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Morte di Lele Scieri, la Procura di Roma: fu omicidio

La procura militare di Roma ha notificato a tre ex caporali della «Folgore» l’avviso di conclusione indagini con l’ipotesi di reato di «violenza ad inferiore mediante omicidio pluriaggravato, in concorso». L’inchiesta è quella relativa alla morte di Lele, Scieri, 26 anni, il siracusano, laureato in Giurisprudenza e parà in servizio di leva nella caserma «Gamerra» di Pisa. A 21 anni di distanza si riapre lo scenario giudiziario che non prospetta più il suicidio, come per anni in tanti dentro e fuori le Forze armate avevano sostenuto, ma un grave atto di nonnismo finito in tragedia. «Sono anni che aspettiamo questi momenti. E’ una notizia che ci rincuora e ci dà fiducia nella giustizia. Si può partire da questo punto, ma siamo solo all’inizio. Ci auguriamo adesso che chi sta procedendo lo faccia con la stessa determinazione fino alla fine», ha detto dalla sua casa di Siracusa Isabella Guarino, la mamma di Lele, che con il marito ormai defunto e l’altro figlio ha atteso per tutti questi lunghi anni che la verità venisse fuori.

Finiti sott’inchiesta sono tre ex caporali che tra le 22,30 e le 23,45 del 13 agosto 1999 la recluta incontrò in caserma. Sono Andrea Antico, 41 anni, originario di Casarano (Lecce) ed attualmente in servizio nel 7° Reggimento Aves (Aviazione dell’Esercito) di Rimini, unico dei tre a vestire ancora la divisa; Alessandro Panella, 41 anni, nato a Roma e residente a San Diego, in California, ma domiciliato a Cerveteri, l’unico dei tre finito ai domiciliari per il pericolo di fuga; Luigi Zabara, 43 anni, nato in Belgio, a Etterbeec, e residente a Castro dei Volsci (Frosinone).

Parallela all’indagine della procura militare di Roma ce n’è una della procura di Pisa, l’ennesima dopo diverse archiviazioni, ma aperta nel 2018 in seguito alle conclusioni della Commissione parlamentare di inchiesta che, nonostante i silenzi e le bugie di tanti, era riuscita a proiettare sul caso una luce. Anche Pisa indaga sui tre ex commilitoni di Scieri come pure, ma per false dichiarazioni al pm, sull’ex comandante della Folgore dell’epoca, il generale Enrico Celentano. La procura di Pisa, e alla fine dell’inchiesta potrebbe emergere un conflitto di giurisdizione con Roma, è adesso in attesa di ricevere da parte dell’anatomopatologa Cristina Cattaneo la perizia sulle ferite sul corpo della vittima e sulla loro compatibilità con una caduta indotta da atti di nonnismo. Per la procura militare di Roma quella notte LeScieri fu sorpreso dai tre caporali mentre si apprestava a fare una chiamata con il suo telefonino, cosa che all’epoca era vietata. «Abusando della loro autorità», lo costrinsero a «effettuare subito numerose flessioni sulle braccia. Mentre le eseguiva – continuano i pm della procura militare – lo colpivano con pugni sulla schiena e gli comprimevano le dita delle mani con gli anfibi, per poi costringerlo ad arrampicarsi sulla scala di sicurezza della vicina torre di prosciugamento dei paracadute, dalla parte esterna, con le scarpe slacciate e con la sola forza delle braccia». Durante la risalita, Scieri «veniva seguito dal caporale Panella che, appena raggiunto, per fargli perdere la presa, lo percuoteva dall’interno della scala e, mentre il commilitone cercava di poggiare il piede su uno degli anelli di salita, gli sferrava violentemente un colpo al dorso del piede sinistro; così facendo, a causa dell’insostenibile stress emotivo e fisico subìto, provocato dai tre superiori, Scieri perdeva la presa e precipitava al suolo da un’altezza non inferiore a 5 metri, in tal modo riportando lesioni gravissime». A quel punto i tre caporali Panella, Antico e Zabara, «constatato che il commilitone, sebbene gravemente ferito, era ancora in vita, lo abbandonavano sul posto agonizzante» e «ne determinavano la morte» che, dice il pm, «il tempestivo intervento del personale di Sanità militare, da loro precluso, avrebbe invece potuto evitare». Il corpo di Lele Scieri verrà rinvenuto solo tre giorni dopo.

Sul profilo Facebook «Verità e giustizia per Lele» gli amici del giovane parà siracusano esprimono la loro soddisfazione per la svolta alle indagini, consapevoli che Lele non avesse alcun motivo per suicidarsi e che, invece, appena laureato, non vedeva l’ora di completare il servizio di leva per cominciare la sua carriera di avvocato.

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