CronacaPrimo Piano

L’Italia dei segreti. La morte del caporale Tony Drago tra misteri dubbi, insabbiamenti che si vuole archiviare

Tutte le tappe di un delitto di Stato pubblicate su SrLive

di Concetto Alota
La vicenda legata alla tragica morte del militare siracusano Antonio Drago, Tony per gli amici, che secondo la prima versione ufficiale sarebbe salito al terzo piano della palazzina 24 nella caserma dove prestava servizio come caporale e si sarebbe lanciato nel vuoto, non regge al confronto dei fatti. Morto a soli venticinque anni mentre prestava servizio militare a Roma, nello squadrone di rappresentanza del reggimento Lancieri di Montebello, il corpo del militare Antonio Drago fu scoperto domenica 6 luglio del 2014 da alcuni militari di pattuglia durante un controllo di routine. Gli investigatori sostennero fin dal primo momento la tesi di alcuni colleghi del suicidio, ma i dubbi cominciarono subito a percorrersi lungo la strada delle indagini. Antonio Drago, dissero, si è ucciso lanciandosi nel vuoto. L’ha fatto alle sei del mattino, quando era più difficile, essere visto e quindi aiutato da qualcuno; tra le probabile cause che si sia ucciso per una delusione d’amore. Questo fu quello che a caldo i colleghi del militare raccontarono agli investigatori che si occuparono del caso; ma i dubbi che possa trattarsi di un caso di nonnismo sono oggi ancora più che valido. I genitori di Tony non hanno mai creduto che il loro ragazzo si è tolto la vita.
Qualche dubbio venne fuori anche dai risultati dall’autopsia. Il corpo ritrovato fuori asse dal raffronto con la finestra da cui si sarebbe lanciato nel vuoto faceva intravedere una notevole discrepanza con la logica deduzione. Stessa cosa per le ferite sulla schiena che non risultarono compatibili con la caduta e che apparivano risalenti ai giorni precedenti il fatto. Stessa cosa per le fratture alle mani.
L’ipotesi del suicidio è da scartare dicono i genitori. Era venuto in licenza pochi giorni prima e non aveva dato nessun segno di particolare sofferenza. Al suo rientro in caserma aveva chiesto di prolungare la sua presenza nell’esercito per un altro anno. La sera prima della morte era andato in discoteca. Non sembrano comportamenti di chi ha deciso di non avere più un futuro, insistono i genitori di Tony. A Roma aveva quella che la stessa mamma definisce una seconda famiglia. La fidanzata e i genitori della ragazza. È vero che con la fidanzata stava attraversando un rapporto con alti e bassi, ma era nella norma e questo non può mai giustificare una decisione così grave da togliersi la vita.
L’ipotesi del suicidio non regge alla fatta dei conti. Elementi di dubbio anche sull’abbigliamento che al momento del ritrovamento i vestiti indossati non sembravano adatti a un soldato che si sveglia la mattina per andare incontro alla morte volontariamente. Non era il tipo che per amore si sarebbe tolto la vita. Così dichiarano più volte gli amici più intimi di Tony Drago. Sotto accusa ancora stavolta sarebbe il “nonnismo”, come in un parallelismo con il caso del parà siracusano Emanuele Scieri.
Con il termine nonnismo è spesso comunemente indicato un insieme di prove dolorose o di pratiche ritualizzate, destinate a simboleggiare l’integrazione di un individuo in un particolare gruppo sociale, la propria forza e capacità in una condizione di lotta al più forte e al più bravo.
Si può manifestarsi in determinati contesti e tra categorie di soggetti come ad esempio: studenti, militari, professionisti, anche se spesso può essere conseguenza di semplice mobbing. Riguarderebbe quindi i gruppi sociali organizzati; tuttavia è spesso utilizzato per indicare comportamenti vessatori nell’ambito del termine “nonnismo” che si rifà alla parola “nonno”, che gergalmente identifica il membro anziano del gruppo, in contrapposizione al “nipote”, cioè al novizio, alla recluta, al novellino, agli ultimi arrivati in caserma.
Nella fenomenologia del nonnismo si parte dai semplici atti di superiorità, insulti pesanti, scherzi balordi e insensati, fino ad atti di gravità maggiore: furto, lesioni, disturbo costante psicofisico della vittima, atti di persecuzione, denigratori, discriminatori e di devastazione, ed anche di tipo razzista. In particolare, esso è spesso utilizzato per riferirsi ad alcuni tipi di atti e pratiche persecutorie all’interno delle forze armate. Spesso si risolvono invece in veri e propri atti persecutori, di forza, fini a se stessi, con vessazioni di ogni sorta, fino a sfociare, in casi non rarissimi, persino nella violenza fisica con il sangue e nell’omicidio, così come al possibile suicidio per la disperazione accumulata. Benché all’interno delle forze armate il nonnismo sia generalmente vietato e scoraggiato, talvolta non pochi ufficiali tendono a minimizzarlo, spesso per ragioni di opportunità che sfocia in omertà, in un codice d’onore militare, come in una regola mafiosa. Sostanzialmente si è sovente tradotto in uno strumento di pressione e di ricatto per sottomettere un soggetto, o per fargli compiere diverse azioni contro la propria volontà, oppure anche per eliminare un soggetto da un determinato contesto.
A volte è stato, più o meno consapevolmente, un mezzo per la regolazione delle gerarchie all’interno della truppa, della camerata, soprattutto nei confronti dei soldati più giovani, generalmente le reclute, o anche inesperti, prefigurandosi come un’alternativa ufficiosa alla linea di gerarchia militare di comando formale, per mantenere certi equilibri all’interno di unità e reparti.
Per questo motivo le gerarchie, soprattutto ufficiali, subalterni e sottufficiali, tendono a ignorarlo, almeno fino a quando gli atti non superano i livelli di gravità tali da dare luogo a scandalo pubblico, in genere in seguito a gravi infortuni o alla morte di un soldato recluta perché tra i nonni vige un codice di rispetto reciproco. Il fenomeno pare essere più frequente negli stati che adottano un esercito di massa.

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Tony Drago, a ‘Chi l’ha visto?’ un testimone parla del militare morto: “Era stato aggredito e voleva denunciare”

Cronaca Nera su Il Fatto Quotidiano

Il 6 luglio 2014 è stato trovato nel cortile della caserma Sabatini di Roma. Per l’esercito si è trattato di suicidio. Ma a un amico il 25enne aveva raccontato di essere stato vittima di episodi di nonnismo. Parole che potrebbero scongiurare l’archiviazione del caso

di Luisiana Gaita | 7 aprile 2016 

Aveva 25 anni il caporale siracusano Tony Drago e il sogno di entrare in polizia. Per questo si era arruolato nell’esercito e faceva parte del reggimento ‘Lancieri di Montebello’ di Roma. È morto in caserma. Per l’esercito si è trattato di suicidio, ma proprio pochi giorni prima, il militare aveva raccontato di essere stato vittima di episodi di nonnismo a un amico, la cui testimonianza ora potrebbe scongiurare l’archiviazione del caso.

La mattina del 6 luglio 2014 il corpo di Drago è stato trovato nel cortile della caserma. Secondo la ricostruzione dell’esercito il ragazzo si è lanciato dalla finestra di un bagno in disuso, al secondo piano della palazzina. Il motivo? Quattro commilitoni hanno raccontato di una depressione dovuta alla crisi nel rapporto con la fidanzata, ma i genitori e gli amici non ci credono. Anche la ragazza ha escluso che il militare fosse depresso. Ma è solo uno dei dubbi, perché in questa indagine sono molti gli elementi che non tornano. L’ultima conferma arriva dal testimone ascoltato dalla redazione del programma televisivo ‘Chi l’ha visto?’. Drago gli avrebbe parlato di diversi episodi, facendo due nomi. La testimonianza potrebbe rivelarsi fondamentale già mercoledì prossimo, quando si discuterà l’istanza di archiviazione delle indagini. “Non ci sono riscontri all’ipotesi di suicidio” spiega a ilfattoquotidiano.it l’avvocato Alessio Cugini, legale della famiglia Drago”. Che racconta: “Ce ne sono, invece, su episodi di nonnismo che sarebbero avvenuti in quella caserma e sui quali ci auguriamo che il pm faccia luce”.

La storia di Tony Drago – L’incubo è iniziato quasi due anni fa. La mattina del 6 luglio 2014 dalla caserma hanno chiamato la mamma di Tony, la signora Sara Intranuovo, per dirle che il figlio era morto. L’ipotesi fin da subito battuta è stata quella del suicidio, perché i suoi colleghi hanno raccontato che il ragazzo si trovava in un forte stato di depressione. Le loro versioni concordavano anche sui più piccoli. Uno stesso copione secondo la famiglia, che ha più volte fatto notare alcune incongruenze nella ricostruzione dei fatti. Tony Drago era un bel ragazzo di 25 anni. Aveva il sogno di entrare in polizia. Si era laureato in Scienze dell’Investigazione a L’Aquila e aveva ottenuto il brevetto di paracadutista. Arruolato nell’esercito, era entrato a far parte del reggimento ‘Lancieri di Montebello’ di Roma. Pochi giorni prima di morire aveva firmato per un altro anno di leva alla caserma Sabatini dell’8° reggimento. Pochi giorni dopo è stato ritrovato senza vita, ma ai legali della famiglia è stato permesso di visitare la caserma solo un mese dopo, il 6 agosto. E sotto scorta.

La testimonianza – Il pm Alberto Galanti aveva chiesto l’archiviazione del caso, ma a dare nuovo impulso all’indagine potrebbe essere la testimonianza di un amico di Tony Drago. “Tony era nervoso – ha riferito al legale della famiglia e ai microfoni di Rai Tre – e mi ha raccontato di un episodio accaduto la sera prima. Era stato aggredito, mentre era in camera a luci spente. Qualcuno gli si era buttato addosso e un altro lo aveva bloccato. Erano più di tre, ma dalla voce aveva riconosciuto due ragazzi”. Il testimone fa i nomi di queste due persone e aggiunge: “Tony disse che voleva denunciare il fatto, anche perché non era la prima che ha sempre qualcuno che lo difende e ne esce pulito”. Il testimone non è ancora stato ascoltato dal pubblico ministero, che però ne ha letto le dichiarazioni. Il racconto fornisce un’altra versione dei fatti e due elementi importanti: gli episodi di nonnismo e la volontà di denunciare. “Questa persona fa dei nomi, dice chi e come avrebbe aggredito il militare qualche giorno prima della sua morte” spiega l’avvocato Cugini, che sottolinea la necessità “di disporre una nuova perizia medico legale che accerti se sussistano incongruenze tra gli elementi raccolti dal consulente del pm e da quello della difesa”. Ma anche “di sentire tutti i militari e il comandante della caserma”. Se il pm non dovesse revocare la richiesta di archiviazione, la parola passerà al gip che può ordinare di disporre altre indagini.

Le indagini e le contraddizioni – Ma quali sono queste incongruenze nell’indagine? Secondo la ricostruzione della Procura, che si è basata sul racconto dei commilitoni, Drago è entrato nel bagno in disuso, ha avvicinato una sedia al davanzale della finestra, ci è salito e si è buttato di sotto, cadendo in avanti. Secondo l’avvocato di Drago non si capisce per quale ragione un ragazzo alto un metro e novanta avrebbe dovuto salire sulla sedia per lanciarsi di sotto. “Vicino a quella sedia c’erano decine e decine di mozziconi di sigarette – dice Cugini – eppure ne è stato repertato solo uno”.

Erano le 6.30 quando il corpo del militare è stato trovato nel cortile in pantaloncini e infradito. Era con le braccia a protezione del torace, proprio come fanno i paracadutisti. Il decesso è stato constatato alle 6.57. Il medico legale Claudia Siciliano ha stabilito che il ragazzo è precipitato. “Non sappiamo l’orario del decesso – spiega Cugini – perché non è stato indicato”. Non sono stati condotti né un esame tossicologico, né prelievi di tessuti o epidermide. Il corpo, poi, sarebbe stato trovato “fuori asse rispetto alla finestra da cui sarebbe precipitato”. Poi c’è la questione delle ferite che sembrano essere state provocate da diversi tipi di cadute. Due profonde in testa, “incompatibili con la caduta in avanti”. Alcune “risalenti ad almeno tre giorni prima della morte” e altre più recenti, tanto che manca una parte di pelle. Sulla schiena dei graffi “come se il suo corpo fosse stato strisciato”. E un taglio sul tatuaggio fatto in memoria del terremoto de L’Aquila. La famiglia chiede la verità, mentre il 10 marzo scorso i deputati del M5S Gianluca Rizzo, Maria Marzana e Giulia Grillo hanno presentato un’interrogazione parlamentare al ministro della Difesa Roberta Pinotti per chiederle cosa sia stato fatto per contribuire a fare chiarezza sulla vicenda e “per accertare, per quanto di competenza, eventuali responsabilità dei vertici e del personale della caserma Sabatini”.

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Il parallelismo con la morte di Emanuele Scieri

Per decenni in Italia la tendenza è stata di minimizzare o a negare le colpe delle gerarchie militari, nonché di ostacolare la pubblicità degli episodi che accadevano con la consegna del silenzio. Negli Anni Ottanta e negli Anni Novanta gli episodi di nonnismo cominciarono a emergere con più frequenza e a diventare di dominio pubblico, al punto da indurre la classe politica a progettare il superamento del servizio militare obbligatorio; soprattutto dopo la morte del parà siracusano Emanuele Scieri, che prestava servizio presso la Brigata Folgore, la cui morte avvenne nel 1999 in circostanze mai del tutto chiarite, nella Caserma “Gamerra” sede del Centro Addestramento Paracadutisti di Pisa. Le indagini rivelarono che il corpo del giovane siracusano era già morto da diverso tempo. Il caso scosse l’opinione pubblica, ma soprattutto portò alla scoperta di una “politica” che, anziché arginare e perseguire atti di nonnismo, li nascondeva e addirittura li tollerava. Ancora oggi quel misterioso crimine rimane irrisolto.
Sulla vicenda Scieri ci furono alcune interrogazioni parlamentari, come ad esempio quelle da parte di un gruppo di deputati alla Camera. Nel 2014 una mozione del consiglio comunale di Pisa ha avuto per oggetto la richiesta della riapertura delle indagini sulla morte del militare italiano Emanuele Scieri.
La terza Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza 26 febbraio 2013, n. 4809 ha stabilito che, qualora gli episodi di “nonnismo”, patiti durante un solo mese di servizio militare, aggravino i problemi psichici di un individuo, l’obbligo a carico del Ministero della Difesa, di risarcimento del danno.
Sul caso di Emanuele Scieri si è scritto tanto, ma ad oggi nessuna verità è venuta fuori. Ci sono state drammatiche controversie, testimonianza che poi si sono tutte rivelate inutili depistaggi.
Una versione racconta che era stato trovato morto la mattina del 16 agosto scorso nella caserma Gamerra di Pisa, come di un omicidio certo. E’ quella di Mario Ciancarella, teste che racconta ai microfoni di RaiNews24 i retroscena della morte del parà. Racconta che quella notte, i “nonni” avrebbero costretto Emanuele Scieri a salire sulla scala. Mentre era lì appeso, uno di loro gli avrebbe schiacciato la mano con un piede facendolo precipitare.
Fu allora che Emanuele Scieri cadde dall’alto della scala, schiantandosi sui tavoli accatastati proprio lì sotto. Una brutta caduta, ma non fatale per il parà. A ucciderlo, secondo il teste, sarebbe stata la paura. I “nonni”, racconta Ciancarella, a quel punto persero “tutta la loro baldanza, si trovarono di fronte un ragazzo boccheggiante che non era morto, e che forse poteva essere salvato”. E si rivolgono a un sottufficiale di giornata, un ufficiale d’ispezione. Il consiglio che ricevono è agghiacciante: l’unica possibilità per uscirne indenni era vegliare Emanuele Scieri finché non fosse morto. E così fanno. Questo è il racconto di Mario Ciancarella, ufficiale pilota dell’aeronautica fino al 1983, poi uscito dalle forze armate, sentito anche per la strage di Ustica, ma considerato teste inaffidabile da Rosario Priore, il magistrato che indagò sul disastro aereo. Ma la circostanza non è confermata; dunque, una testimonianza di seconda mano, frutto di una telefonata anonima di un presunto commilitone del parà morto. E’ lo stesso teste ad ammetterlo: “Ho ricevuto quella telefonata un mese circa dopo la morte di Scieri e ho riferito quanto mi fu detto in quell’occasione al sostituto procuratore Giambartolomei e al procuratore Iannelli, al quale ho anche indirizzato una decina di pagine di memoria”.
Una testimonianza che prende tutti in contropiede, il procuratore di Pisa Enzo Iannelli, che conduce l’inchiesta sulla morte di Emanuele Scieri e che ha già ascoltato Ciancanella e il procuratore militare di La Spezia Giovanni Ballo: “La ricostruzione da lui fornita può essere anche compatibile, in linea teorica, ma mancano fonti di prova o elementi di riscontro. Se, ad esempio avesse registrato quella telefonata, oppure individuato il numero di apparecchio da cui proveniva, come oggi è possibile, forse sarebbe stato utile”.
Insorge l’associazione dei genitori dei soldati che chiede la salvaguardia del testimone, “perché sappiamo cosa succede in questi casi” e chiede al presidente della Repubblica, la chiusura definitiva della Folgore perché “non è ammissibile una cultura criminale di questo genere”.
Seguì un’interrogazione a risposta orale presentata dall’on. Delmastro delleVedove Sandro di Alleanza Nazionale, Al Ministro della difesa, che diceva: “Premesso che l’ex ufficiale dell’Aeronautica militare Mario Ciancarella è stato arrestato, in data 8 luglio 2000, dai Carabinieri del nucleo operativo di Pisa per calunnia, in esecuzione di un ordine di custodia cautelare emesso dal Gip dottor Antonio Di Bugno nell’ambito dell’inchiesta sulla morte dell’allievo paracadutista Emanuele Scieri, avvenuta il 14 agosto 1999 all’interno della caserma Gamerra; il provvedimento, richiesto dal procuratore della Repubblica di Pisa dottor Enzo Iannelli, fa riferimento a una deposizione resa il 28 febbraio 2000 dal Ciancarella allo stesso magistrato, deposizione con la quale il fantasioso sottufficiale aveva sostenuto che il paracadutista tragicamente scomparso era stato costretto da commilitoni a salire sulla scala, che il giovane Scieri era stato volontariamente colpito a una mano e che, caduto a terra rovinosamente, era stato «vegliato» fino alla morte dagli stessi commilitoni; il Ciancarella, che immancabilmente aveva ripetuto tali affermazioni ad alcuni organi di stampa, aveva spiegato di avere appreso tale versione dei fatti da un interlocutore telefonico che aveva voluto conservare l’anonimato; il Ciancarella, che già aveva deposto nell’ambito del procedimento relativo alla strage di Ustica e che era già stato giudicato non credibile dal Giudice Rosario Priore, non aveva dato ovviamente alcun riscontro che potesse attribuire un minimo di credibilità alla propria versione; gravissimo è stato il danno all’immagine dell’esercito e, segnatamente, della brigata paracadutisti «Folgore», inferto dalla deposizione, ampiamente diffusa dagli organi di stampa, resa dal sottufficiale Ciancarella: se ritenga assolutamente necessario tutelare il buon nome delle Forze armate italiane e, nel caso di specie, della brigata paracadutisti «Folgore», attraverso la formale costituzione di parte civile nel procedimento per calunnia contro Mario Ciancarella per ottenere, nel caso di conferma giudiziale della penale responsabilità del sottufficiale, la giusta pena e un adeguato risarcimento di tutti i danni di natura non patrimoniale subìti dalle Forze armate italiane”.
Mario Ciancarella, per la cronaca, dopo è stato sempre assolto.

 

Caso Drago, la Procura di Roma nomina due consulenti

Inviato da: Redazione in Cronaca, In evidenza 3 settembre 2016

Sarà eseguito un incidente probatorio nell’ambito dell’inchiesta sulle cause della morte di Tony Drago, il militare dell’Eesercito Italiano, scomparso in circostanze misteriose il 6 luglio 2014 e il cui cadavere è stato rinvenuto riverso nel cortile della caserma Sabatini dei Lancieri di Roma.

L’esame è stato disposto dal Gip del tribunale di Roma, Angela Gerardi, che ha accolto la specifica richiesta avanzata dal pubblico ministero Alberto Galanti, titolare dell’inchiesta bis sulla morte del giovane siracusano.

In buona sostanza saranno eseguite una perizia medico legale per accertare, tra l’altro, i mezzi e le cause della morte di Tony Drago, e una perizia cinematica per verificare le modalità e la dinamica della presunta caduta del militare, che ne avrebbe provocato il decesso.

Il giudice per le indagini preliminari ha fissato l’udienza per il 14 settembre nel corso della quale sarà conferito formale incarico peritale al medico legale, professore Paolo Procaccianti, e al dottore Federico Boffi, direttore tecnico, capo fisico.

La madre di Tony Drago, Rosaria Intranuovo, e il compagno Alfredo Pappalardo, hanno mandato a esperti di fiducia che si affiancheranno ai consulenti nominati dalla Procura di Roma. Si tratta del medico legale Orazio Cascio e degli ingegneri Grazia La Cava e Olivier Giudice.

 

Il caso di Tony Drago approda in Parlamento

Ha varcato la soglia dell’aula di Montecitorio la vicenda del caporale dell’esercito italiano, Antonio Drago, trovato morto la mattina del 6 luglio 2014 nel cortile della caserma dei Lancieri di Montebello di Roma, dove prestava servizio. Due parlamentari del movimento cinque stelle hanno presentato un’interrogazione al ministro della Difesa, Roberta Pinotti, per conoscere “quali iniziative siano state avviate dal ministero per contribuire a fare chiarezza sulla vicenda del militare siracusano, la cui morte è rimasta un mistero”. L’interrogazione è stata presentata dai due deputati pentastellati, la rosolinese Maria Marzana e da Giulia Grillo, le quali hanno raccolto l’appello disperato della madre del giovane militare, Rosaria Intranuovo.

L’interrogazione prende spunto da due programmi televisivi nei quali  sono state riprese le testimonianze della madre e dell’avvocato difensore, Alessio Cugini, le quali mettono in dubbio la ricostruzione della dinamica relativa alla morte di Drago, la cui ipotesi fino a questo momento accreditata è quella di suicidio. Nell’atto parlamentare, si pone l’attenzione sul fatto che “dai primissimi istanti, successivi al ritrovamento del corpo, il personale interno alla caserma, ha sostenuto fortemente l’ipotesi del suicidio collegandola all’asserita crisi sentimentale che lo stesso stava attraversando con la fidanzata”, la quale ha sempre smentito. Le interroganti hanno puntato il dito sulla discrepanza delle “testimonianze dei commilitoni e di quello che hanno dichiarato a caldo con forti dubbi in merito allo svolgimento delle stesse secondo le prescrizioni di legge e verbalizzate alla medesima ora, nonché in termini perfettamente coincidenti”. Si mette in evidenza come “il mancato rispetto delle procedure riferibili al reperimento, secondo legge, delle prove all’interno dei luoghi in cui il caporale avrebbe trascorso le ultime ore della sua vita e, primo fra tutti, il suo armadietto personale”. I dubbi attengono anche all’autopsia, alla quale non è stato permesso la partecipazione di un consulente di parte. Nelle dodici pagine dell’esame autoptico è scritto che Tony “è morto per la caduta e che sulla schiena aveva graffi vecchi di tre o quattro giorni. Aveva anche una ferita alla testa”. Ma l’autopsia non ha detto tutto e per i familiari “non è stato mai condotto un esame tossicologico né prelievo di tessuti o epidermide. Non viene poi indicata l’ora della morte”.

“Le incongruenze sono troppe – ha spiegato la signora Intranuovo – Le testimonianze dei commilitoni, le manchevolezze dell’esercito. Questo caso non può essere chiuso. In quella caserma è successo qualcosa: uno scherzo finito in tragedia, nonnismo?”. Risposte che potrebbero arrivare il 13 aprile prossimo quando a Roma nell’aula del gip sarà affrontata la questione relativa alla riapertura del caso, che altrimenti rimarrebbe archiviato. Nel frattempo, è attesa la risposta scritta da parte del ministro Pinotti.

 

Caso Drago, lo strano ritardo della Procura di Roma a concludere le indagini

“Nonostante sia trascorso quasi un mese dall’udienza celebrata in seguito alla richiesta di incidente probatorio nel corso della quale, i periti nominati dal Gip del tribunale di Roma, hanno concluso ritenendo che l’unica ricostruzione compatibile con le lesioni riportate da Tony Drago e l’analisi della scena è quella che vede il militare siracusano vittima di omicidio, la Procura di Roma non si è ancora determinata a concludere le indagini”. Così scrive l’avv. Dario Riccioli, che difende la famiglia Drago in questa intricata vicenda giudiziaria.

Nonostante sia scaduto il termine massimo per la chiusura delle indagini preliminari senza che il Pm abbia avanzato eventuale richiesta di proroga del termine, seppure e conclusioni a cui sono giunti i periti nominati dal Gip, ad oggi, inspiegabilmente, l’ufficio del Procuratore non han notificato né l’avviso di conclusione indagini né l’eventuale richiesta di archiviazione. Tale inerzia è ancora più inspiegabile anche in considerazione del fatto che eventuali ulteriori indagini, compiute oltre il termine della chiusura, sarebbero inutilizzabili.

Nessuna iscrizione successiva è stata fatta dalla Procura nel registro notizie di reato a carico di ignoti per il delitto di omicidio volontario. Per tali ragioni, la prossima settimana il difensore della famiglia Drago presenterà al Pm formale denunzia per omicidio volontario a carico di ignoti e istanza di chiusura delle indagini a carico dei militari denunziati. Eventuale inerzia da parte dell’organo inquirente, costringerà la difesa ad avanzare istanza al Procuratore generale di avocazione delle indagini per mancato esercizio dell’azione penale.

 

Caso Tony Drago, il gup si riserva sull’archiviazione

Il gup del tribunale di Roma, Angela Gerardi, si è riservato sull’opposizione alla richiesta di archiviazione avanzata dai legali della famiglia di Tony Drago il 25enne militare siracusano trovato senza vita nella caserma dei Lancieri di Montebello nella notte tra il 5 e il 6 luglio 2014 e la cui causa, a giudizio degli inquirenti sarebbe avvenuta per deliberata volontà della vittima. L’udienza si è tenuta questa mattina e a parlare sono stati i legali della famiglia Drago. A piazzale Clodio presenti una trentina di amici di Tony, con un lungo striscione con il quale invocano verità sulla morte del militare siracusano.

 

Sarà riesumato il cadavere di Tony Drago

Sarà riesumato il cadavere di Tony Drago, il 25enne militare Siracusa, morto in circostanze ancora oggi misteriose il 6 luglio 2014 all’interno della caserma “Sabatini” di Roma. Si è tenuta l’udienza camerale, disposta nell’ambito dell’incidente probatorio ordinato dal Gip del tribunale capitolino, Angela Gerardi. E’ stata confermata la duplicità dell’incarico nel corso della perizia con cui occorrerà verificare la compatibilità della presunta precipitazione con lesioni che verranno riscontrate sul cadavere del militare siracusano, e la dinamica dell’eventuale omicidio che ha determinato a giudizio dei familiari, la morte di Tony.

La perizia sarà espletata il 15 ottobre al cimitero di Siracusa, per procedere alla riesumazione del cadavere di Drago e al successivo esame autoptico. Le operazioni procederanno  in altra data per verificare la compatibilità cinematica della presunta caduta con le lesioni riscontrate. Alla luce di ciò, l’udienza è stata rinviata al 18 gennaio.

 

 

 Morte di Tony Drago, i familiari si oppongono alla richiesta di archiviazione

Lettera aperta della madre di Tony Drago, il militare siracusano, scomparso in maniera ancora oggi misteriosa mentre prestava servizio alla caserma Sabatini di Roma il 6luglio 2014. Il caso era stato archiviato come suicidio, poi la riapertura della vicenda e adesso la nuova richiesta di archiviazione dopo che la Procura di Roma aveva indagato per omicidio. Archiviazione alla quale i familiari di Drago si sono opposti. Ecco il testo della missiva.

Mi rivolgo a tutti gli Italiani. Mi rivolgo a tutte le Mamme Italiane. Mi rivolgo ai genitori di Emanuele Scieri, Giulio Regeni, Stefano Cucchi e di coloro i cui figli sono stati uccisi dallo Stato. Perché uno Stato che garantisce l’impunità per i responsabili di quelle morti è esso stesso responsabile. Mio figlio Tony Drago è stato ucciso la mattina del 6 luglio 2014 all’interno della Caserma Sabatini di Roma. È stato ucciso mentre svolgeva le funzioni di servitore di quello Stato cui aveva giurato fedeltà e obbedienza. Lo stesso Stato che, anziché tutelare l’incolumità dei “Suoi figli”, permette che essi vengano uccisi proprio nei luoghi in cui dovrebbero sentirsi più al sicuro. Fin dall’inizio delle indagini “qualcuno” ha tentato di nascondere la verità, accusando Tony di essersi suicidato, lanciandosi da una finestra posta al secondo piano della palazzina-alloggi dello Squadrone d’onore dei Lancieri di Montebello. Ho sempre saputo che quella non era la verità: il mio Tony amava troppo la vita per sciuparla così. Nel processo scaturito dalla mia denunzia contro coloro che, pur non essendo autori della morte di Tony, avevano l’obbligo di tutelarne la vita e l’incolumità, due periti nominati per appurare i fatti hanno accertato che, la mattina del 6 luglio 2014 mio figlio, dopo avere subito un’aggressione alle spalle con conseguenti gravissime lacerazioni dei tessuti, è stato costretto a subire delle vessazioni. È stato costretto a compiere delle flessioni sulle dita, durante le quali ha subito un colpo alla schiena che ha frantumato vertebre e costole e determinato uno stato di asfissia. Infine, è stato colpito mortalmente alla testa.
Nonostante tutto quanto subito dal mio Tony, nonostante sia stato accertato che mio figlio sia stato barbaramente ucciso, l’Ufficio della Procura di Roma ha chiesto l’archiviazione del procedimento perché: “i dubbi sono purtroppo maggiori rispetto alle certezze: sulla dinamica dei fatti, sulla sussistenza di episodi di nonnismo, su eventuali reticenze dei commilitoni di Drago”.
L’Ufficio della Procura di Roma ha ritenuto che quelle profonde lacerazioni alla schiena di mio figlio potrebbero essere state causate da una forma di psoriasi, “una malattia della pelle che determina forti pruriti”. La visione delle foto riproducenti quelle lesioni, anche a chi non è medico, rende evidente come l’ipotesi formulata dall’Ufficio della Procura sia superficiale e fantasiosa. L’intera richiesta di archiviazione è irridente del diritto alla vita di mio figlio.
È irridente del diritto di ogni cittadino italiano, di ogni genitore, di ogni madre a conoscere la verità. Non esiste “ragione di Stato” che possa impedire l’accertamento della verità sulla morte di mio figlio Tony né il processo di coloro che, anche colposamente, sono responsabili della sua morte.
Quella mattina del 6 luglio 2014, sul piazzale della caserma Sabatini di Roma, non è stato ucciso solo mio figlio Tony Drago. Tony non è morto solo. Con lui sono stati uccisi i suoi sogni, il suo futuro. È stata infranta la ragione di vita dei suoi genitori e segnati a vita tutti i suoi affetti.
Da quel giorno non viviamo più: sopravviviamo. Con lui è stata uccisa la speranza di vivere in un mondo migliore, più sicuro quantomeno tra le “mura domestiche”. La mancata celebrazione del processo contro coloro che non hanno colposamente impedito la morte di Tony sancirebbe la vittoria della menzogna sulla verità. Non posso permettere che ciò accada. Utilizzerò ogni strumento legale affinché venga affermata la supremazia del Diritto. Impiegherò tutte le forze che mi rimangono in corpo affinché sia fatta Giustizia.

Rosaria Intranuovo

 

 

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