronte alle numerose spese connesse alla tendopoli, per assicurare condizioni di vita migliori ai lavoratori stagionali e per ridurre i disagi e le paure della comunità di Cassibile.

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