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Messina,  Bonus edilizio: subappalti legati ad un clan mafioso

I carabinieri di Messina hanno arrestato 2 pregiudicati di 26 e 66 anni, per associazione di tipo mafioso, accusati di appartenere alla famiglia dei barcellonesi, e, solo quest’ultimo, per trasferimento fraudolento dei beni aggravato dalle finalità mafiose.

Contestualmente i carabinieri hanno notificato un’informazione di garanzia nei confronti di sette persone, tra cui imprenditori edili, indagati per concorso esterno in associazione di tipo mafioso.

Le indagini riguardano l’infiltrazione di appartenenti alla famiglia mafiosa barcellonese nel settore dei lavori di ristrutturazione edilizia e dell’efficientamento energetico, con il bonus del 110%, direttamente finanziati con risorse pubbliche.

E’  emerso un vero e proprio accordo proposto da un imprenditore edile, indagato per concorso esterno in associazione di tipo mafioso, a un importante esponente della consorteria barcellonese (attualmente detenuto in carcere quale capo dell’organizzazione mafiosa nell’ambito della precedente indagine), volto a favorire, con il sostegno del sodalizio, la sua società, pulita ed economicamente attrezzata per rilevare il credito fiscale connesso al Superbonus edilizio. 

L’ imprenditore, in cambio della protezione, e reperimento degli immobili, ubicati nella zona di Barcellona Pozzo di Gotto e dei comuni limitrofi, sui quali eseguire lavori di efficientamento energetico, corrispondeva somme di denaro ai componenti dell’organizzazione mafiosa che, per il servizio reso ottenevano altresì l’affidamento di subappalti in favore di ditte ad essa riconducibili o, comunque, contigue.

Nel corso dell’attività investigativa, è emerso che sarebbe stata costituita ad hoc un’impresa edile, fittiziamente intestata a un prestanome, ma eludendo le disposizioni sulle misure di prevenzione antimafia, di fatto riconducibile all’esponente mafioso. L’impresa fittiziamente intestata sarebbe stata coinvolta direttamente nello svolgimento dei lavori da parte della ditta principale, con la conseguente percezione dei relativi introiti, che costituivano un’ulteriore canale di corresponsione dei profitti illeciti in favore dell’esponente mafioso e degli appartenenti alla cosca mafiosa.

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