Maxi inchiesta covid: indagati decine fra medici e infermieri
Sono decine i medici (primari, ospedalieri e curanti) e gli operatori sanitari (infermieri e tecnici di supporto) iscritti nel registro degli indagati della Procura aretusea nell’ambito della maxi inchiesta sui pazienti morti a causa del covid. I pubblici ministeri Andrea Palmieri, Nicola Bono e Carlo Enea Parodi, che compongono il pool di magistrati, istituito e coordinato dal procuratore capo Sabrina Gambino, hanno ipotizzato, a vario titolo, i reati di omicidio colposo e lesioni colpose a carico degli indagati. Per i magistrati si tratta di un carico di lavoro non indifferente, distribuito in modo tale da adottare un unico protocollo d’indagine.
L’attività investigativa, affidata al personale di polizia giudiziaria della Procura, sarà valutata dai magistrati che hanno anche acquisito, al voluminoso fascicolo dell’inchiesta, l’esito di una perizia medico legale collegiale, disposta già diversi mesi addietro e depositata nel mese di marzo dai consulenti fin qui interpellati. Tutti i casi per i quali la magistratura ha avviato le indagini si sono verificati lo scorso anno, quando ancora la pandemia si era da pochissimo tempo manifestata e negli ospedali siracusani non erano state applicate le misure di sicurezza con percorsi differenziati e nemmeno realizzati i reparti covid verso cui destinare i pazienti affetti dal virus in modo da evitare il rischio di contagi tra medici, infermieri e pazienti e, quindi, di pericolosi focolai all’interno delle strutture ospedaliere.
L’inchiesta della Procura aretusea sulle morti da covid è scaturita a seguito di numerosi esposti dettagliati e precisi depositati negli uffici al quinto livello del palazzo di giustizia dai legali difensori dei familiari delle persone decedute dopo essere state ricoverate negli ospedali pubblici.
Ogni caso avrebbe una storia a sé, su una base comune in cui i legali difensori hanno rilevato presunti errori di trascrizione nelle cartelle cliniche dei pazienti oppure di persone che abbiano contratto l’infezione mentre si trovavano ricoverate in ospedale. Tra i casi, oggetto di approfondimento giudiziario, quello di una donna siracusana, morta nel mese di marzo dello scorso anno, pochi giorni dopo il suo ricovero in ospedale, a seguito del contagio da covid: nella cartella personale sarebbe stata rilevata la presenza di diabete di cui, però, i familiari sostengono che la loro congiunta non avesse mai sofferto. A un altro paziente, anch’egli deceduto a seguito dell’effetto devastante del covid, sarebbe stata diagnostica una neoplasia alla vescica. La problematica era stata rimossa chirurgicamente dieci anni prima e, dopo quell’intervento, il problema non si sarebbe più ripresentato.
Nella cartella clinica di un’altra donna, originaria di Sortino, come denunciato dai parenti, sarebbe stata trascritta una severa obesità di cui la donna, però, non avrebbe mai sofferto. Ci sono anche i casi di persone che sono state ricoverate in ospedale per curare le patologie da cui erano afflitti ma che, durante la degenza nei vari reparti, abbiano contratto forme gravi del virus di cui sono rimasti vittime, come un ottuagenario e un 83enne, che furono ricoverati tra i mesi di marzo e aprile dello scorso anno.
Molti casi al vaglio della magistratura siracusana si sono verificati all’ospedale Umberto primo; non soltanto decessi a causa del covid, ma tra le denunce vi sono diverse situazioni in cui le persone che, per vari motivi, si siano recati in ospedale, abbiano contratto il virus e hanno dovuto sottoporsi a quarantene, cure estenuanti se non costretti al ricovero in ospedale a causa della grave sintomatologia emersa nei giorni successivi al contagio. Le indagini, insomma, vanno avanti e impegneranno gli inquirenti nei prossimi mesi per sviluppare un quadro indiziario quanto più completo per passare alla chiusura delle indagini e alla successiva richiesta di giudizio per gli indagati le cui posizioni saranno più delicate ed esposte.