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Mafia & Società. “Lectio magistralis” a Siracusa, Nicastro: la mafia ha mutato fisionomia – Palazzolo: Messina Denaro nel territorio siracusano

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A Siracusa “Lectio magistralis”, in cattedra due docenti d’eccezione: il sostituto procuratore generale presso la Corte d’Appello di Catania, Antonio Nicastro e Salvo Palazzolo, giornalista di Repubblica. Moderatore dell’incontro è stato il giornalista siracusano Francesco Di Parenti.

L’appuntamento stamane presso il liceo scientifico “Luigi Einaudi”. Il titolo: “Le vittime sconosciute della mafia”.

Antonio Nicastro, alla presenza di studenti attenti e curiosi di capire e sapere, ha chiarito un concetto ancora non del tutto sdoganato: “la mafia ha radicalmente mutato la sua fisionomia, rinunciando totalmente alla violenza, a quella stragista, i corleonesi, ma è più subdola e presente negli affari e nelle dinamiche economiche”.

Salvo Palazzolo, cronista del quotidiano “La Repubblica” specializzato nelle vicende che riguardano la mafia. Palazzolo, ha regolato il suo intervento sul dopo Riina; “la mafia c’è ancora, ma è cambiata. I mafiosi da Palermo a Trapani, da Catania a Siracusa si riuniscono. Ma cosa stanno facendo? Tentano di farsi una verginità; ma la mafia di Totò Riina è finita, non c’è più, come volatilizzata”.

Palazzolo, alla domanda di Francesco Nania su Matteo Messina Denaro, ha risposto: “quella di Messina Denaro è la mafia 2.0; è quello delle stragi, ma non spara più. Dà soldi agli imprenditori, con complicità anche a Siracusa e Ragusa”.     

Questo significa che la mafia ha ripristinato una dimensione storica, quella della mediazione, rafforzando alcuni settori d’attività “classici”, come le estorsioni e gli appalti di opere pubbliche, l’edilizia, l’agricoltura e limitando l’uso della violenza alla regolazione solo di “questioni interne”. Riavviando i rapporti con il mondo politico, con i soggetti che si presentano come i nuovi detentori del potere, della nuova economia globalizzata.


Una mafia che non uccide più magistrati, giornalisti, poliziotti, uomini politici e che ha ridotto notevolmente anche la violenza interna a cosa nostra, anche con la continua azione della magistratura e delle forze dell’ordine ininterrotta. L’attenzione verso il fenomeno mafioso dell’opinione pubblica e delle istituzioni si è affievolita.

L’operazione della magistratura che tempo fa ha scoperchiato gli affari sporchi e segreti, con una ragnatela formata da massoneria e politica con 40 indagati a Castelvetrano in cui sono coinvolte un ammasso di logge massoniche e uomini della politica, colletti bianchi e illustri sconosciuti, riapre la domanda che da qualche anno non trova più risposta: ma la domanda rimane: che fine ha fatto il super latitante Matteo Messina Denaro?

Alcuni anni fa anche il territorio lungo la costa siracusana e ragusana, tra Pachino e Pozzallo, fu interessato alle indagini sulla ricerca del boss Matteo Messina Denaro; uomini vicini al super latitante furono intercettati dai carabinieri, ma dopo poco giorni le poche tracce sparirono nel nulla. Da anni ormai il boss non lascia tracce o segni di vita. Gli investigatori hanno ipotizzato anche che potrebbe essere morto. Gli ultimi segnali della sua presenza avvengono nel 1995.

Il procuratore Cafiero de Raho richiama l’attenzione sulla mafia e la politica: “L’economia e la politica si sono incontrate con le mafie in quei salotti ed è lì che hanno dato corpo, che hanno effettivamente costituito quel comitato d’affari che ha poi determinato infiltrazioni negli appalti, acquisizioni di vari settori e l’esclusione di chi si muove nel rispetto delle regole e oggi – ha concluso – ci troviamo di fronte a una situazione in cui dobbiamo stare molto attenti”.

Il questore di Palermo, Renato Cortese, è esplicito; definisce il boss della mafia siciliana ormai senza potere. «Non ha più alcun ruolo, non partecipa alle riunioni, non ha strategie criminali, gli affiliati non rendono conto a lui». Il questore Cortese, che ha spedito in carcere Bernardo Provenzano nel 2006 dopo 43 anni di latitanza, è convinto che Matteo Messina Denaro, ricercato dal ’93 e dal ’94 anche in «campo internazionale» per mafia, stragi e omicidi, in un’intervista al Sole24 ore online ha dichiarato: «In questo momento storico dalle indagini su Palermo, ma anche su tutte le altre province siciliane, non credo emerga un ruolo attivo del latitante nel panorama criminale e mafioso siciliano».

Concetto Alota

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