NON C’È PIÙ COLORE, NON C’È PIÙ IL NOSTRO SOLE” – IL DOLORE DELLA MADRE DI SARA E L’INTERROGATORIO DEL SUO ASSASSINO
“Sara non parla più, non ride più. È fredda… Non c’è più colore, non c’è più il nostro sole, non c’è più la brezza del mare che amavi tanto. Non c’è più aria. Resta solo il buio, solo l’abisso.

Sono parole strazianti quelle che la madre di Sara Campanella, Cetty Zaccaria, ha scritto sui social per ricordare la figlia. Una giovane donna piena di vita, di sogni, con il desiderio di laurearsi e lavorare nel campo della medicina. Un desiderio spezzato per sempre da un uomo che la inseguiva da anni, che non accettava il suo rifiuto e che, con un coltello, ha messo fine alla sua vita in pochi istanti.
Oggi, nel carcere di Gazzi, è iniziato l’interrogatorio di garanzia di Stefano Argentino, il 27enne originario di Noto accusato di aver ucciso Sara con una coltellata alla gola nei pressi dello stadio “Giovanni Celeste” a Messina. Un colpo preciso, letale, che ha reciso la giugulare della giovane davanti agli occhi attoniti di chi si trovava lì in quel momento. Per i magistrati, il fermato ha mostrato “una pericolosità non comune, efferatezza e crudeltà”.
Ma adesso Argentino è solo. L’avvocato Raffaele Leone, che inizialmente avrebbe dovuto difenderlo, ha rifiutato il mandato. “Non voglio difendere Argentino”, ha dichiarato il legale, dissociandosi dall’incarico. Una decisione che pesa come un macigno, che sottolinea il disprezzo anche da parte di chi, per mestiere, dovrebbe garantirgli un supporto giuridico. Adesso, il 27enne dovrà trovare un altro avvocato disposto ad assisterlo.
Le indagini hanno ricostruito un quadro inquietante: Argentino molestava Sara da due anni. Non l’aveva mai minacciata apertamente, non aveva mai oltrepassato certi limiti davanti agli altri, ma il suo atteggiamento ossessivo era evidente. Insistente, fastidioso, si offendeva se veniva ignorato. “Il malato mi segue”, aveva scritto Sara in un messaggio alle amiche poco prima di essere uccisa.
Eppure, non c’era stata una denuncia. Forse perché la giovane non pensava che potesse arrivare a tanto. Forse perché, come tante altre ragazze, sperava che ignorarlo sarebbe bastato a farlo desistere. Ma così non è stato.
Quel giorno, Argentino l’ha seguita mentre tornava dal tirocinio al Policlinico, poi ha riprovato ad avvicinarsi, forse l’ennesimo tentativo di convincerla. Ne è nata una discussione. Alcuni testimoni l’hanno sentita gridare disperata: “Basta, lasciami stare!”. Poi il fendente, il sangue, la fuga.
“Voleva chiedere la tesi di laurea in oncologia, una ricerca sperimentale. Poi specializzarsi e dedicarsi all’anatomia patologica, fare autopsie. E invece, ora, un’autopsia la faranno a te, amore mio…”, scrive ancora la madre, in un messaggio che è un pugno allo stomaco.
E mentre la famiglia chiede giustizia, la comunità si stringe attorno al dolore di una madre che, ora, ha un solo desiderio: che nessun’altra ragazza subisca la stessa sorte di sua figlia. “Bisogna SEMPRE parlare, bisogna denunciare! Aiutatemi a dare voce a Sara.”