Noto, in manette due persone per scontare residui di condanne
I Carabinieri della locale Stazione, impiegati nell’ambito del quotidiano servizio di controllo del territorio, hanno rintracciato e tratto in arresto Rosario Bona, di 47 anni, e Corrado Di Giovanni , di 46
I due uomini, entrambi di origini netine e già noti alle forze dell’ordine per i loro precedenti di polizia, sono destinatari di due differenti ordini di esecuzione per la carcerazione emessi dell’Autorità Giudiziaria per fatti analoghi tra di loro.
In particolare, Rosario Bona deve espiare la pena detentiva residua di 8 mesi e 27 giorni di reclusione per due “truffe dello specchietto” commesse tra la fine del 2006 e i primi mesi del 2007 in provincia di Torino.
Corrado Di Giovanni, invece, deve espiare la pena detentiva di 3 anni e 4 mesi di reclusione per il reato di estorsione commesso in provincia di Teramo nell’estate 2011: anche in questo caso l’uomo aveva posto in essere una “truffa dello specchietto” ai danni di un automobilista ma, non avendo ottenuto quanto richiesto, aveva minacciato di morte il malcapitato al fine di farmi consegnare una somma di denaro.
La tecnica adoperata dai due arrestati è ormai nota: si tratta di un trucco relativamente semplice che consiste nel far credere all’automobilista in transito che la sua macchina abbia involontariamente urtato lo specchietto retrovisore dell’auto di chi sta mettendo in atto la truffa. La vittima sentirà il rumore di un colpo secco sulla propria carrozzeria, di solito sulla fiancata, (provocato in realtà da una pallina, un bastone, un sasso, ecc…) avendo l’illusione di un urto. Subito dopo entrano in scena il clacson ed i lampeggianti di un auto che invita il malcapitato a fermarsi: da qui la vera e propria recita del truffatore che, dopo aver mostrato il proprio specchietto retrovisore rotto, facendo leva su esorbitanti aumenti del premio assicurativo in caso di mancato accordo, chiede solitamente dai 50 ai 200 euro per risolvere la faccenda senza mettere di mezzo assicurazione o forze dell’ordine, magari anche con l’aiuto di un complice pronto a testimoniare che è andata proprio così. A questo punto la vittima solitamente paga, convinto di aver effettivamente causato il danno.