Morte del piccolo Evan, il perito in aula: “Blanco capace d’intendere”
Salvatore Blanco, il 31enne, imputato con la compagna Letizia Spatola, della morte del piccolo Evan è in grado di intendere e di volere. A queste conclusioni è pervenuto il professor Antonino Petralia, incaricato di eseguire la perizia psichiatrica. Il consulente è stato esaminato davanti alla corte d’assise (presidente Tiziana Carrubba, a latere Carla Frau), nell’ambito del processo scaturito dalla morte del piccolo, avvenuta il 17 agosto del 2020. Rispondendo alle domande del pm Carlo Enea Parodi e poi sottoponendosi al controesame dei legali della difesa, ha sostanzialmente riferito che l’imputato abbia le capacità mentali di partecipare al processo. Per quanto riguarda la pericolosità sociale di Blanco, il perito ha detto di non avere elementi per stabilirlo.
La corte d’assise ha conferito incarico a due periti che dovranno eseguire la trascrizione delle intercettazioni ambientali, eseguite dai carabinieri nell’abitazione dei due conviventi nel periodo antecedente alla morte di Evan. Il processo è stato aggiornato all’udienza della prossima settimana per esaminare i medici e gli operatori sanitari che, tra Rosolini e l’ospedale Maggiore di Modica, hanno avuto modo di visitare il bimbo e di soccorrerlo quella mattina del 17 agosto in cui soccorrere il bimbo prima che il suo cuore cessasse di battere.
Al vaglio della corte d’assise c’è il caso del piccolo di appena 21 mesi, morto subito dopo il ricovero all’ospedale Maggiore di Modica. Gli inquirenti sostengono che l’imputato non sopportasse i continui pianti del bimbo e per questo, lo avesse più volte malmenato. Sulle prime, sia Blanco sia la compagna hanno dato una versione dell’accaduto che non ha convinto il medico e nemmeno gli inquirenti. Nel tentativo di nascondere la violenza i due indagati hanno riferito che il piccolo era stato male, che aveva ingoiato un giocattolo, che era caduto, che aveva battuto il capo contro una porta di casa, chiusa a causa del vento. La madre ha prima cercato di fare da scudo al compagno, ma poi ha ceduto raccontando delle violenze che l’uomo avrebbe commesso nel tempo ai danni del piccolo e anche nei suoi confronti. Violenze tra le mura domestiche che la donna ha tollerato e mai denunciato. Ed è per tale motivo che la Procura ritiene che la madre possa essere stata complice dell’uccisione del figlioletto.